Barbara Sgarzi (Google News Lab): “Nelle redazioni manca la sperimentazione con gli strumenti digitali”

di GIULIA CIANCAGLINI

URBINO – Nelle redazioni italiane “manca la mentalità della sperimentazione” e non viene investito tempo per provare e sbagliare. È l’opinione di Barbara Sgarzi, “teaching tellow” per il Google News Lab, il laboratorio di BigG per lo sviluppo di strumenti digitali legati al giornalismo. Strumenti che però, al di là della routine, non vengono ancora assimilati nelle newsroom, anche di quelle online.

Giornalista professionista, Barbara Sgarzi naviga in rete da quando la rete è nata, ed è affascinata dal mondo digitale. Lavora nella progettazione, nel lancio e nella gestione di progetti editoriali dal 1998, quando insieme a pochi altri ha messo online Yahoo! Italia. Da quasi dieci anni si occupa di formazione sul digitale per le redazioni: ha lavorato e lavora con Condé Nast e Rcs Mediagroup, per Corriere della Sera e Gazzetta, creando e gestendo in aula workshop personalizzati sul giornalismo online, sul blogging, sulla scrittura digitale, sui social network.

Da marzo 2018, per un anno, ha lavorato con Google tenendo corsi gratuiti in tutta Italia sugli strumenti più utili per il giornalista del presente. Secondo lei è indispensabile conoscere mezzi come la ricerca personalizzata, Google Trends “che – ha spiegato – ti da il polso delle tendenze in rete e permette di sintonizzarti con quello che la gente cerca”, e sapere usare gli strumenti geolocalizzati (come Google Maps) e il patrimonio di immagini e di video partendo da Google Earth.

Alla Scuola di giornalismo di Urbino ha incontrato gli allievi per una lezione su alcuni “trucchi” di Google. “Nelle scuole di giornalismo trovo sempre un interesse più alto e una preparazione di base sul digitale più comune, perché sono strumenti che i ragazzi di una certa età conoscono – ha detto al Ducato – nelle redazioni invece c’è ancora molta resistenza al digitale”.

Secondo lei in Italia, nelle redazioni, manca l’idea di sperimentazione. “Non viene riservato quel 20 per cento di tempo per poter provare strumenti nuovi, e magari anche sbagliare” . Spesso ha visto i suoi studenti più “anziani” rientrare, dopo il suo corso, nella routine della redazione, senza mettersi in gioco con gli strumenti di Google appena scoperti.

Anche il mondo dei social network è stato tema di dibattito nell’aula dell’Ifg (l’Istituto per la formazione al giornalismo). “Un giornalista ha più paletti rispetto a chi fa un mestiere non ‘di firma’” ha detto, spiegando cosa si intende per web reputation. “Il New York Times ha cambiato la social media policy portando i giornalisti ad avere quasi paura di twittare o postare e Bbc diceva ai suoi redattori semplicemente ‘sui social non fate cose stupide’”. Lei è d’accordo: crede che sia importante mantenere una linea di condotta sui social chiara e coerente e non pubblicare “a caso, ma con un minimo di strategia alle spalle”.

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