Urbino ‘butta’ 13 milioni l’anno nel gioco d’azzardo ma solo 15 persone si curano

Slot machine del Caffè degli Archi, in piazza della Repubblica
di GIULIA CIANCAGLINI

URBINO –  Gli abitanti di Urbino amano giocare e spendono, in un anno, circa 895 euro pro capite per il gioco d’azzardo, per un totale di 13 milioni l’anno. Un amore che a volte diventa malattia. Esiste un centro di assistenza per curare questa patologia: il SerD, servizi per le dipendenze patologiche, ma lo stesso psicologo che se ne occupa a Urbino, Roberto Sailis, ha ammesso: “Forse non siamo ancora abbastanza conosciuti, le persone non sanno come arrivare da noi.  Solo 15 all’anno arrivano alla fine del percorso di recupero”.

Sailis ha fotografato alcune tendenze: le donne giocano più gratta e vinci e gli anziani puntano sulle lotterie tradizionali. “Tutti questi giochi hanno in comune l’immediatezza”. Le persone in cura al SerD sono seguite nel loro percorso di recupero da tre specialisti: psicologo, assistente sociale e psichiatra.

Nel 2017, come detto, l’intera città ha ‘buttato’ 13 milioni di euro. “Confesso che quando ho letto questa cifra non ci credevo e ho dovuto rileggerla, è quasi una somma da bilancio comunale” ha detto Lucia Ciampi, presidente della Federazione Nazionale Pensionati (Fnp) di Urbino.

Lucia Ciampi, presidente Fnp di Urbino

Ciampi e Sailis erano tra i relatori di una tavola rotonda sulla ludopatia nella sala degli Incisori dell’ex collegio di Urbino, promossa dai pensionati della Cisl. Questo perché in Italia su 7 milioni di anziani tra i 65 e i 75 anni, 1 milione e 700 mila sono giocatori, 500 mila patologici.

I giochi che attraggono di più, nella città ducale, sono le slot-machine: 6,64 milioni di euro sono stati spesi, gettone dopo gettone, in macchine automatiche che permettono la vincita di denaro, nel caso in cui tre o più dischi uguali si allineino, per pura fortuna, sullo schermo.

Eppure, nonostante questi numeri, il gioco rimane un segreto, la gente si vergogna di spendere soldi nei gratta e vinci ed è ancora molto raro che le persone denuncino direttamente la propria malattia.

La lotta alla ludopatia ha trovato uno spazio anche nel contratto di governo:

“Con riguardo alla problematica del gioco d’azzardo sono necessarie una serie di misure per contrastare il fenomeno della dipendenza che crea forti danni sia socio sanitari che all’economia, reale e produttiva”.

Ma lo Stato – come ha denunciato anche Ciampi – è un Giano bifronte che da un lato riconosce la ludopatia come un rischio sociale e dall’altro lascia troppe concessioni alle case di gioco d’azzardo.

In Lombardia, per una legge regionale, sopra ogni macchinetta è appeso un decalogo. Dieci punti per giocare in modo sano, perché – come ha ricordato lo psicoterapeuta Andrea Bramucci –  “il gioco in sé è una cosa bellissima, che ci fa crescere perché giocando scopriamo e costruiamo il mondo”. Tra i punti si legge: “Scegli in partenza una piccola cifra che puoi permetterti di giocare e di perdere senza intaccare le tue finanze” o “Non giocare se hai assunto alcool o droghe. La tua lucidità e la tua percezione del tempo sono compromessi” .

Il dottor Loreto Roberto Reale, responsabile del SerD di Urbino

In tutte le sale da gioco lombarde è esposto anche un cartello con scritto quale è il servizio a cui i giocatori patologici possono rivolgersi per chiedere aiuto. “La dipendenza fa questo, rende ciechi rispetto alla possibilità di guarire” ha detto il dottor Loreto Roberto Reale, responsabile del SerD di Urbino.

Il dottore ci tiene a precisare una novità sul nome: il servizio che guida non si chiama più SerT (Servizi per le Tossicodipendenze) ma SerD. Una lettera che segna il cambiamento da tossico-dipendenze e dipendenze, perché “prima c’erano solo gli eroinomani, ma dagli anni 90 è tutto nuovo”. Si è scoperto che la dipendenza non si trova nell’oggetto in sé ma nell’atteggiamento assunto da chi ne abusa: “La dipendenza la crea l’uomo, non il gioco in sé. A ogni gioco si può giocare anche in modo sano”.

“Abbiamo proposto ai comuni della provincia di lottare e di chiudere le macchinette da 12 alle 14 e dalle 18 alle 20 – ha riferito il rappresentante della Cisl di Fano Giavanni Giovannelli – ma nessuno ha aderito”.

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