La firma di De Carlo su Urbino. Piersanti: “Architetto umanista, armonia tra polis e cosmos”

Dipartimento di Economia, interno della torre
di GIACOMO PULETTI

URBINO – “Urbino è l’oggetto del mio amore”. Così Giancarlo De Carlo, architetto autore del primo Piano regolatore della città ducale e del campus universitario, descriveva i suoi sentimenti per la città di Raffaello.

In occasione del centenario della sua nascita si è svolto nella sala Incisori del Collegio Raffaello – progettato dallo stesso architetto – il convegno dal titolo “Giancarlo De Carlo, Urbino e il suo paesaggio”, organizzato dalle liste “Prospettiva Urbino” e “Urbino nel bene comune” che sostengono il candidato sindaco Giorgio Londei, presente all’evento.

Emanuele Piccardo, Tiziana Fuligna e Umberto Piersanti

Emanuele Piccardo, critico di architettura e regista del cortometraggio “L’architetto di Urbino”, racconta De Carlo con il piglio di chi conosce a fondo le sue opere; “Possiamo vedere ancora oggi l’eredità lasciata da De Carlo – spiega il regista – contraddistinta dalla conservazione del centro storico e dal ruolo predominante del paesaggio”.

Nel cortometraggio Piccardo mette in evidenzia il rapporto speciale che legava il celebre architetto a Urbino, descritta come piena di “misteri, simboli, fascino”. Il suo paesaggio, i palazzi storici e l’infinito groviglio di salite e discese sono solo alcuni degli aspetti più significativi ai quali De Carlo si ispirava nei suoi progetti.

“È stato il primo architetto a utilizzare i palazzi quattrocenteschi per funzioni universitarie – spiega Piccardo – e, insieme a Carlo Bo, ha aiutato Urbino a rinascere dalle sue macerie”.

La biblioteca di economia a palazzo Battiferri

Il “Colle” fu il primo collegio moderno costruito in Italia, ispirato ai continui sali e scendi tipici della città ducale. L’architetto stravolse le gerarchie all’interno dell’università, come alla facoltà di Economia a palazzo Battiferri, dove destinò a biblioteca l’ultimo piano del palazzo, in precedenza sede del refettorio. “Relegò” a piano terra, invece, gli studi dei professori, in spazi più piccoli e bui.

“La visione di De Carlo era lungimirante – dice Tiziana Fuligna, docente di storia dell’arte contemporanea all’università di Urbino – perché l’architetto riuscì a capire che la tutela del paesaggio passa per la conservazione”.

È con il piano regolatore del 1994, a distanza di trent’anni dal primo progetto per la città, che questo aspetto entra vigorosamente nel pensiero di De Carlo.

“Il concetto di estetica del paesaggio nasce proprio a Urbino – continua la professoressa – e nei progetti di De Carlo viene vissuto come corrispondenza, tenendo conto di tutte le diverse fasi storiche attraversate da Urbino”.

Nel dopoguerra Urbino era ancora legata a un’idea antica di architettura, vista come qualcosa che non doveva in alcun modo irrompere nella sacralità dell’ambiente circostante.

“Ero un ragazzo quando De Carlo venne a Urbino – racconta Umberto Piersanti, poeta e scrittore urbinate – e avevo il terrore che l’ambiente del colle dei cappuccini potesse essere stravolto dalle nuove costruzioni.”

La rampa elicoidale usata dal duca Federico

Nel corso della storia soltanto per un momento, grazie alle opere di Raffaello, l’umanità ha creduto che ci potesse essere una “perfetta armonia tra polis e cosmos” secondo Piersanti.

“De Carlo è stato un vero e proprio ‘architetto umanista’ – conclude il poeta –  l’unico a progettare un grande spazio che non disturbava il rapporto città-paesaggio quando questo concetto era ancora difficile da digerire”.

L’architetto genovese ristrutturò anche la rampa elicoidale che dal piano del Mercatale consentiva al duca Federico da Montefeltro di salire a cavallo fino alle sue stanze, descritta da Francesco di Giorgio Martini nei suoi trattati. Un’elica in muratura di mattoni con delle aperture sulla parete esterne che mettono in evidenza l’intersecazione continua tra l’ambiente naturale e quello edificato, dando la sensazione di continuità tra città e campagna.

“L’architettura mi dava la possibilità di esprimere le mie qualità creative, sembrava essenziale per la mia umanità”, diceva De Carlo. C’è la sua firma in tutta la città, e molti angoli nel centro storico. Per riconoscerla basta alzare lo sguardo ai lampioni che illuminano le vie, infilarsi nelle facoltà, al Rettorato e al Magistero in via Saffi e alzare lo sguardo alle vetrate, o passeggiando sul camminamento lungo le mura della città.

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