Elezioni, Giorgio Londei: a volte ritornano, 40 anni dopo a caccia del poker

di GIULIA CIANCAGLINI, ELIA FOLCO, LUCA GASPERONI, RACHELE SCODITTI

URBINO – Chi lo conosce descrive Giorgio Londei, candidato sindaco a Urbino con quattro liste civiche, in modi diversi. Saranno i molti interessi coltivati nell’arco di una lunga carriera dirigenziale, oppure i vari incarichi ricoperti in un quarantennio nel mondo politico. Tra gli aggettivi però ce n’è uno che ricorre con una certa frequenza: tenace.

Nelle idee ma anche nelle scelte, o nel togliersi alcuni vizi. A sessant’anni Londei smise di fumare dopo quasi un ventennio passato al ritmo di un pacchetto al giorno. “Lo decisi un venerdì sera – racconta al Ducato – sabato dimezzai, domenica feci lo stesso e da lunedì non accesi mai più una sigaretta”.

Londei si trasferì a Urbino con la sua famiglia quando era ancora bambino. Si innamorò della politica appena sedicenne e cinque anni più tardi salì alla direzione comunale del Partito comunista. Una tesi sul misticismo di Pascal e il razionalismo di Voltaire concluse i suoi studi di filosofia, mentre un corso di giornalismo tenuto da Carlo Bo gli insegnò come si scrive un comunicato. “Questo mi permise di fare a meno degli addetti stampa – spiega Londei – oggi ho qualcuno che se ne occupa ma, se posso, li scrivo da solo”.

La sua villetta immersa in un bosco nelle Cesane, dove vive da quasi 25 anni dopo una vita in affitto nel centro storico, accoglie 10.000 volumi e un libro su ogni tavolino. Oltre a viaggiare – se possibile al Sud, del quale è appassionato – ama ripercorrere la storia, in particolare quella dell’antica Roma e del Montefeltro.

Al di là della lettura c’è anche lo sport. Negli anni in cui divenne papà di Giovanna e poco dopo di Massimiliano, lottava come judoka a livello nazionale.  Rappresentò le Marche alle qualificazioni per l’olimpiade di Montreal del ‘76 ma uscì alle eliminatorie. La consolazione arrivò dalla politica: nel 1980 il Pci vinse le elezioni comunali con il 49% e lui, capolista, divenne sindaco.

Un successo che si ripeterà altre due volte fino al ‘93, quando, eletto come senatore, lasciò la carica di primo cittadino e si spostò a Roma per due legislature. In Parlamento sbloccò il collegamento alla Fano-Grosseto di Fermignano e promosse la terza legge speciale, chiamata “Antico Ducato di Urbino”, con lo stanziamento di 37 miliardi di lire che furono usati anche per il restauro della cinta muraria della città. Di lì a pochi anni il centro storico venne riconosciuto patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco. Ma durante il suo mandato da sindaco fu dismessa la tratta ferroviaria Fano-Urbino che ora si pensa di riaprire.

Lasciata la politica nei palazzi romani è tornato a casa con un susseguirsi di incarichi fino ad approdare all’Accademia delle Belle Arti, che dirige ancora oggi. La prossima sfida sono le elezioni del 26 maggio. Il sogno è tornare, a 70 anni, per la quarta volta con la fascia tricolore sul petto, la prima con un’elezione diretta.

Molti abitanti hanno un buon ricordo  e non dimenticano l’impegno per la città e i suoi frutti. Come l’eredità lasciata dal piano regolatore ideato con l’architetto Giancarlo De Carlo che contribuì a cambiare il volto di Urbino con la facoltà di legge e quella di economia. Ma tanti credono che per lui sia giunto il momento di farsi da parte.

In contrapposizione a quanto fatto dal sindaco uscente Maurizio Gambini, anche con l’ordinanza degli ultimi mesi, Londei in campagna elettorale si propone come paladino degli universitari. Il progetto, in linea con quanto fatto durante gli anni da sindaco, è di attirare studenti e offrire loro la possibilità di studiare a Urbino.

Come fatto in accademia, dove Londei ha costruito un’aula magna per dare spazio al confronto tra i ragazzi. E ha presentato, per le elezioni, una lista con tanti giovani alle prime armi in politica. Puntare sugli studenti è una scelta rischiosa, visto che la maggioranza degli universitari non ha diritto di voto.

Ma all’ex sindaco del Pci non importa, anzi, le partenze come outsider  gli sono sempre piaciute. Come quando, a 30 anni, per gli avversari politici era solo, come scrisse il Ducato in un ritratto di 5 anni fa “un universitario con i capelli lunghi che voleva fare il sindaco”.

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