Don Sandro De Angeli, urbinate missionario in Uganda: “Così diamo un futuro ai pastori in Karamoja”

Don Sandro De Angeli con i bambini del Karamoja
di FRANCESCO COFANO

URBINO – Esserci. Spingersi in un angolo di mondo dimenticato per aiutare le persone a casa loro, oltre le frasi fatte. È la storia di don Sandro De Angeli, prete diocesano nato e vissuto a Urbino ma poi innamoratosi del Karamoja, regione nordorientale dell’Uganda.

È tornato nella sua città per raccontare la sua missione tra i Karimojong, etnia di pastori, guerrieri seminomadi dalle tradizioni millenarie. Una comunità fuori dalla storia, che suscita curiosità e viene tenuta ai margini persino dalle altre etnie dell’Uganda, non esattamente il centro del mondo. Ultimi tra gli ultimi, dunque.

Don Sandro ha atteso i suoi concittadini nella sala ex Acli di Piazza Rinascimento, nell’ambito dell’incontro “Moroto (Uganda). Una missione italiana nel cuore dell’Africa”, organizzato da Unilit (Università libera itinerante) e da Africa Mission – associazione italiana impegnata sin dalla sua fondazione nel Paese. Arrivato per la prima volta nello spicchio di Africa centrale nel 1995, durante le ferie, non ha più dimenticato questa terra semidesertica. Nei primi anni Duemila viene nominato direttore spirituale dell’Africa Mission, nata negli anni Settanta su iniziativa di Vittorio Pastori, segretario amministrativo del vescovo di Piacenza Enrico Manfredini. Pastori, per tutti “Vittorione”, vide ventimila ugandesi morire di fame negli anni della sanguinaria dittatura di Idi Amin Dada.

Don Sandro ha raccolto il suo testimone e vive stabilmente nella città di Moroto da tre anni, col permesso del vescovo di Urbino. Anche in Uganda a capo della diocesi c’è un italiano. Un dato emblematico: “Il fatto che i vescovi siano italiani spiega i problemi della regione. In altre zone dell’Africa si scelgono vescovi africani, qui no perché si ragiona ancora per tribù e servono figure al di sopra delle parti”.

Nonostante le difficoltà si cerca di aiutare i giovani a trovare un futuro oltre la pastorizia. “La situazione è critica. La popolazione è aumentata e i capi di bestiame sono diminuiti mentre la terra è arida e pur essendo nella stagione delle piogge ha piovuto solo due giorni”, continua nel suo racconto il prete urbinate.

Un villaggio nella regione del Karamoja, in Uganda

Tra i predoni della Karamoja

Comunque meglio rispetto a prima di nove anni fa, quando oltre alla miseria la regione era insanguinata dalla violenza. Don Sandro racconta che i Karimojong erano (e in piccola parte ancora sono) un popolo di predoni. Mucche, pecore e galline sono considerati membri della famiglia e il numero di animali posseduti aumenta la considerazione all’interno della tribù. Per questo le razzie e gli scontri tra Karimojong e con altre tribù erano frequenti.

“Anni fa era normale vedere i pastori col mitra. Spostarsi di giorno era molto pericoloso, si preferiva la notte perché non attaccavano non sapendo se le luci delle macchine fossero dei militari. Dal 2010 la presenza di armi è crollata per l’intervento dell’esercito nella regione”, dice don Sandro.

Ma la povertà resta e i Karimojong stanno vivendo quella che il prete urbinate definisce “una crisi esistenziale”, visto che essere pastori è sempre più proibitivo. Per questo l’associazione Africa Mission è presente nella regione in vari modi. I progetti storici riguardano la perforazione dei pozzi. Grazie all’acqua molte malattie sono scomparse migliorando la qualità della vita. “In quasi 50 anni abbiamo attivato 1.330 nuovi pozzi e ne abbiamo riparati 2500”, spiega don Sandro.

Il riscatto grazie allo studio

Ora si punta molto sull’aspetto educativo: sono 150, dalla scuola primaria all’università, i ragazzi sostenuti dalla missione con il pagamento delle tasse scolastiche. L’associazione finanzia anche due scuole primarie frequentate da più di mille studenti nella capitale Kampala.

Il denaro ricevuto da enti come l’agenzia di sviluppo belga Enabel serve invece per finanziare corsi semestrali che vanno dalla cucina alla meccanica, passando per il taglio e cucito e parrucchiere. “Al termine del semestre i ragazzi e le ragazze vengono seguiti per altri sei mesi per la gestione dei guadagni, non essendo abituati a maneggiare i soldi in prima persona. Vanno resi responsabili della loro vita”, dice don Sandro.

E responsabile lo è di sicuro una ragazza come Jennifer, unica donna a frequentare il corso di meccanica in cui si è diplomata col punteggio più alto di tutti. Grazie alle cose imparate ha lavorato in dei garage a Karamoja, a Soroti e a volte anche nel confinante Kenya. Ora studia a Lira, città dell’Uganda settentrionale, per imparare a riparare ruspe e altri mezzi pesanti. Oppure Fabien, che prima preparava torte affittando tutto, dal forno alle pentole, e che è diventato insegnante di cucina.

Ma a volte la vita non cambia solo per i giovani del Karamoja. Fare il missionario trasforma profondamente anche chi arriva tra gli altopiani e la savana ugandesi per aiutare i meno fortunati. Come Elisa Lorenzoni, ragazza urbinate di 23 anni che nel 2014, appena diciottenne, ha prestato volontariato per un mese con don Sandro. “È stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita: studio scienze internazionali e diplomatiche e vorrei specializzarmi nella scrittura di progetti umanitari. Ho frequentato il liceo turistico e ora ho cambiato la mia prospettiva futura”.

Lo stesso vale per questa terra ai confini del mondo, in cui da quarant’anni le lancette del tempo hanno ripreso a camminare dopo essere state ferme per secoli.

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