Ponte Armellina è ancora una Urbino 2. Buche, spazzatura e un cantiere fermo: “Qui non cambia nulla”

di FRANCESCO COFANO e CHIARA UGOLINI

URBINO – Urbino 2, 4 giugno. Sono le 8 del mattino e più di trecento persone si riuniscono in preghiera, chiamate a raccolta dalla voce dell’Imam, in quello che fino al giorno prima era un campo da calcio improvvisato. I bambini si divertono in disparte ma non possono fare troppo rumore né salire sull’altalena, le cui corde sono arrotolate sulla trave di legno. Gli uomini e le donne, vestiti in abiti tradizionali, si inginocchiano, pregano e poggiano la testa sui tappeti sistemati sul prato. Sono divisi in due gruppi separati, come vuole la tradizione. Alla fine della cerimonia tutti si dirigono verso i tavoli pieni di dolci, datteri e bevande. Si celebra la fine del Ramadan e per l’occasione sono arrivati anche fedeli musulmani dalle frazioni vicine, come Canavaccio e Gallo e da Fossombrone.

Ma in queste quattro schiere di case note come Ponte Armellina è festa solo una volta all’anno. La normalità è un’altra, incarnata proprio da quel prato trasformato in moschea per un giorno. “L’erba ce la siamo tagliata da soli. Da Urbino ci hanno detto che sarebbero venuti a falciarla ma al terzo rinvio lo abbiamo fatto da noi”, dice Khalid, 21 anni, di origine marocchina, mentre versa da bere ad amici e parenti. Indossa una tunica nera che spicca in mezzo a quelle degli altri uomini. Prima che il Comune concedesse un tagliaerba alla gente del quartiere, i ragazzi non potevano giocare a calcio nel campo, ma dovevano spostarsi sulle mattonelle del porticato davanti a quello che anni prima era l’unico bar del quartiere, ora abbandonato. Poco più avanti le due stanze utilizzate normalmente come moschea.

A Urbino 2 vivono circa 400 persone, per lo più di origine marocchina, ci sono anche macedoni e tunisini. Solo due di origine italiana, di cui uno non stabilmente nel quartiere. Negli ultimi anni è aumentato il numero delle famiglie e anche quello dei bambini che ogni pomeriggio dopo la scuola giocano insieme per strada, tra bidoni pieni di spazzatura e buche per terra.

Ogni tanto capita che la palla finisca tra i ponteggi che circondano una delle case. Sono ciò che resta del progetto di riqualificazione avviato nell’ottobre del 2017 con fondi della Regione e del Governo. Ma i lavori sono andati avanti solo per pochi mesi e ora il cantiere è fermo da più di un anno. “Qua si vive male, siamo ingabbiati. C’è sporco dappertutto ma dentro gli appartamenti è peggio che fuori”, dice un uomo di nazionalità macedone con la barba brizzolata che preferisce restare anonimo.

Le pareti delle case se non sono imbrattate da graffiti in arabo e in un italiano sgrammaticato, sono scolorite o l’intonaco è crepato. Le parabole spuntano tra i piccoli giardini non curati. Bottiglie di plastica, cartacce e pezzi di vetro sono dappertutto. Alcuni balconi sono pieni di mobili e pneumatici. Nell’appartamento all’angolo di uno degli edifici vive quello che viene chiamato “aggiusta-tutto”, perché nel furgoncino davanti alla porta di casa raccoglie e ripara tutto quello che trova per venderlo a prezzi bassi.

Su una porta d’ingresso c’è ancora attaccata la locandina di un appuntamento elettorale del candidato sindaco Mario Rosati. “Urbino 2. Incontro con i cittadini”, c’è scritto sul manifesto. “Non ho votato perché non cambia nulla”, si sfoga Rachid, di origine marocchina, mentre appoggia sul cofano della macchina il figlio di due anni. Si guadagna da vivere alla giornata lavorando il legno a Montecchio. “Se ci fosse stata l’intenzione di aggiustare qualcosa l’avrebbero già fatto”, concorda Muhammad, 43 anni di cui gli ultimi 20 passati in Italia. Ammette di occupare abusivamente un’abitazione e di non essere l’unico. “Da quando l’Erap (Ente regionale per l’abitazione pubblica delle Marche, ndr) ha acquistato una quarantina di appartamenti, i vecchi inquilini continuano ad abitarci senza pagare l’affitto”, spiega sempre il macedone che non fa sapere il nome.

Chi è in regola continua a pagare il canone ai privati. Ma è una necessità, non una scelta. “L’unica cosa che mi spinge a restare è l’affitto meno caro – dice Khalid, il ragazzo dalla tunica nera, che lavora a Pesaro nella Benelli Moto – ma vorrei andarmene. Tutte le volte che ho provato a cercare casa altrove pretendevano un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed erano diffidenti perché ero straniero”. Lo stesso vale per un altro Rachid, anche lui padre di famiglia, come il Rachid che non ha votato. Vive nel quartiere da dieci anni, ma solo da due è stato raggiunto dalla famiglia dal Marocco. “Ad agosto vado via. Non voglio che i miei bambini crescano qui – dice mentre non perde di vista il figlio di cinque anni che prova ad arrampicarsi sul palo della luce che termina senza lucernario – le giostre del parco montate due anni fa sono già rotte, per questo se vogliono giocare li porto a Gallo”.

Amhed, di origini marocchine, è disoccupato. È in Italia da ventidue anni: prima ha vissuto per tre anni a Cortona, in Toscana dove si è sentito subito integrato. Poi l’arrivo a Urbino 2, dove ha vissuto fino a due anni fa, quando era riuscito a trovare un lavoro e una casa in Francia. Ma i figli, due gemelli di 14 anni, non hanno voluto lasciare il luogo in cui sono nati e ora vivono tutti insieme a Petriano. “Questa è casa loro”, dice mentre fa spallucce col fianco poggiato sulla sua macchina. Anche Anika, 22 anni, vuole restare. “Si vive bene qui, anche se ci sono delle cose da aggiustare. Siamo una comunità unita, viviamo e preghiamo insieme. Molta gente che se n’è andata vuole ritornare, ma gli appartamenti sono pieni. Ci invidiano il fatto di avere una moschea”, racconta. Poi si volta e sgrida in arabo un bambino perché si era avvicinato al tavolo riservato alle donne.

C’è anche chi attribuisce il degrado del quartiere “al comportamento di alcune persone che ci vivono”, dice Zakaria, 21 anni, che dopo aver terminato gli studi all’ “Ipsia Benelli” di Pesaro lavora a San Marino facendo carico e scarico di merci, insieme ad altri quattro ragazzi di Ponte Armellina. In famiglia lui è l’unico a lavorare. “Il mio primo pensiero è andare via da qui – continua – Gli stranieri andrebbero distribuiti su tutta la provincia se no si diffondono insegnamenti negativi”.

Adolescenti come Salah e Osama, di 17 e 16 anni, ogni fine settimana escono a Pesaro e Urbino, ma devono fare i conti con l’isolamento della zona. La loro serata finisce quando comincia quella degli altri ragazzi. “Le ultime corse degli autobus per tornare a casa sono alle 9 di sera e la fermata del bus dista un chilometro dal quartiere”, si lamentano in coro. Anche volendo, d’inverno è impossibile stare in strada perché “sembra di essere sul ponte di una nave a vapore che parte”, dicono i due ragazzi. La causa è il fumo che esce dai tubi di scarico delle stufe a legna, che si affacciano all’esterno attraverso buchi di fortuna nei muri, usate in tutti gli appartamenti della zona. “Molti bambini hanno contratto l’asma per il fumo respirato”, aggiunge Khalid. Che poco prima di andarsene aggiunge: “Non chiamatela Urbino 2 ma quartiere di Ponte Armellina. Nei nostri confronti ci sono solo pregiudizi, la criminalità è scomparsa da tempo e ormai ci sono solo bambini”.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra e di terze parti maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi