Storie di scrittori ed editori coraggiosi al tempo della censura. Anche oggi. Marco Vigevani a Fgcult19

Marco Vigevani al Festival del giornalismo culturale a Urbino
di LINDA CAGLIONI

URBINO – Nei tempi più bui della Storia i libri devono varcare più o meno clandestinamente le frontiere, i muri e il filo spinato, per far viaggiare le idee. Lo sa bene Marco Vigevani, intervenuto a Palazzo ducale nell’ultima giornata del Festival del giornalismo culturale. L’agente letterario, attraverso due storie che hanno attraversato l’Europa divisa dal nazismo prima e dalla cortina di ferro poi, ha testimoniato la lotta per tenere vivo il pensiero nelle più nere parentesi del Novecento.

“Ogni volta che il mondo affronta delle crisi ideologiche, anche far stampare un singolo libro può rappresentare un rischio”. Vigevani, davanti alla platea radunata nella Sala del trono, ha portato in superficie le vicende di due editori, l’olandese Emanuel Querido e il tedesco Fritz Helmut Landshoff che, tra gli anni Trenta e Quaranta, unirono le forze per far circolare volumi e autori banditi sotto il nazismo. “Già negli anni Trenta alcuni libri in Germania cominciavano a essere vietati. Da qui, la lungimiranza di fondare una casa editrice tedesca ad Amsterdam”. Quando gli scrittori cominciarono a farsi prendere dal panico, i due editori offrirono loro i mezzi per “dotarsi dei passaporti che consentissero agli autori di salvarsi dalla ventata liberticida. Furono mossi da una forte ideologia, ma non mancarono mai di estrema concretezza. Per invogliare gli scrittori a rivolgersi a loro, decisero di anticipare loro i pagamenti”.

La seconda storia di coraggio portata in superficie da Vigevani si intreccia invece al destino dell’Europa indebolita dalla Guerra fredda. E il protagonista è Vladimir Dimitrijević editore e scrittore serbo nato a Skopje. “Se ne andò dal Regno di Jugoslavia con un passaporto falso per evitare il servizio militare. Arrivò prima in Italia, a Milano, con una grande attrazione per la cultura europea, da cui però si sentì respinto, costretto a rimanersene sul pianerottolo” ha ricostruito Vigevani. “Quando arrivò in Svizzera cominciò a lavorare in una libreria. Lì fondò una casa editrice, dove dette spazio a libri di autori cecoslovacchi, serbi, russi. Ma non vendette mai libri di autori croati, dimostrandosi un nazionalista sfegatato”.

Quelle raccontate da Vigevani sono storie che testimoniano il coraggio di ricucire il tessuto culturale e letterario, proprio negli anni in cui più ingenti furono gli sforzi per disintegrarlo. “Da questi esempi c’è da imparare il gusto dell’avventura, l’impegno e la voglia di tenere viva la cultura europea” conclude Vigevani. Ma il bisogno di editori coraggiosi non ha che fare soltanto con il passato, anzi. “Anche oggi in molti Paesi vige la censura su certi testi invisi ai governi. In Cina, per esempio, gli editori devono ottenere il codice a barre per poter pubblicare un libro. Ma l’abitudine all’autocensura c’è anche in Russia, in Arabia Saudita. Nel mondo ci sono ancora troppe aree in cui la circolazione della cultura è ostacolata dalle logiche politiche”.

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