Record, mostre, polemiche. E un modo nuovo di pensare il Palazzo: i quattro anni di Aufreiter a Urbino

di FRANCESCO COFANO

URBINO – La compostezza lascia spazio a una smorfia di commozione solo all’uscita dalla sala Serpieri del collegio Raffaello, mentre i consiglieri comunali lo salutano con un lungo applauso. È il 28 novembre. Peter Aufreiter, ormai ex direttore della Galleria Nazionale delle Marche, lascia la città che lo ha ospitato negli ultimi quattro anni con la stessa sobrietà con cui era arrivato. In quell’espressione contratta si fondono l’orgoglio per l’ottimo lavoro svolto ma anche qualche rimpianto. Voleva diventare un urbinate d’adozione. Ha apprezzato Urbino, i paesaggi da cartolina, i colori intensi e il buon cibo. Ha riempito Palazzo Ducale di visitatori come nessuno prima, sfondando il muro delle 250.000 presenze. Ma non è riuscito fino in fondo a integrarsi con la città, soprattutto con le sue istituzioni.

L’arrivo a Urbino, la città del cuore

Il dirigente austriaco arriva nel dicembre del 2015 grazie alla riforma voluta dall’allora ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini. La legge dà più autonomia a 20 musei del Belpaese aprendoli anche ai direttori non italiani. Così nel gruppo di sette dirigenti “d’importazione” che vincono il bando internazionale per gestire il patrimonio artistico italiano c’è anche questo austriaco dagli occhi azzurri, faccia pulita e ciuffo sobrio, che “atterra” a Urbino con la voglia di fare bene in un posto che sente di avere nel destino. A questo scrigno del Rinascimento Aufreiter è legato perché ci ha trovato l’amore: nel 1999 da studente Erasmus ha conosciuto la sua futura moglie, Maria Guidarelli, da cui avrà poi due figli.

Il fascino di Urbino ha fatto breccia nel suo cuore di ragazzo di 25 anni appassionato di arte e quando nel 2015 viene annunciata la nuova stagione dei beni culturali l’occasione di tornare nella patria di Raffaello da direttore della Galleria è irrinunciabile. Aufreiter coglie la palla al balzo, partecipa al bando e lo vince. I suoi mandati principali sono eliminare il peso della burocrazia e comportarsi come un manager, con libertà di spesa nella gestione della Galleria. Ma nessuno diventa profeta in patria, tanto più se putativa: così nel giugno scorso decide di tornare in Austria, alla guida del Museo della Tecnica. Col tempo ha capito che la missione a Urbino haa perso lo slancio iniziale e quando ha percepito freddezza sul rinnovo del contratto ha deciso di andare via.

Quattro anni in agrodolce

In valigia porta un bilancio agrodolce: un 2019 già da record, con oltre 247mila visitatori registrati al 2 dicembre, primato assoluto nella storia più che secolare della Galleria istituita nel 1912, ma anche il rimpianto di andarsene proprio alla vigilia delle celebrazioni raffaellesche del prossimo anno, un appuntamento che è stato la stella polare di ogni mostra o evento organizzato sotto la sua gestione.

Per ironia della sorte oggi a capo del dicastero c’è sempre Franceschini, l’autore della riforma che lo convinse a tornare nella città ducale, ma quando ufficializza l’addio a Urbino il ministro in carica è Alberto Bonisoli. L’orientamento è opposto a quello del suo predecessore. Si punta ad aumentare i poteri del Ministero a Roma e stringere le maglie sui poli museali autonomi. La musica è cambiata, insomma, e il contesto non è più favorevole allo spirito con cui Aufreiter interpreta il suo incarico. “Con la nuova strategia del ministro Bonisoli, non mi sento più adatto a ricoprire questo ruolo – dice quando annuncia la partenza a giugno – sentivo che sul mio ruolo c’era troppa incertezza, tante persone qui in Italia pensano che i musei debbano essere gestiti da italiani”.

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Gli attacchi di Sgarbi

In primis Vittorio Sgarbi, l’uomo che come assessore alla Cultura di Urbino dovrebbe lavorare in sintonia con Aufreiter e invece si rivela il suo principale avversario. “Barbaro d’oltralpe, depensante, inadeguato”, sono solo alcuni degli epiteti che il critico d’arte rivolge in questi anni ad Aufreiter, che ha sempre preferito glissare rispondendo con l’indifferenza. “Non mi interessa quello che pensa, io faccio il mio lavoro. Non ho mai pensato di rivolgermi in tribunale contro di lui, secondo me è solo da ignorare”, commenta quando Sgarbi lo attacca duramente in Consiglio comunale.

Urbino si dimostra una città troppo piccola per la convivenza di personalità così forti e il rapporto tra i due non decolla mai. A farlo precipitare definitivamente ci pensano il Tar del Lazio con una sentenza a sfavore dei direttori non italiani nei musei, sentenza sempre difesa da Sgarbi anche dopo il dietrofront del Consiglio di Stato, e gli interventi a gamba tesa sulle scelte di Aufreiter. L’assessore contesta ogni aspetto della sua gestione: mostre, prestiti di opere, iniziative. Persino la scritta “ingresso” all’entrata di Palazzo Ducale. L’attuale co-sindaco non digerisce le ripetute cessioni de La Muta, unica opera di Raffaello nella Galleria, prima a Cagliari, poi a Torino e infine a Mosca, e definisce “grottesche e sbagliate” alcune esposizioni come “Giochiamo, giochi e giocattoli dal Rinascimento al Barocco”.

Il silenzio di via Puccinotti

Ma più del rumore delle provocazioni di Sgarbi alla lunga è il silenzio dell’Amministrazione comunale a incidere sulle scelte di Aufreiter. Dal palazzo comunale di via Puccinotti non si prende mai una posizione sul duello. E quando il sindaco Maurizio Gambini si esprime sulla questione sceglie Sgarbi. Come quando due anni e mezzo fa dice la sua sulla concessione de La Muta a Mosca: “Secondo me Vittorio ha il 90% delle ragioni. Rispetto Peter, ma il suo non è stato un atteggiamento corretto nei confronti della città che lo ospita, la Galleria nazionale delle Marche si trova a Urbino e i rapporti con le istituzioni locali sono necessari”.

I grandi ritorni e l’apertura dei torricini

Nonostante i prestiti della discordia, Aufreiter ha il merito di ottenere per la Galleria il ritorno di capolavori che per secoli erano rimasti lontani dalla città. È il caso della Venere di Urbino di Tiziano, nel 2016 per tre mesi nelle stanze del Palazzo Ducale per cui fu commissionata cinque secoli fa. O le Sette tavole delle Muse, date a Urbino dalla Galleria Corsini di Firenze dopo 400 anni per la mostra su Giovanni Santi, il padre di Raffaello.

Risultati prestigiosi, che si aggiungono all’apertura del torricino nord per la prima volta in epoca moderna e alla concessione di alcuni spazi per matrimoni, eventi o feste di laurea. Su tutti, le nozze di Alessandro Carloni, regista noto a livello internazionale per il film di animazione Kung Fu Panda. Aufreiter cerca anche di trasformare Palazzo Ducale in un posto coinvolgente per i bambini, come dimostrano l’esposizione Giochiamo, giochi e giocattoli dal Rinascimento al Barocco e l’iniziativa Raffaello in Minecraft in cui la vita del giovane Raffaello viene trasformata in un gioco e raccontata dagli studenti.

Bellezza e burocrazia, città accogliente e attacchi durissimi. Tutto si tiene insieme in quattro anni di alti e bassi, anche l’affluenza dei visitatori: dopo un calo di 30.000 unità nel 2017 che lui attribuisce al terremoto dell’anno precedente, l’austriaco lascia adesso in eredità il record di ingressi, destinati a superare quota 250.000.

Il successore e l’addio al paesaggio ducale

Ora il testimone passa per alcuni mesi a Mario Pierini, direttore anche della Galleria Nazionale dell’Umbria in attesa del successore definitivo che dovrebbe arrivare probabilmente la prossima primavera. “Stimo molto Peter Aufreiter e, per quello che ho potuto capire a distanza, ho l’impressione che abbia lavorato bene. Cercherò di garantire continuità”, ha detto Pierini al suo arrivo a Urbino. Per Aufreiter, invece, è tempo di cambiare pagina e salutare quella vista mozzafiato che tante volte ha cercato, nelle pause dal lavoro, aprendo le finestre del suo studio nel Palazzo Ducale. Si congeda con due splendide mostre, “Raffaello e gli amici di Urbino” e “Raphael Ware”. Ma non è un addio, come precisa lui stesso in Consiglio comunale: “Tornerò e avrò sempre nel cuore Urbino e la sua gente”.

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