Così Urbino si spopola. Il sociologo Pappalardo: “Migrazione verso la costa e calo della natalità”

di FILIPPO CAMPO ANTICO, infografica di GIULIA CIANCAGLINI

URBINO – Urbino si spopola. Ci sono 1142 residenze in meno dal 2012 al 2019. Un fenomeno che interessa buona parte dei Comuni dell’entroterra marchigiano, in particolare i piccoli centri. I Comuni del litorale beneficiano di un fenomeno di migrazione interna: le persone si spostano dall’Appennino alla costa.

LA DEMOGRAFIA: Abitanti in calo e sempre più anziani

L’esodo

Otto anni fa all’ombra dei torricini vivevano più di 15.000 persone. Stando agli ultimi dati Istat, la popolazione residente è di oltre 14.000: il 7 per cento in meno. Il fenomeno si spiega con il crollo delle nascite e l’emigrazione. “Gli anziani muoiono e non si fanno più figli. I giovani laureati cercano fortuna nei grandi centri o all’estero. Le attività commerciali subiscono la concorrenza della grande distribuzione e dei centri commerciali, che possono tenere prezzi più bassi ed essere più competitivi. I servizi al cittadino mancano e sono spesso costosi. A Urbino, tutto ruota intorno all’Università, al Comune e all’Ospedale: se non si trova lavoro in queste strutture è difficile immaginare un futuro”, commenta Fabrizio Pappalardo, sociologo dell’università di Urbino, esperto di mutamento sociale. Lo sanno bene giovani come Tommaso, 27 anni, che si è trasferito a Ferrara dove lavora come infermiere: “A Urbino per trovare lavoro bisogna essere raccomandati: se non si è amico di qualcuno è difficile pensare di poter avere un futuro. Chi è rimasto ha un’attività commerciale o ha i genitori molto inseriti”.

I piccoli comuni

Lo spopolamento è un fenomeno che riguarda tutto l’entroterra marchigiano, in particolare i paesi con pochi abitanti. Poggio San Vicino, incastonato tra le colline del maceratese, è un Comune di poco più di 200 persone. Dal 2012 al 2019 ha subito una diminuzione di popolazione pari al 18 per cento. Pioraco (sempre in provincia di Macerata) ha poco più di mille abitanti e nello stesso arco di tempo ne ha persi 194: il 15 per cento in meno rispetto al 2012. Sono solo due dei tanti piccoli centri che risentono di questo fenomeno. “Subiscono lo stesso effetto di tutta la dorsale appenninica. C’è un vero e proprio fenomeno di spopolamento in atto: dalle piccole realtà la gente si sposta verso le grandi aree urbane che si aggiunge a una rotta migratoria che dall’interno va verso la costa. Mettiamoci nell’ottica di un giovane che si è laureato fuori e poi gli viene proposto di ritornare a casa a coltivare un appezzamento di terra: la risposta sarebbe ovviamente negativa. Addirittura alcuni comuni offrono un immobile a un euro. Ovviamente un prezzo simbolico. Da parte dell’acquirente vi è poi l’obbligo di ristrutturarlo”, commenta Pappalardo.

Il terremoto

Ore 3 e 36 del 24 agosto del 2016. L’orologio si è fermato a quell’ora, ora in cui il terremoto del Centro Italia ha coinvolto anche la nostra regione. Sono morte, nella sola provincia di Ascoli Piceno, 51 persone. Nelle zone inserite nel cratere del terremoto, delle oltre 581.000 persone che al 31 luglio 2016 risultavano sfollate, ancora 49.322 non sono rientrate nelle loro case, delle quali 30.000 solo nelle Marche. Lo rileva la fotografia dell’Ufficio speciale per la ricostruzione del Dipartimento della Protezione civile. Quasi 50.000 persone vivono ancora in strutture ricettive come hotel e bed and breakfast, in Sae (Soluzioni abitative di emergenza), mentre oltre 500 risiedono ancora nei container. Altre, sono state dislocate lungo la costa. Dall’indagine “Terre di ricerca” dell’università di Urbino, è emerso come nelle Marche lo spopolamento già in atto nel triennio precedente al terremoto ha registrato nel triennio successivo alla scossa un’accelerazione pari al 170 per cento. Il calo della popolazione è più che raddoppiato di consistenza e intensità.

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La costa

Le città sul mare non subiscono lo spopolamento. “I centri del litorale marchigiano hanno maggiore attrattiva. C’è sempre stato un movimento che dall’entroterra va verso la costa: una migrazione interna”, commenta Pappalardo.

Porto Recanati (Macerata) ha incrementato la sua quota di residenti del 9%, Porto Sant’Elpidio (Fermo) del 4%. Altri comuni, come Pesaro, hanno mantenuto invariata la loro quota. “Queste città godono di un vantaggio competitivo dovuto alla loro posizione geografica. Dobbiamo considerare che le merci hanno un prezzo chilometrico: se vengono prodotte vicino a un’area portuale si risparmiano dei costi nel trasporto, quindi un imprenditore ha un vantaggio competitivo a investire lungo la costa”, conclude il sociologo.

Le azioni politiche

Le amministrazioni comunali e il governo centrale potrebbero attuare una serie di politiche attive per cercare di contenere il calo demografico e le migrazioni. “Anzitutto si agisce sullo sviluppo economico: si sostengono le piccole imprese artigiane, si concedono degli sgravi fiscali, in generale tutto quello che può aiutare alla rigenerazione dell’economia di un territorio. Poi, si possono effettuare delle politiche attive per la famiglia, come gli asili nidi gratuiti che attirano gli abitanti dei comuni vicini”, dice il professore. Sono soluzioni per placare il fenomeno del calo demografico  che in Italia è iniziato alla fine degli anni 80 con la progressiva diminuzione del tasso di natalità. “Da lì la rotta non si è mai invertita. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a un crollo della natalità anche al sud, che prima riscontravamo solo al nord. Adesso siamo sempre in calo, ma meno rispetto a un tempo, anche grazie a persone che emigrano in Italia”, conclude Pappalardo

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