Dall’Università di Urbino il contributo alla missione spaziale europea verso il Sole

Catia Grimani e Michele Fabi
di MARIA PIA PETRAROLI

URBINO – C’è anche l’università di Urbino nella missione dell’Agenzia spaziale europea che questa mattina, alle 5:03 (ora italiana), ha lanciato la Solar Orbiter verso il Sole: una sonda che andrà a vedere e studiare da vicino la nostra stella. La partenza è avvenuta dalla rampa 41 della Us Air Force Station di Cape Canaveral in Florida. Tra circa due anni lo strumento arriverà in orbita per fotografarlo da una distanza di appena 42 milioni di chilometri (più vicino dell’orbita di Mercurio) anche grazie allo sforzo di due ricercatori dell’Ateneo ducale: Catia Grimani e Michele Fabi.

L’Esa ha guidato il progetto in collaborazione con la Nasa e, attraverso l’Agenzia spaziale italiana, con diverse università del nostro Paese, tra cui la Carlo Bo. Per l’ateneo urbinate hanno partecipato alle ricerche sulla Solar Orbiter Catia Grimani, professoressa di Fisica sperimentale, e Michele Fabi, tecnico-informatico. I loro studi si sono concentrati su uno degli strumenti principali a bordo della sonda, il Metis, ovvero il coronografo – tutto italiano – che andrà ad osservare la corona, la parte più esterna del Sole, altrimenti visibile solo durante le eclissi.

Catia Grimani, co-investigator, e Michele Fabi tecnico informatico

“Sono entrata nella collaborazione Metis circa dieci anni fa come ricercatore aggiunto esterno – ha detto la professoressa Grimani al Ducato – Il mio compito è quello di valutare quale può essere l’impatto dei raggi cosmici (le particelle energetiche provenienti dallo spazio esterno) sulle fotografie della corona solare fatte dal Metis”. La professoressa, che all’interno della missione riveste il ruolo di co-investigator dal 2017, ha spiegato che questi raggi, altamente energetici, passano attraverso lo strumento e vanno a colpire i suoi rilevatori sensibili – fatti col silicio (che funzionano proprio come le fotocamere dei cellulari). Tali particelle potrebbero poi inficiare la ricostruzione delle immagini. “Il mio compito è quello di capire quanti di questi raggi cosmici passano, che effetto fanno e se limitano o no la risoluzione delle immagini prese sia in ultravioletto che in luce visibile dalla corona”. La competenza principale della professoressa dunque è quella di fare delle previsioni dei raggi cosmici e la sua valutazione avverrà proprio da Urbino, attraverso programmi di simulazione al computer.

“Tra tre mesi poi saranno resi disponibili i dati raccolti dalla Solar Orbiter e saprò se la mia previsione è giusta o sbagliata”. Prima del lancio infatti, come ha chiarito Grimani, è stata fatta una previsione di massima e non ci dovrebbero essere problemi. “Il punto però è che prima dell’accensione di tutti i rilevatori a bordo, che avviene nell’arco di tre mesi (il cosiddetto periodo di crociera, durante il quale la sonda viaggia verso il Sole), non si sa mai cosa sia successo durante il lancio. Bisogna vedere se gli strumenti hanno la stessa efficienza che avevano a terra, prima di partire”.

Una rappresentazione della sonda Solar Orbiter – Credit: Esa

Con lei, da Urbino, lavora al Metis anche Michele Fabi, tecnico informatico. I due hanno però compiti diversi: mentre la professoressa si occupa della parte scientifica della collaborazione (previsioni dei raggi cosmici e interpretazione dei dati), Fabi si occupa invece della parte informatica, di ricostruire graficamente la geometria del rilevatore (replica virtuale dello strumento).

Metis: uno strumento “remote sensing”

Metis è l’acronimo delle varie componenti presenti all’interno dell’osservatorio (Multi element telescope for imaging and spectroscopy), ma c’è una particolarità: “Metis è anche il nome della dea greca della saggezza, la madre di Atena”, ha spiegato la Grimani.  È uno strumento di “remote sensing”, perché “guarda il Sole da lontano, studia tutto ciò che arriva dalla corona”. Altri strumenti – misuratori di campo magnetico o di particelle o di plasma – sono invece “in situ”, cioè fanno le loro rilevazioni direttamente nell’ambiente in cui è immersa la sonda.

“La Solar Orbiter sarà la prima e unica missione che va a misurare la corona dall’alto, vicino ai poli”, ha aggiunto Grimani, che come tutti gli scienziati coinvolti nel progetto, ha seguito il lancio col fiato sospeso: “È andato davvero bene, è stato perfetto, quindi si suppone non ci siano stati danneggiamenti agli strumenti. Anche se il vero momento drammatico non è il lancio, ma il ‘bip’. Un suono che si sente quando viene stabilita la connessione tra la sonda e la base terrestre, l’Esoc, che è a Darmstadt in Germania. Quando c’è la connessione la missione è andata”.

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