Tavoleto, la figlia del 70enne accusato di violenza sessuale dall’affittuaria: “Picchiata e drogata dal marito perché denunciasse mio padre”

Ingresso del Tribunale di Urbino, in via Raffaello
di VALERIO SFORNA

URBINO – “Lei mi disse che il marito l’aveva picchiata tutta la notte e drogata affinché dicesse che mio padre l’aveva violentata”. A rispondere in aula alla pm Irene Lilliu è la figlia del settantenne di Tavoleto accusato di violenza sessuale nei confronti della sua affittuaria, una donna moldava sposata. Questa mattina davanti al Tribunale di Urbino, presieduto in composizione collegiale dal dottor Massimo Di Patria, è andato in scena un nuovo capitolo del processo che vede imputato il pensionato per il reato di violenza sessuale. Oggi, oltre la figlia, sono stati ascoltati altri tre testimoni indicati dalla difesa.

Il processo nasce dopo la denuncia della donna moldava, secondo la quale tra il 2012 e il 2014 è stata costretta ad avere almeno 50 rapporti orali col proprietario di casa. Rapporti che sarebbero avvenuti in occasione delle visite del settantenne in casa della donna, quando la raggiungeva per fare piccole riparazioni, in assenza di suo marito, anche lui denunciato dalla donna per maltrattamenti. Secondo l’accusa, la donna ha subito le richieste del padrone di casa a causa di una forte debolezza emotiva, secondo quanto riferito dal medico curante in una precedente udienza, e per la sudditanza nei suoi confronti». Il timore della donna era quello di restare senza casa e di dover anche pagare quei piccoli interventi di manutenzione domestica fatti dal settantenne.

Una vicenda che si complica e si addensa di dubbi, con la contemporaneità di altri processi che coinvolgono gli stessi soggetti a ruoli inversi. Il settantenne, infatti, è parte offesa in un altro processo nei confronti della donna e suo marito, mentre la giovane moldava, oltre che aver denunciato il locatore, ha denunciato il marito per maltrattamenti.

Che la donna subisse pesanti violenze da parte del marito è il sospetto emerso anche dalla testimonianza del titolare della pizzeria nella quale lavorava la donna. Incalzato dalle domande dell’avvocato della difesa, Roberto Brancaleoni, l’uomo ha raccontato che la donna, in un’occasione, arrivò al lavoro con un vistoso livido sull’occhio: “Lei mi disse che era caduta e aveva sbattuto la testa in un mobile – ha detto il titolare della pizzeria -, ma tra il personale giravano altre voci. La stessa cognata della donna mi disse che era stato il marito a picchiarla”.

Il cugino dell’imputato ha poi aggiunto altri dettagli sulle pressioni che la donna avrebbe subito per sporgere denuncia contro il padrone di casa. È stata la mattina dell’11 maggio 2014, una domenica, che il marito della donna avrebbe scoperto il tradimento con il settantenne, come ha raccontato suo cugino in aula: “La donna, che è mia vicina, è venuta a chiamarmi a casa dicendomi che i figli stavano male. Quando arrivai da loro trovai il marito con il bambino più piccolo in braccio. Mi disse che aveva dato alla donna la ‘pastiglia rosa della verità’ e che sapeva tutto di quello che accadeva tra lei e mio cugino. Poi, dopo essere stato chiamato, mio cugino è arrivato e il marito della donna, puntandogli un coltello alla gola, lo ha minacciato. Voleva 50 mila euro a titolo di risarcimento”.

Anche la moglie del settantenne ha raccontato di quella mattina di sei anni fa, ricordando che il marito della donna era venuto a parlarle: “Diceva che sua moglie aveva fatto la puttana con mio marito e che adesso voleva soldi perché doveva divorziare. Minacciava col coltello alla gola mio marito e consigliava anche a me di divorziare. I rapporti tra noi, fino a quel momento, erano stati ottimi. Loro pagavano il canone di locazione tutti i mesi regolarmente, e spesso io o mia figlia accompagnavamo la donna dal pediatra o fare le visite a Macerata quando era incinta del secondo figlio. Spesso lei ci chiedeva perché non andasse mio marito ad accompagnarla, visto che era pensionato”.

È sempre la moglie dell’imputato a conferma che suo marito frequentasse la casa della donna, come emerso dalle riposte date all’avvocato della parte offesa: “Sì abbiamo un frutteto vicino alla casa che affittavamo – ha detto – ma gli attrezzi mio marito li teneva nella nostra rimessa. Inoltre, non andava mai di mattina. Per fare dei lavoretti in casa loro, invece, mio marito andava sempre con i tecnici”.

La figlia dell’imputato ha poi ribadito quanto fossero sereni i rapporti tra le due famiglie, ameno fino a quella domenica mattina dell’11 maggio: “Sono stati da noi dal 2010 al 2014. Io ero in ottimi rapporti con lei. La mattina dell’11 maggio, quando è venuta fuori questa storia, io volevo parlare con lei da sola, ma il marito non me lo ha permesso. Lui voleva sentire quello che ci dicevamo. Lei mi disse testuali parole ‘mi ha picchiato tutta la notte perché dicessi che ero stata violentata da tuo padre, mi ha anche drogato per farmelo dire’. Poi hanno iniziato a parlare in moldavo e sono arrivati i carabinieri che avevo chiamato, perché lui aveva minacciato mio padre arrivando coi pugni sul suo viso urlandogli ‘se non mi paghi ti taglio la gola’”.

Il tribunale, dopo aver sentito tutti i testimoni, ha rinviato all’udienza del 18 marzo 2020, alle ore 11, per la conclusione dell’istruttoria e per la discussione finale.

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