I professori urbinati che hanno accettato la sfida della didattica online

Mattia Rizzi, della 3A di Chimica dell'Itis Mattei, in videoconferenza mostra un post-it con scritto "3A-Ch mi mancate"
di GIULIA CIANCAGLINI

URBINO – In città le scuole sono chiuse ormai da dodici giorni per l’emergenza Coronavirus. Studenti e professori del liceo si stanno organizzando per spostare la didattica dalle aule alle piattaforme online. Il Ducato ha raccolto le voci di quattro professori urbinati che hanno accettato questa sfida. “I ragazzi sono nativi digitali, alle videoconferenze di gruppo partecipano sempre tutti e anche per noi è stimolante”, racconta Leonarda Santanicola, docente di lettere della Scuola del Libro di Urbino.

“Le piattaforme sono molto efficienti, ma per sfruttarle al meglio bisogna conoscerle bene”, continua la professoressa che pochi giorni fa ha spiegato alla sua classe Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino. “Mai avrei pensato di raccontarlo online, ma questa è anche un’occasione per imparare. Ho allegato un file audio così invece di leggere in classe, i ragazzi hanno potuto ascoltare direttamente il testo”. Per i professori questi strumenti sono una novità. Per stare al passo, alla Scuola del Libro alcuni esperti stanno seguendo la formazione informatica dei docenti ed è stato aperto uno sportello online, per un’ora al giorno, per chiedere un aiuto. Al liceo Raffaello molti professori per affrontare la sfida hanno comprato webcam e penne per i tablet.

Il liceo Raffaello aveva già dovuto fare i conti con la didattica online. “Lo ammetto, quest’anno non è stato un grande anno, la chiusura della scuola all’inizio dell’anno scolastico è stato un momento difficile e ora, come tutti, ci ritroviamo di nuovo a casa”, racconta Patrizia Merli, una dei tre vicepresidi del liceo di Urbino. E qualcosa era stato fatto anche nel 2012, quando per 21 giorni la neve ha costretto gli studenti a rimanere a casa. “Ma al tempo c’era meno digitalizzazione, si riusciva a fare molto meno”, commenta. Ora i ragazzi del Raffaello passano due o tre ore al giorno in videoconferenze di gruppo che durano circa quaranta minuti. In più, le piattaforme permettono la condivisione di ogni tipo di materiale: audio, fogli di calcolo, filmati, testi, immagini e podcast.

Non è possibile sapere quanti professori a Urbino abbiano accettato con entusiasmo la sfida ma la dirigente della Scuola del Libro, Bianca Maria Pia Marrè, assicura che nel suo istituto partecipano “quasi tutti” tra studenti e professori. “Ovviamente tutte le classi sono registrate nelle piattaforme online. La Scuola del Libro conta circa 720 studenti divisi in 25 classi liceali, due serali e due di perfezionamento post-diploma e le lezioni si sono spostate per tutti online – racconta la dirigente – Io mi sono fatta inserire in ognuna di queste classi e posso assicurare che stanno lavorando”.

Da qualche giorno, la professoressa Santanicola ha anche iniziato a interrogare. “Bisogna pensare che sia un colloquio, non bisogna verificare le conoscenze sterili e nozionistiche ma controllare la capacità di assimilazione e collegamento dello studente”, spiega. Un ragazzo da casa potrebbe anche sbirciare gli appunti prima di rispondere o inventarsi qualche strategia per sembrare preparato. “Ma io lo vedo e si riconosce sempre uno studente che è tranquillo mentre espone”, racconta. Le videoconferenze sono interattive, l’insegnante svolge il ruolo di mediatore e mentre spiega gli studenti silenziano il proprio microfono, ma quando sono chiamati a intervenire lo riaccendono insieme alla telecamera. “Le chiamate virtuali di gruppo comunque dovrebbero essere soltanto il momento per spiegare e organizzare il lavoro della settimana”, racconta la professoressa Santanicola.

“I ragazzi ci dicono sempre che vogliono tornare a scuola – racconta Alessandro Panaroni, professore di chimica dell’Itis Matteis –  per la prima volta vedo i ragazzi che si rendono conto che, quando non ci si può andare, si sente la mancanza della scuola”. E le classi, anche a distanza, rimangono nuclei uniti: alcuni studenti hanno mostrano in videoconferenza delle fasce con scritto “Ciao ragazzi vi voglio bene” o “Voglio tornare a scuola”.

Sono contenti di incontrarsi online ma stanchi di stare a casa. “Vogliono tornare alla normalità – racconta la vicepreside del Raffaello – e per loro normalità è sinonimo anche di scuola”. Le ore in videoconferenza oscillano tra le due e le cinque a seconda degli istituti ma l’idea è quella di riorganizzare gli orari di lezione. “Il professore che ha sempre avuto lezione dalle 13 alle 14 ha difficoltà perché spesso a quell’ora i ragazzi mangiano con le loro famiglie”, spiega Panaroni.

E per alcuni studenti sembra che non ci sia un limite. “Molto spesso i ragazzi ci dicono che non sono mai sicuri di aver completato un lavoro – spiega Benedetta Lazzarini, professoressa di matematica del liceo Raffaello e animatrice digitale dell’istituto – perché non hanno un’ora stabilita per ogni materia. Manca una routine e un tempo libero. A volte ho trovato online ragazzi anche dopo la mezzanotte”.

Le piattaforme più usate sono Moodle, scelta anche dall’Università di Urbino, e le applicazioni proposte da Google, come GoogleClassroom o GoogleMeet. “L’importante è non rimanere bloccati su un solo strumento, perché in questo periodo a volte hanno dei problemi dovuto al numero di persone collegate nello stesso momento “, raccomanda Panaroni. Alcuni istituti, come l’iris Mattei, partono avvantaggiati nella sfida. “I ragazzi di informatica sono molto capaci digitalmente e hanno cominciato subito”, racconta il professore. Al Raffaello, invece, secondo l’animatrice digitale, i ragazzi sono abituati a usare gli strumenti in maniera ripetitiva e trovano qualche difficoltà nelle competenze più concrete. “Magari sanno usare benissimo i social network ma non sanno allegare un file per mail”, spiega.

Ieri mattina Panaroni ha fatto lezione con una classe del quarto anno di chimica. “Sono stati puntualissimi anche se abbiamo iniziato alle 8.30 di mattina”, dice. Il docente è in videoconferenza per tre ore al giorno ma racconta che l’idea è quella di aumentare le ore di connessione live dato che la chiusura delle scuole è stata prolungata. “Non vedere i ragazzi e i loro feedback. Questa è la mia più grande difficoltà”, ammette il professore di chimica.

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