Urbino, le tubature fanno acqua: quasi il 60% si disperde

foto di Rossella Rappocciolo
di ROSSELLA RAPPOCCIOLO

URBINO – Poco meno del 60%. È questa la quantità di acqua potabile che si perde nell’intricata rete di tubature prima di arrivare ai rubinetti delle case di Urbino. Nella provincia nessun’altra città ne spreca così tanta. Nel frattempo, anche gli agricoltori sono in difficoltà per la carenza di acqua nell’anno più siccitoso dal 1945.

L’allarme degli ambientalisti

“L’acqua sembra non bastare mai” si legge in un recente comunicato firmato dall’associazione ecologista Lupus in fabula insieme alle Guardie giurate del Wwf e al Gruppo d’intervento giuridico. “Nel corso dei decenni – denunciano – un’agricoltura con poche regole ha inquinato pesantemente le grandi falde delle aree di pianura, nelle basse valli del Foglia e soprattutto del Metauro. Per risolvere il problema, la politica di allora ha fatto la cosa più semplice: è andata prendere l’acqua dove c’era, ovvero sulla montagna del Nerone. Ora, le stesse forze economico-politiche che hanno condotto a questa situazione ripropongono la solita ricetta: prendiamo quel che c’è, finché c’è”. 

E proprio dalle sorgenti del monte Nerone proviene l’acqua potabile distribuita a Urbino. Le perdite di rete si spiegano, in parte, anche con il fatto che la città è arrampicata su un’altura di 451 metri. Ma il servizio idrico, che sul territorio è gestito da Marche Multiservizi, “risente soprattutto della scarsa manutenzione della rete di tubature” ha affermato Giuseppe Dini, coordinatore regionale del Wwf, intervistato dal Ducato. In effetti Urbino è – tra i Comuni con più di 10.000 abitanti – la città meno virtuosa nella provincia, con il 58.3% di dispersione di acqua potabile a fronte del 41% provinciale, secondo l’elaborazione Openpolis su dati Istat. Molto meglio Pesaro (33.6%) e Fano (30.5%), in linea con la media regionale del 34.1%.

Contro lo spreco dell’acqua potabile

Ci sono le inefficienze della rete e ci sono gli sprechi domestici. “Mancano le campagne di sensibilizzazione contro lo spreco dell’acqua” ha detto al Ducato Luca Orciani dell’associazione Lupus in fabula. “Servirebbero, poi, adeguati controlli da parte delle forze dell’ordine sul rispetto delle ordinanze volte al risparmio d’acqua”. Politiche che non spettano al gestore del servizio idrico Marche Multiservizi, ma all’Aato – Assemblea di ambito territoriale ottimale – cioè all’insieme dei comuni del comprensorio, secondo Dini. “Il servizio deve essere in tutto e per tutto pubblico, solo così può essere rivolto veramente al cittadino”. 

“I cittadini vanno sensibilizzati verso un consumo congruo e consapevole – ha dichiarato al Ducato il sindaco Maurizio Gambini – ma il problema va affrontato attraverso un programma serio di ripristino delle reti e di implementazione dei bacini di approvvigionamento, argomento che i Comuni dovranno discutere in seno all’Aato, promuovendo anche un dialogo costruttivo con il gestore”. Intanto il Comune fa sapere che predisporrà un’ordinanza per limitare il prelievo dell’acqua pubblica per utilizzi quali l’irrigazione di orti, prati e giardini privati, il lavaggio di cortili o automobili, il riempimento di piscine e altri consumi diversi da quello alimentare e per l’igiene personale.

Ancora meno acqua a causa della siccità

L’arrivo della stagione più calda è un’ulteriore motivo di preoccupazione. Già provati dalle conseguenze della pandemia da Covid-19, gli agricoltori si sono trovati ad affrontare anche un anno molto difficile dal punto di vista climatico. “Per trovare un primo semestre così siccitoso bisogna andare indietro fino al 1945” ha detto Piero Paolucci dell’Osservatorio meteorologico Serpieri di Urbino. “In questo giugno ci sono stati solo 2,8 millimetri di precipitazioni a fronte di una media di più di 60. Complessivamente è da un anno e mezzo che se ne osserva una carenza preoccupante”. 

Proprio a causa della siccità la Regione Marche ha dovuto imporre disposizioni restrittive circa il prelievo di acqua pubblica nel territorio di Pesaro e Urbino. Fino al 15 ottobre non si potrà più usufruire dei corsi d’acqua nel tratto compreso tra l’invaso del Furlo e la foce del Metauro (inclusi il Candigliano e i relativi affluenti). Una batosta per gli agricoltori locali che devono trovare soluzioni alternative per l’irrigazione dei campi.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra e di terze parti maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi