Tribunale di Urbino, triplice processo per diffamazione e oltraggio a pubblico ufficiale

Tribunale di Urbino
di ROSSELLA RAPPOCCIOLO

URBINO – “Stavo disputando la finale del torneo femminile di tennis a Urbino, quando in campo ha fatto irruzione il signor Angeloni imprecando contro di me e appellandomi ‘signora quattro scopate’. Tra il pubblico erano presenti anche mio marito e mia figlia”. Questa la testimonianza della parte offesa nel primo dei tre processi a carico di Massimo Angeloni che si sono tenuti oggi nell’aula del tribunale di Urbino presieduta dalla giudice Alessandra Conti. L’accusa nei confronti dell’uomo, presentata dal pubblico ministero Enrica Pederzoli, è quella di diffamazione con recidiva.

I fatti risalgono al 14 giugno del 2019, ma non è la prima volta che la teste si è sentita offesa dall’uomo. “Mi sono trovata ad affrontare ancora la paura – ha affermato la donna – anche solo di incontrare il signor Angeloni per caso. È già da tre anni che ho paura ed evito di frequentare i luoghi dove so che potrei incontrarlo, non vivo più tranquilla”. Dalle testimonianze si è capito che i due avevano avuto una relazione di qualche mese nel 2015, fino a quando il marito di lei aveva scoperto l’adulterio. Così la donna aveva deciso di interrompere la relazione, ma sembra che l’uomo non lo avesse accettato. “Ho sporto denuncia per stalking contro il signor Angeloni perché in agosto del 2016 lui mi ha insultata pubblicamente in un paio di occasioni”.

Questa volta invece Angeloni è accusato di diffamazione. Secondo le testimonianze, l’uomo ha interrotto la partita di tennis ed ha iniziato a inveire contro la donna e contro un ignoto signore di Fermignano, a bestemmiare e a lanciare per il campo da gioco volantini dal contenuto incerto. “Dagli insulti e dai volantini – ha detto il marito di lei – si capiva che il signor Angeloni la accusava di intrattenere una relazione con un altro uomo. Mia moglie ora non frequenta più il circolo di tennis ed è in psicoterapia a causa di questo evento”. L’evento sarebbe stato ripreso da una delle persone presenti alla partita di tennis che ha rilasciato la sua testimonianza.

Nella stessa serata, poi, la donna, insieme al marito, si è recata al commissariato per sporgere denuncia, ma Angeloni si è presentato nello stesso luogo urlando e imprecando contro le forze dell’ordine. Almeno è questo il fatto che gli viene contestato nel secondo processo che l’uomo, difeso dall’avvocato Roberta Martelli, ha dovuto affrontare in giornata. A testimoniare anche il sostituto commissario Flavio Salvi. “Quando la signora e il marito sono venuti a denunciare i fatti – ha affermato -, io ho sentito provenire dall’esterno del commissariato urla e bestemmie. Il signor Angeloni continuava a suonare il citofono rendendo impossibile la nostra attività. Non ho mai ricevuto così tanti oltraggi e anche qualche minaccia. Abbiamo dovuto chiamare il 118 per il suo stato di alterazione e anche una volante di Pesaro in supporto”. Anche in questo caso il fatto è stato ripreso, per mezzo delle telecamere esterne al commissariato.

Angeloni, visibilmente contrariato, soprattutto durante la deposizione di Salvi, non ha potuto rispondere personalmente delle accuse in questa sede, ma potrà presentare la sua versione dei fatti nei seguiti di entrambi i processi. Così come potrà farlo anche per i fatti contestatigli nel terzo processo della giornata a suo carico, sempre per oltraggio a pubblico ufficiale, la cui prossima udienza è fissata per ottobre. Difeso dall’avvocato Andrea Guidarelli, Angeloni è stato accusato di aver oltraggiato e insultato l’Arma dei carabinieri, così come ha testimoniato, tra gli altri, il comandante Renato Puglisi. “Ci ha chiamato ‘fascisti’ – ha spiegato – e ci ha appellato anche in modi peggiori che non vorrei ripetere. Al grande vociare dell’imputato tanti colleghi sono sopraggiunti davanti alla caserma e alla fine abbiamo dovuto chiamare il 118”. Il fatto è successo il 13 settembre del 2018 a causa, almeno secondo quanto ha fatto trapelare da Guidarelli, dell’alterazione di Angeloni per una misura cautelare impostagli in precedenza.

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