Libertà di stampa, presidente Fnsi: “Aggredito il pensiero critico”

di DAVIDE FANTOZZI

URBINO – Si celebra oggi la giornata mondiale per la libertà di stampa. “Il termometro della salute democratica di un Paese”, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il presidente della Federazione nazionale stampa italiana, Giuseppe Giulietti, la pensa allo stesso modo, soprattutto se si osserva la situazione contemporanea. “Crescono le minacce ovunque – ha detto ai microfoni di Radio Ducato – i dati del Consiglio d’Europa parlano di un aumento del 41%, i dati del Ministero degli interni del 42%”. Uno scenario che non può fare a meno di destare preoccupazione per la professione. “La geografia del bavaglio e dell’assassinio si è estesa – avverte – e comprende non solo Russia, Ucraina, Bielorussia e Siria, ma anche Etiopia, Somalia, Egitto, Turchia, Messico e Colombia”. Questo è un allarme chiaro per il presidente della Fnsi, perché “significa che nel mondo c’è un’aggressione al pensiero critico”.

IL DUCATO · L’intervista integrale al presidente Fnsi

 Il ritorno è in favore del sovranismo estremista, che per il suo funzionamento prevede “il capo e la folla”. Chiunque si faccia mediazione, in tale accezione, che sia “il Parlamento, i sindacati o le parrocchie, diventa un nemico”. Giulietti fa l’esempio degli inviati e delle inviate che raccontano degli eccidi in Ucraina, pericolosi per coloro che detengono il potere. Di fronte alle numerose notizie false, il ruolo del mediatore è “devastante per chi ha bisogno del buio per concludere le proprie trame”.

INVIATI DI GUERRA – “Così raccontiamo l’invasione russa”

Anche l’utente deve ricercare la qualità

Non ci si può però aspettare che faccia tutto il giornalista. Anche i lettori e gli spettatori “devono imparare a scegliere”. Preferire i siti anonimi o senza indirizzo a quelli certificati è una responsabilità del destinatario, che decide la sua dieta informativa. Come i siti “gridati” e indignati, che facendo leva sull’emotività anziché sulla ragione stimolano risposte immediate (like, commenti e condivisioni) sui social. Quello che colpisce Giulietti, per sua stessa ammissione, è il fatto che chi si trova a raccontare la guerra in Ucraina lo fa “senza retorica, in modo asciutto e con molti fatti. Poi se si vedono alcuni talk show con interviste senza domande e opinionisti a tariffa privi di competenza. Quelli sono i luoghi più inquinati, dai quali – per il presidente della Fnsi – è meglio stare lontani”.

Evidente il riferimento all’intervento del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov sulla trasmissione di Rete 4, Zona bianca. “Non c’è stata nessuna intervista, sembrava quasi una cosa concordata con l’editore di Mediaset”, afferma Giulietti. “Io sono contro ogni bavaglio, ma se chiami un uomo come Lavrov le domande gliele devi fare” prosegue, ma poiché il ministro “è uno che non vuole le domande, è stato concordato un comizio, altrimenti non ci sarebbe andato”. Il sospetto è che, visto il risultato più simile al comizio che all’informazione critica, “sarebbe stato meglio evitarlo”. Il giornalista ammette di avere una sua “idea della Costituzione. Ad esempio, non credo alla par condicio tra fascismo e antifascismo, tra ebrei e nazisti. Non ho mai ritenuto di dover sentire voci in palese dissonanza con la Costituzione”.

Provvedimenti prima del “giorno del pianto”

Il ruolo di chi ricerca la verità è quello, a volte, di mettere in prima linea se stesso, con grandi rischi. Anche se Giulietti preferirebbe “che non fosse a costo della vita. Vorrei che gli stati, a cominciare da quello italiano, facessero il loro mestiere”. La denuncia del presidente della Fnsi è che, nonostante le dichiarazioni di solidarietà, “le croniste e i cronisti precari impegnati in Ucraina non hanno un’assicurazione pubblica a carico dello Stato. Se succedesse loro qualcosa resterebbero soli con le loro famiglie”. La legge sull’equo compenso avrebbe delle lacune, perché gli inviati “sono pagati talvolta 5, 7 o 10 euro lordi”.

La colpa delle istituzioni è di “solidarizzare senza fare”, accusa. I provvedimenti dovrebbero “arrivare il giorno prima, non il giorno dopo”. Oggi, in occasione della giornata mondiale sulla libertà di stampa, “abbiamo gridati i nomi di chi non c’è più, affinché non si debba aspettare il giorno del pianto”. In chiusura, Giulietti parla di “un fronte trasversale che non permette norme a tutela dell’editoria e dei cronisti, perché evidentemente non ha nel cuore l’articolo 21 della Costituzione”.

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