Duca Federico, lo storico dell’arte D’Orazio: “La bellezza per il prestigio politico”

di ENRICO MASCILLI MIGLIORINI

URBINO – A seicento anni dalla sua nascita, si continua a parlare del duca di Urbino. Insieme a Urbino, tutto il mondo dell’arte a giugno ricorderà il condottiero-mecenate, duca dell’unico territorio delle Marche Vaticane che fu indipendente dal papa. Lo storico dell’arte e saggista Costantino d’Orazio, autore tra gli altri di Raffaello segreto, racconta al Ducato perché Federico da Montefeltro è ancora così importante.

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Secondo gli storici, il vero principe del Rinascimento è Federico da Montefeltro e la capitale è Urbino, è vero?

Non posso che sottoscrivere. L’esempio di Federico ancora oggi rappresenta quello che può fare un uomo da solo. Lui capisce, ed è la prima volta dopo l’Impero romano, che il gusto e l’arte, possono diventare un veicolo per affermare il prestigio a livello internazionale: così ne fa un sistema. Con lui Urbino è una delle capitali d’Europa, solo per volontà di un uomo. La differenza rispetto all’altra capitale, Firenze, è enorme. Nella città toscana c’è una comunità che sceglie il Rinascimento come lo stile che meglio rappresenta l’ideale di costume che intende avere, e in quanto società lo promuove e lo sostiene. Ma Federico è da solo e lo fa prima.

Costantino D’Orazio

 Come ci è riuscito?

Federico da Montefeltro aveva una visione internazionale. Dialogava con l’Europa da un piccolo centro, cosa che è mancata a tante grandi città italiane. La famosa frase di Baldassarre Castiglione, che “Urbino è una città in forma di palazzo”, è valida perché è la concretizzazione di uno stile di vita: un luogo che non vive senza il suo capo. Nel Quattrocento Federico trasforma il regime monarchico in un ideale politico sotto il quale si raccoglie una comunità, un fatto molto moderno. Ha avuto la capacità di creare un centro vivo, che aveva come perno il territorio. Lo fa portando in città di dipinti di Gentile da Fabriano, o chiamando a corte artisti del calibro Piero della Francesca, fatto venire dalla Toscana.

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E allora come mai quando si parla di Rinascimento il pensiero va subito a Firenze?

Perché Federico era unico e i suoi successori non furono in grado di emularlo. In questo senso il trasferimento della sua enorme biblioteca e della sua salma da Urbino a Firenze nel Seicento fu un gesto simbolico molto forte. In più, viviamo un problema di prospettiva. Si è affermato il pensiero che l’arte sia composta da una trinità divina: Leonardo, Michelangelo e Raffaello, che tra l’altro era di Urbino. Firenze ha riscosso più successo perché se si vogliono ammirare le opere dei grandi è lì che bisogna andare, dove ci sono tracce tangibili. Urbino è e sarà una città d’arte.

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E nel futuro Urbino potrà ancora vivere di arte?

Certo, ora c’è bisogno di uno sforzo di comunicazione, partendo proprio da questo seicentenario. Tutto quello che dico è scritto sui libri, ma deve diventare reale. Urbino non ha alternative se non vivere di cultura: non ha una squadra in Serie A e non ha mare. Anche se con il 1900 e la globalizzazione Urbino è tornata ad essere periferica, deve riaffermare la sua preminenza nel Rinascimento. Ne è la vera culla. Proprio a partire dagli studenti e dalle università, dobbiamo pensare che quando si cammina a Urbino ci muoviamo in un’opera d’arte: nella vera “Città ideale”. Bisogna promuovere Urbino perché quando si è lì si è parte di un’idea: quella di Federico.

About the Author

Enrico Mascilli Migliorini
Irpino innamorato del mare parlo solo e volentieri di musica. Nasco nel 1994 e mi laureo in Storia con una tesi sulla censura e il primo catalogo dei libri proibiti nella triennale a Firenze. Nella tesi di laurea magistrale a Bologna studio il popolo rom, detto zingaro, diventato parte integrante della mia vita soprattutto grazie al progetto CNR-UE Municipality 4 Roma.

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