Suicidio assistito, l’appello di Fabio Ridolfi da Fermignano: “Stato, aiutami a morire”

Fabio Ridolfi davanti allo schermo su cui scrive con un puntatore oculare, nel video dell'associazione Luca Coscioni

FERMIGNANO –  “Gentile Stato italiano, aiutami a morire”. Questo è l’appello che Fabio Ridolfi, 46 anni, di San Silvestro, una frazione di Fermignano, ha lanciato in un video rilasciato dall’associazione Luca Coscioni.

“La mia condizione sempre più insostenibile”

Ridolfi è immobilizzato a letto da 18 anni, a causa della tetraparesi da rottura dell’arteria basilare, una patologia irreversibile che gli impedisce qualunque movimento e lo costringe a letto. L’unico movimento che gli è possibile è quello degli occhi, che sono diventati il suo strumento di comunicazione con il mondo esterno.

Nel video lo si vede usare un puntatore oculare per scrivere sullo schermo. Ridolfi è nella sua stanza a Fermignano, sdraiato immobile su un letto e circondato da bandiere della Roma mentre racconta che “ogni giorno la mia condizione è sempre più insostenibile”.

Nessuna risposta dalla Regione

Ridolfi ha chiesto aiuto alla Luca Coscioni “per potere terminare la propria vita senza soffrire”, si legge nel comunicato dell’associazione. Ha quindi inoltrato una richiesta per poter accedere al suicidio assistito all’Asur Marche, che ha attivato le verifiche previste dalla sentenza della Consulta e ha sottoposto Ridolfi a tutte le visite mediche del caso.

La relazione medica finale è stata inoltrata al Comitato etico il 15 marzo scorso. L’uomo non ha ancora ricevuto un parere, “né sulle sue condizioni né sulle modalità per poter procedere con suicidio medicalmente assistito”, spiega l’associazione.

Mina Welby: “Sta dando un senso alla sua vita”

La storia di Fabio si intreccia anche a quella di Mina Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni e da sempre in prima linea per il diritto al fine vita. Come ha spiegato al Ducato, Welby ha conosciuto Ridolfi, “fin dall’inizio della sua battaglia, ma a quei tempi c’era poco da fare. Poi lui e la sua famiglia mi hanno ricontattata due anni fa, ne sono stata felice, e abbiamo potuto cominciare a costruire un percorso”.

“È una grande persona – continua – sono felice che sia riuscito ad avere ascolto, ogni persona ha diritto ad autodeterminarsi fino alla fine. La sua famiglia accetta la sua volontà, per cui sarà molto facile per lui compiere questo passo”.

“Ognuno di noi – conclude – dà senso alla vita per come riesce a farlo. Credo che Fabio lo abbia dato così, con ciò che sta facendo. E lo ringrazio per aver resistito alla sofferenza ed essersi lasciato vivere. E noi lo ricorderemo sempre, come gli altri due eroi marchigiani che hanno aperto la strada”.

Terzo caso nelle Marche e in Italia

Si tratta infatti del terzo caso di richiesta di suicidio assistito in tutta Italia: i primi due casi riguardavano altri due marchigiani, quelli di Mario e Antonio, nomi di fantasia dei altri due richiedenti affetti da tetraplegia. Nel caso di Mario, è arrivato il parere positivo del Comitato, mentre Antonio è ancora in attesa.

“Il ritardo dell’Asur nel rispondere alla sua richiesta, in violazione degli obblighi di legge, comporta sofferenze che per Fabio sono da anni  insopportabili”, hanno dichiarato l’avvocata Filomena Gallo, legale dell’associazione Luca Coscioni, e Marco Cappato, segretario nazionale e tesoriere dell’associazione.

Sul punto ha lanciato un appello anche Mina Welby: “Vorrei dire a chi deve giudicare su queste persone di mettersi nei loro panni, nei panni di una persona che non può nemmeno strillare: ‘Aiuto, ho una zanzara che mi pizzica sul piede’. Per non parlare di dolori molto più forti”.

About the Author

Cecilia Rossi
Nata e cresciuta nelle Marche, studio a Urbino, dove mi laureo in Comunicazione con una tesi sull'involuzione autoritaria in Ungheria. Ho vissuto per sei mesi a Bruxelles, dove non ho migliorato il mio francese, ma in compenso ho studiato un po' di economia. La maggior parte del tempo leggo libri, lavoro a maglia e mi perdo nei documentari.

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