Referendum giustizia, come ha votato Urbino. Vince il sì ma non in tutti i quartieri

di MARIA ELENA MARSICO

URBINO – Il quorum non è stato raggiunto e il referendum sulla giustizia ha registrato una storica débâcle a livello nazionale: soltanto due elettori su dieci sono andati a votare. Il dato più basso della storia della Repubblica. Quasi ovunque ha vinto il Sì a tutti e cinque i quesiti: abrogazione della legge Severino sull’incandidabilità, custodia cautelare, separazione delle carriere, valutazione dei magistrati, firme per la candidatura al Consiglio superiore della Magistratura. Anche a Urbino, dove si è registrata un’affluenza del 16,45% – sotto quella nazionale del 20,9% -, a vincere è stato il Sì nel conteggio totale dei voti. Ma come è accaduto in tutta la penisola, anche nella città ducale il margine tra il Sì e il No per i primi due quesiti, che avevano come focus la politica e la sicurezza, è stato più risicato rispetto alle materie più tecniche che riguardano il funzionamento della magistratura. E, in alcuni seggi, il No ha prevalso. Anche a Torino, Napoli e Modena, ad esempio, si è registrata la vittoria del No in questi casi.

Sono due le sezioni in cui sono piovuti “No” ai primi due quesiti: nel seggio 8 del Palazzetto dello Sport “Carneroli” e nel 10 a Cavallino. Nella sezione 15, a Torre, e in quella 16, a Canavaccio, il No ha vinto soltanto nel primo quesito, l’abrogazione della legge che porta il nome dell’ex ministra Paola Severino.

Un Sì schiacciante per cambiare la magistratura

Tre quesiti su cinque hanno ottenuto una netta vittoria del Sì. A Urbino, come nel resto d’Italia, si supera il 70% di preferenze. A differenza dei primi due, toccavano – e miravano a cambiare – direttamente alcuni meccanismi che regolano il funzionamento della magistratura e la carriera dei giudici. Chi ha votato sì alla separazione delle carriere dei magistrati, alle firme per il Csm e alla valutazione dei magistrati voleva ‘colpire’ le toghe: abrogando la possibilità di poter passare da giudice a pm e viceversa; consentendo anche a membri “laici” (professori e avvocati) di partecipare alla valutazione dei magistrati; togliendo l’obbligo della raccolta firme per presentare la propria candidatura al Csm (per combattere la logica delle correnti). Scandali e abusi che hanno interessato l’organo di autogoverno della magistratura hanno alimentato la volontà di riformarlo.

Alla luce dei risultati delle comunali, che hanno visto il successo di Fratelli d’Italia e il sorpasso sulla Lega, alcuni analisti hanno letto un parallelismo tra l’esito del referendum e la posizione espressa da Giorgia Meloni. Se, infatti, il Carroccio e Forza Italia spingevano per i cinque sì, la leader di FdI ha dato indicazioni di voto contrario proprio all’abrogazione della legge Severino e all’eliminazione delle misure cautelari per il rischio di reiterazione dello stesso reato. Mentre ha appoggiato il Sì per gli altri tre quesiti. A fronte, poi, di un’astensione così alta – probabilmente dovuta alla difficoltà della materia, a un atto di protesta, alla domenica al mare – chi ha votato Sì era motivato a voler cambiare la magistratura. Di destra o di sinistra che fosse.

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