Orto Botanico, tra le piante le sculture di “InFinito”, l’arte del connubio uomo-natura

di GUGLIELMO MARIA VESPIGNANI, foto di SARA SPIMPOLO

URBINO – All’ombra di un tardo pomeriggio d’estate si apre una porta, nel cuore del centro storico di Urbino, che svela la forma che la città dona a un legame indissolubile, quello tra uomo e natura. È il tema della mostra “InFinito”, inaugurata oggi all’Orto Botanico di Urbino. Un itinerario artistico fatto di 29 sculture, inserite tra arbusti, alberi da frutto e piante officinali. Le hanno modellate trenta studenti dell’Accademia di Belle Arti di Urbino coinvolti, allievi dei corsi di Scultura (triennio), Plastica Ornamentale e Tecniche Plastiche Contemporanee.


Da oggi fino al 15 settembre, per i cittadini, i turisti e tutti gli studenti dell’Università di Urbino, anch’essa coinvolta nell’organizzazione, l’occasione di assistere all’incontro tra forme naturali e forme artistiche, a partire da suggestioni filosofiche e poetiche, che hanno ispirato gli allievi nella formazione delle loro opere.

Le opere

Scese le scale ed entrati nel percorso all’interno dell’Orto Botanico, ci si imbatte in un deciso ma delicato odore di menta. Questo è l’attributo di sensorialità che Arianna Pallotta, studentessa del secondo anno di Accademia, dona alla sua scultura, chiamata Anapana Sati, come un rituale buddhista di respirazione.

Arianna Pallotta accanto alla sua opera, Anapana Sati. Foto di Sara Spimpolo

I contenitori di terracotta decorata riempiti di sciroppo di menta e oli essenziali, ed il loro contrasto di colori e forme rispetto alla forma originale di una pianta semplice come la menta, sono un omaggio all’olfatto, senso da lei particolarmente apprezzato, racconta, e alla sua famiglia, che da sempre ha utilizzato questa pianta per fare infusi e cure.

Ben diverso è invece l’odore che, poco più in là, si dischiude da una grande sacca di plastica accartocciata e nascosta in un canneto. È l’istallazione di Gianluca di FrancescoParadiso.

Gianluca di Francesco vicino a Paradiso. Foto di Guglielmo Maria Vespignani

La scelta qui è di ribaltare la centralità dell’uomo rispetto alla natura, a vantaggio di quest’ultima: l’istallazione rappresenta un cadavere nascosto nella giungla, cosparso di maleodorante succo di pomodoro come fosse il sangue di un corpo senza vita, ucciso dalla foresta. Un luogo, spiega Gianluca, dove l’uomo non dispone della decisione sull’ordine e la posizione delle cose, e che quindi ci costringe a ricercare ciò che non è in alcun modo evidente.

Poco più in là si trova la scultura in stoffa realizzata da Eleonora La Porta, Organo.

La scultura Organo. Foto di Sara Spimpolo

La sua rappresentazione di un cuore umano istallato nello spazio dell’Orto Botanico dedicato alla pianta Datura tenta di mettere in sinergia la vitalità delle piante con quella degli esseri umani. Una connessione imprescindibile, secondo Eleonora, che colloca l’essere umano in un rapporto di interdipendenza con la natura circostante.

Un luogo di congiunzione

Riflessioni, quelle degli autori, che conferiscono alla mostra un forte sostrato teorico: al cospetto di un folto numero di partecipanti (circa 200 persone), il professor Maurizio Guerri, docente di Estetica all’Accademia, illustra l’evento a partire proprio dai suoi connotati filosofici: “L’abbinamento tra arte e natura rimanda subito alla figura di Goethe – dice Guerri – in quanto l’intero sforzo della sua vita è stato quello di riavvicinare le forme naturali alla tecnica. Così, anche qua a Urbino, l’orto botanico diviene luogo di congiunzione di questo binomio. Un qualcosa che l’uomo costruisce, ma fino a un certo punto, poiché le piante hanno una loro autonomia, formale e sostanziale”.

Questa idea di indipendenza delle forme naturali si trova anche C24Z, istallazione in ceramica di Irene Nunziato, studentessa al primo anno di Accademia che realizza una scultura in argilla ispirata alle rocce modellate dall’acqua, elemento fondamentale per la vita. Al contrario, l’opera Pianta Onnivora dello studente di scultura Adrian Joita è la scultura di una pianta che si evolve assumendo sembianze umane, come rappresentazione dell’allontanamento dell’uomo dalla natura dovuto ai tanti cibi artificiali che consumiamo. Due opere la cui genealogia si può trovare nel catalogo online della mostra, assieme a tutte le altre.

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Un valore aggiunto

Un’occasione che diventa quindi non solo di produzione, ma anche di approfondimento. Giancarlo Lepore, docente di Scultura e autore e curatore della mostra, conferma i tratti tracciati da Guerri e spiega anche le ragioni dietro questo lavoro: “Per noi si tratta soprattutto di un’esercitazione. Noi siamo un’istituzione di formazione e per i nostri studenti è importante misurarsi con cose reali, in particolare in questo periodo storico, in cui stiamo vivendo un profondo scollamento con la realtà. Il lavoro dell’artista è anche essere spinti da interesse, cultura e spirito, e in questo luogo pieno di spunti questa cosa riesce in maniera particolarmente facile”.

Un evento che, senza dubbio, riafferma fortemente anche il rapporto tra produzione accademica e città. Ne è convinta anche la direttrice dell’Orto Botanico Donata Ricci, che sostiene che “la mostra è un valore aggiunto per una struttura di per sé già notevole, e noi siamo felici di accoglierla”.

About the Author

Guglielmo Maria Vespignani
Nato nel 1991 ad Ancona, sono cresciuto a Jesi e mi sono diplomato al Liceo Classico Vittorio Emanuele II. Laureato in Filosofia nel 2015 all'Università di Bologna, ho successivamente diviso la mia vita tra sport e impegno sociale.

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