di MARIA CONCETTA VALENTE
URBINO – Che Papa Francesco sia entrato nel cuore di tutti lo dimostra l’ansia diffusa che si cela attorno alle sue condizioni di salute. Da 20 giorni gli occhi del mondo sono rivolti a quella stanza al decimo piano del Policlinico Gemelli di Roma, dove il pontefice è ricoverato in prognosi riservata. I bollettini medici giornalieri dettano il tempo, attesi quanto quelli del Covid-19 ai tempi della pandemia. Per l’arcivescovo emerito di Urbino Giovanni Tani questo sentimento di apprensione “è un segnale molto bello, fa capire come Bergoglio sia riuscito nell’obiettivo di unire nella sua figura tutta la Chiesa”.
Monsignor Tani lo ha conosciuto personalmente Papa Francesco. Ce lo racconta in videochiamata, in collegamento da Roma. “Di lui ho sempre apprezzato la franchezza, è un uomo libero”, dice sorridendo. La sua forza, per l’Arcivescovo emerito, è il rapporto che ha costruito con i fedeli, fatto di presenza e discorsi chiari e diretti, non sottraendosi mai alla stampa. Bergoglio non ha fatto mancare il suo appello alla pace neppure durante il ricovero. “Da qui la guerra è ancora più assurda”, ha scritto nell’Angelus di domenica 2 marzo. “Comunicazioni molto brevi, quasi dei bigliettini – osserva monsignor Tani – eppure con poche parole riesce a colpire il segno”.
Nel 2013 intervistato dal Ducato Tani, allora vescovo di Urbino, aveva parlato di un “effetto Francesco”. A otto mesi dall’insediamento del pontefice le confessioni in città erano aumentate. “Ricordo che in cattedrale c’era un buon flusso”. Un trend rimasto nel tempo. La domenica Tani confessa in una parrocchia vicino San Pietro e nota una grande partecipazione: “Siamo in tre a confessare per due-tre ore consecutive”.
Ai molti che in questo momento pensano al futuro della Chiesa, l’arcivescovo emerito dice: “Vivete nel presente, giorno dopo giorno, e sostenete la guarigione del pontefice con la preghiera affinché possa tornare presto al suo servizio”.