Coronavirus e media, presidente OdG Elisei: “Psicosi? Sì, siamo in parte responsabili”

di NICCOLÒ SEVERINI

ANCONA – “Siamo in parte responsabili, ma non del tutto responsabili”, ha chiuso così il suo intervento Franco Elisei, presidente dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche all’incontro per un confronto tra operatori sanitari e giornalisti per individuare il linguaggio corretto in questo periodo di apprensione, generato dal Coronavirus. L’evento “Media e Coronavirus”, organizzato nella sala Totti dell’ospedale regionale di Torrette di Ancona, puntava su alcune semplici parole chiave: prevenzione, allarme, precauzione, psicosi e prudenza.

Elisei fa mea culpa per la categoria giornalistica, rea secondo lui di aver sovraccaricato la notizia di pathos e creando eccessivo allarmismo tra i cittadini. Nei giorni scorsi, ci sono stati diversi titoli di giornali “urlati”, per acchiappare il lettore, decisamente sproporzionati per la situazione, secondo lui. Porta ad esempio dei casi: “’Mezza Italia in quarantena’ titolava Repubblica, esagerato. Così vogliamo far passare il messaggio che trenta milioni di italiani sono in quarantena?”. O ancora: “’Italia infetta’ de Il Giornale o ‘Contagi e morte, il virus è tra noi’ de Il Tempo. Sono esagerazioni – continua Elisei – anche questo argomento, poi, è l’occasione per fare polemica politica che non guasta mai”.
L’autorità giudiziaria pensa di sporgere denuncia contro cinque quotidiani (Il Giornale, Libero, Il Giorno, Il Messaggero e La Repubblica) per procurato allarme.

I titoli dei giornali a rischio denuncia

Ma come combattere la cattiva informazione? Elisei ha indicato le linee guida. “Innanzitutto non bisogna mai distaccarsi dall’attinenza alla verità dei fatti. Poi, verificare e citare le fonti, perché solo così la notizia è attendibile e fuori di dubbio e quindi utile per il lettore – ha continuato il presidente dell’OdG Marche – poi è necessaria la continenza espressiva e, soprattutto, nei titoli per non creare allarmismo”.

Ed è proprio da questo linguaggio dei media che Elisei si pone degli interrogativi che possono insediarsi tra i cittadini: è il paziente a essere a rischio o il sistema sanitario? La mobilità coincide con la pericolosità? Le misure sono appropriate? “Se non andiamo nella stessa direzione degli esperti del settore sanitario generiamo solo confusione – ha concluso – quindi siamo in parte responsabili, ma non del tutto responsabili”.

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