Acquerelli da tutto il mondo celebrano Urbino. Raffaello e il Montefeltro in oltre 500 opere

La direttrice artistica del festival, Soha Khalil
di DAVIDE FANTOZZI

URBINO – “Con la tristezza di molte cose, questo ci da colore”. È la frase con cui Lara Diotallevi, addetta all’accoglienza all’International festival organizzato dall’associazione Urbino in Acquerello, descrive lo spirito della mostra, aperta fino al 26 settembre dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 nella Data – Orto dell’abbondanza.

Più di 500 opere da oltre 50 paesi

La direttrice artistica della mostra, Soha Khalil, una donna di piccola statura con la pelle color caffellatte, ricorda ogni autore con un sorriso così grande che le esce dai lati della mascherina. Oltre 500 opere figlie di persone provenienti da circa 50 Paesi arredano gli interni della sala del festival, situata al termine di una scalinata che la collega a Borgo Mercatale. “Tutti i lavori sono stati fatti a partire dal 2019, perché avrebbero dovuto essere pronti l’anno scorso per il cinquecentenario dalla morte di Raffaello Sanzio. Purtroppo la pandemia ha fatto slittare tutto di un anno”, dice al Ducato, con un’ombra che le passa sul volto e per un istante le spegne il sorriso. Solo un attimo però, perché più cammina nel mezzo delle pareti vestite di fogli e più i suoi passi ricordano una danza allegra che non ha bisogno di inviti per essere ballata.

La direttrice artistica racconta la storia dietro alle tele

I temi dei dipinti: Raffaello, Urbino e il Montefeltro

La direttrice spiega il filo rosso che collega tra di loro le centinaia di opere esposte. “Il tema consisteva nell’inserire un elemento di un quadro di Raffaello o rappresentare i panorami di Urbino e del Montefeltro, reinventando il tutto attraverso la propria cultura”. I lavori, catalogati in base al paese di provenienza dell’autore, spiccano per le forti differenze tra loro, nell’uso dei colori e nei tratti. Muovendosi tra la versione cinese di una Madonna col bambino e la composizione islandese di un ritratto di Sanzio dietro un salmone, Khalil fa notare che “molti maestri di scuola hanno aderito coi loro allievi. Abbiamo infatti una sezione con i lavori di giovani nazionali e internazionali”.

Alcuni disegni dei giovani che hanno partecipato all’iniziativa

“L’opera è viva” anche a distanza

Nel 2020, l’edizione dell’International festival si è trasferita sul web. Un avvenimento terribile come la pandemia da Covid-19 non è riuscito a cancellare la voglia di fare. Con il lockdown Urbino in Acquerello si è ingegnato, mandando un invito agli artisti per tenere l’evento online. Tramite Facebook e Instagram, ogni artista ha potuto spiegare il suo particolare di Raffaello oppure il paesaggio di Urbino in brevi video da tre o quattro minuti che sono stati poi caricati sul sito dell’associazione o sul canale YouTube. “Non abbiamo sentito la mancanza, è come se l’opera fosse stata viva. Abbiamo festeggiato Raffaello attraverso il social” commenta Khalil a bassa voce come per non svegliare i protagonisti delle opere.

Il festival come scambio di culture

“Certo, è stato bello nel 2019 – ricorda – quando sono venuti tutti qui a Urbino. Dal Messico, dalla Polonia, dal Costa Rica, dal Canada, da Taiwan. Ci siamo messi in piazza Duca Federico a disegnare, poi ci siamo spostati alla Fortezza Albornoz”. Gli occhi le si inumidiscono un po’ e balbetta. “I bambini si avvicinavano per vedere i disegni. È così che funziona: i docenti portano gli studenti, che a loro volta invitano amici curiosi. Ad esempio un professore dell’accademia di belle arti in Giappone porta ogni anno trenta dei suoi allievi. Dal Brasile viene ogni anno più gente, perché chi è stato qui vuole tornare e chi è mancato desidera visitare la città”.

La bellezza di questa iniziativa, secondo la direttrice, sta nello scambio e nel mix di visioni del mondo differenti in un contesto artistico. “Portano la loro cultura a noi e noi portiamo la cultura di Urbino. La presenza dell’opera certifica che, anche se gli artisti non sono qui, credono in questo progetto”, afferma. “Dietro ogni lavoro c’è una storia bellissima da sentire” conclude in un sussurro, persa in una reinterpretazione israeliana delle Tre Grazie.

Alcune componenti dell’associazione Urbino in Acquerello che dipingono e conversano

La ex docente d’inglese: “Con gli acquerelli fisso un momento”

All’interno della mostra ci sono anche dei tavoli per le attività laboratoriali. Alcune artiste dell’associazione dipingono e si scambiano battute. “Mi dicevano sempre che l’acquerello è facile. Ma che facile!” dice ridendo Rosanna Bellucci, ex docente di inglese. Le ricordano che fa parte di Urbino in Acquerello dalla prima edizione (nel 2016). “Ma sicure?” “Sì, era quella del quadro con l’aquila” le rispondono le amiche. Rosanna ci pensa un po’ su, realizza e poi scoppia in una fragorosa risata. Il tempo deve essere volato leggero. Nel suo caso l’avvicinamento all’arte è merito dell’amore, che a volte sono un po’ la stessa cosa. “Un giorno mio marito mi regalò degli acquerelli. Non li ho usati per cinque o sei anni. Poi mi sono detta: o dipingo o divorzio. Per cui ho deciso di cominciare” commenta dietro alle lenti larghe dei suoi occhiali, di quelli che sembrano parte della divisa di ogni professoressa di lingue.

“L’acquerello è la cosa che ritengo più vicino alla mia natura, non farei mai un disegno ad olio perché starei lì le ore” spiega, poi ci riflette un attimo su. “Ma anche perché il sentimento che voglio esprimere è quello di quel momento, invece se ci resto tanto sopra i sentimenti e le sensazioni cambiano completamente” afferma, fissando il disegno del ramo con castagna su cui sta lavorando. “L’acquerello a me dà la libertà di cui ho bisogno” dice, correggendo il verde di una fogliolina.

Rosanna Bellucci mentre lavora sulla rappresentazione di una castagna

Il lavoro invisibile e le soddisfazioni

C’è anche R., più timida della sua collega artista. “Viene da Alessandria ogni anno per aiutarci” dice Khalil. “Fa sempre il lavoro più duro e non se ne prende mai il merito. È una persona straordinaria” aggiungono le altre. Più loquace invece Paola Mainardi, che nella vita fa la cuoca, presente anche lei dalla prima edizione. “Ho iniziato disegnando dal vero, poi a olio, ma l’acquerello è quello che mi piace di più. È immediato, ti permette di giocare coi colori e da un sacco di soddisfazioni” afferma da sopra una vista di palazzo Ducale.

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