Urbino, piccoli Zuckerberg crescono: all’università nasce il Club informatico

Tre membri fondatori del T-Club
Di VALERIO SFORNA

URBINO – Aspiranti geologi che vorrebbero realizzare un’applicazione per misurare la pendenza di una collina. Economisti in erba che hanno difficoltà a elaborare i dati. Studenti di Belle Arti che devono fare i conti con i videogiochi e realizzarne uno. E’ a loro – e a tutti gli altri studenti – che si rivolge il  club informatico, che nascerà mercoledì 13 marzo.

Un gruppo di studenti della facoltà di Informatica ha infatti deciso di fondare, col patrocinio dell’università, un club per mettere in connessione gli studenti delle diverse facoltà. Mercoledì 13 marzo, alle ore 16,30, ci sarà la prima riunione pubblica nell’aula Turing del Collegio Raffaello .

T-Club

Il nome provvisorio è “T-Club”, dove “T” sta per: Thinks, Thoughts, Talk e Tests, cioè “club dei pensieri, delle cose, del dialogo delle prove”. Nella riunione di mercoledì i fondatori presenteranno il progetto di lavoro proponendo anche una bozza di statuto.

“L’idea è stata lanciata circa un mese fa” racconta Enrico Benvenuti, iscritto al primo anno di Informatica e rappresentante degli studenti. “Siamo partiti in sette e in poche settimane siamo diventati 24”. Il progetto è stato coordinato dal professor Lorenz Klopfestein, che insegna Piattaforme digitali. All’idea hanno aderito anche ex studenti del polo di informatica che oggi lavorano nel settore. Per adesso esiste solo un gruppo su Telegram (app di messaggistica istantanea), ma lo scopo è quello di espandersi e creare una struttura che potrebbe poi sfociare in un sito internet o in una vera e propria piattaforma.

Enrico Benvenuti, iscritto al primo anno di Informatica e rappresentante degli studenti

Gli obiettivi

“Vogliamo lavorare in team, fare gioco di squadra, mettere a disposizione degli studenti le nostre competenze digitali”, dice Luca Martinangeli, anche lui studente al primo anno di Informatica. “Il mondo del lavoro richiede persone che sappiano lavorare insieme – spiega – ma all’Università prepariamo gli esami da soli, la collaborazione non viene incoraggiata quanto vorremmo”.

Luca Martinangeli, studente di Informatica è tra i fondatori del T-Club

Altro obiettivo del gruppo è la condivisione, secondo la filosofia dell’open source. “È sbagliato pagare per avere accesso alle conoscenze di ‘base’ – dice Martinangeli – noi ci ispiriamo al concetto dello sharing (collaborazione) cercando di creare una rete sociale (un social network, nel senso ampio del termine) dove saperi, conoscenze e idee vengono condivise ed elaborate”.

“Non abbiamo inventato nulla di nuovo – confessa Nicholas Kania, anche lui studente del primo anno – il Massachusetts institute of technology di Boston – centro di eccellenza per l’informatica – ha questo genere di club per ogni settore di sviluppo digitale, per far mettere in pratica agli studenti quanto imparato con le lezioni teoriche. Qui a Urbino, ad esempio, gli studenti del terzo anno dell’Accademia di Belle arti hanno come materia “Computer games“, per la creazione di videogiochi, e alcuni ci hanno chiesto aiuto”, sorride. “Con una collaborazione potrebbero beneficiare delle nostre competenze e noi delle loro. Vogliamo provarci, metterci al servizio di chi ha bisogno per lavorare, divertirci e imparare seguendo il motto universitario ‘never stop learning’, mai smettere di imparare”.

Nicholas Kania, anch’egli studente del primo anno di Informatica e membro del T-Club

Combattere l’ignoranza digitale

“Nel nostro piccolo vogliamo sensibilizzare le persone all’informatica” dice Martinangeli. “In Italia c’è una certa ignoranza digitale. Avete visto il caos della fatturazione elettronica? La gente ha aspettato il 31 dicembre per accendere il pc”.

Per Benvenuti “la sensibilizzazione vera avviene attraverso il ‘problem-solving’. Il processo di creazione degli strumenti digitali oggi parte dal ‘richiedente’, noi possiamo guidarlo attraverso la gestione dei dati, occupandoci dei codici. In questo modo tutti partecipano al processo di apprendimento. L’università ha già meccanismi di formazione più che validi. Noi siamo un’ integrazione e non vogliamo in nessun modo sostituirci. Ma possiamo offire seminari e consulenze integrative ad hoc”.

“È vero esistono le piattaforme e-learnig dell’Università – precisa Martinangeli – ma sono strumenti chiusi ai soli iscritti al corso di laurea poco ‘sentiti’ dagli studenti,  rigidi, ‘ingessati’ e gestiti dai professori che spesso hanno cose ben più importanti da fare che moderare un forum”. “Neanche Facebook ci è sembrato lo strumento più adatto – dice Kania – troppo obsoleto per il nostro target di età”.

E quando infine gli chiediamo se saranno i Mark Zuckerberg di Urbino in coro rispondono:”Magari! Anche se è piuttosto difficile ormai affermarsi nel mercato delle idee, ora esiste una app per tutto. Noi partiamo dal basso e con la nostra struttura a cipolla cercheremo di migliorarci sempre di più”.
In fondo anche Amazon e Apple sono nati in un garage.

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