di LUCA GASPERONI
URBINO – Carlo Maria Ossola, docente di letterature moderne al Collège de France di Parigi, è emozionato mentre rievoca le parole dello storico rettore Carlo Bo, conosciuto 40 anni fa: “Leggere per leggere, evitando tutte le domande meccaniche, senza supporre neanche l’idea d’una risposta definitiva”. Un invito a leggere, a porsi continui interrogativi e a trovare risposte, perché acculturarsi è un momento di crescita. La lettura è stata da sempre il filo conduttore di tutta la carriera di Ossola. È stato uno dei temi che ha toccato nella sua lectio magistralis ieri all’Università di Urbino. L’Ateneo ha conferito al filologo e critico letterario di origine torinese la laurea ad honorem in Lingue straniere e studi interculturali. A consegnarglielo il rettore dell’ateneo Vilberto Stocchi e il direttore del dipartimento di Scienze della comunicazione, studi umanistici e internazionali Giovanni Boccia Artieri.
Il riconoscimento arriva a coronamento di 43 anni di intensa attività intellettuale in cui Ossola si è dedicato alla letteratura italiana e straniera con un forte interesse per la poesia e l’evoluzione delle forme letterarie, sempre letti allo specchio della storia sociale europea.
Tra i principali filoni di ricerca: lo studio della civiltà delle corti, il Medioevo e il panorama culturale del novecento. Ma anche la lingua, come membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e il giornalismo. Una lunga carriera passata a “descrivere”, a raccontare eventi offrendo risposte e interpretazioni.
Una lezione di giornalismo
Per il professore torinese, infatti, il significato di descrivere non è esporre ma delimitare, cioè restringere gli eventi al contesto: “La descrizione è un setaccio che trattiene solo le cose più importanti, quelle che meritano di essere raccontate”. Una missione tutt’altro che facile ma che nella letteratura, così come nella comunicazione e ne giornalismo, è fondamentale.
“È necessario creare delle griglie, non bisogna buttarsi su un evento soltanto per avere per primo la notizia. Un tempo in tutte le scuole di giornalismo si chiedeva una prima descrizione di un evento in 60 righe, poi in 40, infine in 20. – spiega Ossola che proprio nel 2017 partecipò al festival del giornalismo culturale di Urbino – Perché il punto è selezionare i tratti pertinenti e i tratti superflui. Un esercizio che non si fa solo usando le parole ma anche avendo delle griglie di conoscenza. Si tratta di trovare una gerarchia di importanza, il che vuol dire avere una visione della società.”
Una riflessione legata a doppio filo alla situazione attuale dell’informazione dove la disintermediazione ha uniformato le voci di chi parla, mettendo da parte la competenza. E la quantità di informazioni a disposizione in ogni momento ha finito per sostituire la effettiva qualità del prodotto, non più frutto di delimitazione e chiarezza.
La caccia e la preda
Il professore Ossola attinge alla filosofia per spiegare il concetto: “L’uomo di Pascal ama più la caccia che la preda, per distrarsi, per allontanarsi dalla propria miseria. L’uomo di oggi non conosce più la differenza tra la caccia e la preda tra le mani perché non c’è più distacco. Tutto è così immediato, si è annullata la preparazione all’evento e la distanza tra i momenti”.
In chiusura Carlo Ossola ha dedicato un pensiero anche alla città di Urbino e alla sua università, con cui ha coltivato nel tempo un rapporto speciale. La città ducale è “una sobria armonia” che rivive ed è rinnovata grazie alla presenza degli studenti.