Celebrazioni raffaellesche, l’Accademia chiude il ciclo 2019 nel segno dei tre “titani del Rinascimento”

di FILIPPO CAMPO ANTICO

URBINO – Due miti a confronto e non a caso: le celebrazioni dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo si sono chiuse l’altro ieri, mentre quelle per ricordare il cinquecentenario dalla morte di Raffaello a Urbino vanno avanti. Ieri, l’ultima puntata del ciclo d’incontri organizzato dall’Accademia Raffaello di Urbino in cui lo storico Claudio Strinati ha parlato dell’incontro fra i due artisti e di quello che ci fu anche con Michelangelo nella Firenze rinascimentale. “C’è stata grande attenzione da parte del pubblico: l’aula delle conferenze era sempre piena. Il fatto che il cinquecentenario dalla morte di Raffaello sia sempre più vicino ha contribuito a portare ancora più gente dell’anno scorso, in cui era stata organizzata la stessa manifestazione”, commenta Luigi Bravi, direttore dell’accademia.

Raffaello e Leonardo: due miti a Firenze

“Gli storici dell’arte si sono sempre chiesti se ci fosse stato un incontro fra i due soprattutto per via della differenza di età”, esordisce così il professor Strinati. L’artista toscano è morto infatti appena un anno prima di quello urbinate.

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E c’è un quadro che li rappresenta insieme: la Scuola di Atene di Raffaello. “L’opera, visibile all’interno dei percorsi dei Musei Vaticani, dovrebbe rappresentare l’artista urbinate e Leonardo, oltre a Michelangelo, ma ci sono dubbi sul fatto che siano realmente loro. Però può essere un indizio”, commenta Strinati.

Secondo lo storico, l’occasione si presentò nella Firenze repubblicana sotto la reggenza del gonfaloniere Pier Soderini. Leonardo in quegli anni si trovava a Milano alla corte di Lodovico il Moro e stava dipingendo l’ultima cena più rivoluzionaria dei tempi, raffigurante il tradimento di Giuda invece del momento in cui Cristo consegna l’eucarestia, quando nell’inverno del 1499 i francesi, alleati con Venezia scesero in Italia alla conquista del Ducato di Milano. Leonardo scappò per rifugiarsi a Firenze. “Raffaello era arrivato nella città toscana perché ne aveva sentito parlare molto, come un luogo in cui tutto ruotava intorno all’arte. Quando arrivò, tutti sapevano chi fosse: era il figlio di Giovanni Santi, così l’incontro”, commenta Strinati.

Scuola di Atene, Raffaello Sanzio, 1509-1511, Stanza delle segnature, nei percorsi del Musei vaticani.  M: Michelangelo Merisi L: Leonardo da Vinci R: Raffaello Sanzio

E poi, Michelangelo

Quando a Firenze soggiornavano Raffaello e Leonardo un giovane Michelangelo era stato incaricato da Soderini di scolpire il David. “La svolta artistica che voleva portare il nuovo reggente della città, portò a commissionare a Michelangelo il dipinto della Battaglia di Cascina, tra pisani e fiorentini nel 1364. Il cartone preparatorio lo videro anche gli altri due titani del rinascimento e lo giudicarono come un miracolo. Un disegno raffigurante i fiorentini nudi intenti a fare un bagno nel fiume, e a rimettersi goffamente l’armatura vedendo in lontananza l’arrivo dei pisani: al quanto insolito per il tempo”. Anche a Leonardo furono commissionate scene di battaglia. Invece di rappresentare i soliti scontri fra cavalieri disegnò due cavalli intenti a mordersi l’uno con l’altro durante lo scontro. “Soderini deve aver pensato: ‘Temo di aver sbagliato a chiamare questi due'”, sogghigna il professore, immaginandosi come avrebbe potuto reagire il reggente della città di fronte alle idee innovative dei due maestri del Rinascimento.

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