Digital media studies week, una settimana d’immersione “nell’era oscura” del web

di GIACOMO PULETTI

URBINO – “Dark Ages 2.0: social media and their impact” è il titolo della Digital media studies week in corso a Urbino fino al 29 giugno. Un’immersione negli aspetti più oscuri dell’era digitale, dal rischio dell’uso improprio dei dati personali degli utenti alla manipolazione dell’opinione pubblica, alla creazione di “bolle” di contenuto nelle quali gli utenti faticano a distinguere ciò che è vero o falso. “Dieci anni fa intitolammo la conferenza ‘Modernity 2.0: emerging social media technologies and their impact’ – spiegano Fabio Giglietto e Giovanni Boccia Artieri, professori all’Università degli studi di Urbino e membri del comitato organizzatore – ma nel corso degli anni l’esperienza ci ha fatto capire che forse serviva maggiore prudenza”.

Ad aprire i lavori Axel Bruns, presidente dell’Association of internet researchers (Aoir), associazione accademica dedicata al progresso del campo interdisciplinare degli studi su Internet: “I social media sono ormai usati dalla stragrande maggioranza della popolazione e le piattaforme più grandi come Facebook, Twitter, Instagram e Whatsapp sono utilizzate per fare politica, per scopi sociali quotidiani e per rendere più coinvolgenti eventi sportivi o d’intrattenimento”.
Secondo lo studioso, i media digitali hanno portato grandi vantaggi, come la possibilità di connessione nel mondo, ma nascondono anche potenziali rischi per la vita reale degli individui: “Molte persone non hanno gli strumenti necessari per distinguere un contenuto accurato e reale da uno falso e non verificabile – prosegue il presidente di Aoir – e su questo dobbiamo lavorare”.

Tra gli eventi più interessanti in calendario, giovedì 27 giugno alle 9:45 la conferenza “News Media and Public Opinion in the Age of Massive Communication: A sociocybernetic reflection”, una riflessione in cui Toru Takahashi, ricercatore della Chuo University di Tokyo, esaminerà i maggiori cambiamenti avvenuti nel giornalismo nell’era della comunicazione di massa, partendo dagli studi del sociologo svedese Nicklas Luhmann.

Subito dopo Rossella Rega dell’Università “La Sapienza” di Roma e Rita Marchetti dell’Università degli studi di Perugia illustreranno i risultati di una ricerca sull’influenza di Facebook sul voto degli italiani nelle scorse elezioni politiche del 4 marzo 2018, nel panel intitolato “The paradox of incivility and the dark attraction exerted on the users. The case of 2018 Italian National Election on Facebook”.

Proprio della capacità di alcune aziende private di manipolare il voto e fare propaganda politica utilizzando in maniera indebita i social media si è occupata nel corso del suo intervento nella giornata di apertura “Below the radar” Rebekah Tromble, assistant professor all’Istituto di scienze politiche dell’Università di Leiden, nei Paesi Bassi. Il suo lavoro di ricerca riguarda il linguaggio politico online, l’etica e i metodi della ricerca digitale e la scienza sociale computazionale.

“Dallo scandalo ‘Cambridge Analytica‘ abbiamo imparato che molte compagnie usano i dati degli utenti presenti in Rete, senza chiedere loro il consenso – spiega Tromble -, non solo violando la privacy delle persone attraverso piattaforme come Facebook e Twitter, ma individuando nello specifico gusti, appartenenza politica e debolezze delle singole persone, tanto da poterle classificare in base alle loro caratteristiche. Una pratica utilizzata in tutto il mondo perché gli essere umani sono tali dappertutto – sintetizza la ricercatrice – e che consente di sfruttare le emozioni delle persone attraverso contenuti manipolatori.  Un qualcosa di davvero spaventoso”.

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