Insulti sui social, Lucia Annibali: “Intervenire su identità digitale. Il sessismo è un problema culturale”

di LUCA GASPERONI

URBINO – “Basta chiamarla emergenza, la violenza sulle donne è un problema strutturato”. Dopo gli insulti sessisti ricevuti sui social network, Lucia Annibali, deputata di Italia Viva originaria di Urbino, torna ad affrontare il tema della violenza di genere, invitando a “scardinare la cultura patriarcale dominante”. La scorsa settimana l’avvocatessa urbinate aveva presentato un emendamento (cosiddetto lodo Annibali) per rinviare la riforma della prescrizione del ministro della Giustizia Alfredo Bonafede. Da allora sul web sono arrivate offese e intimidazioni: alcuni sono arrivati anche a celebrare Luca Varanil’ex fidanzato che nel 2013 la sfigurò in volto con l’acido. “I social sono diventati uno sfogatoio dell’ignoranza e della meschinità”, spiega la deputata, secondo cui una soluzione concreta potrebbe essere “intervenire sull’identità di chi utilizza i social network”, proposta già avanzata da Luigi Marattin di Italia Viva e che aveva attirato molte critiche.

Continua a ricevere insulti sui social network, ci sono state altre aggressioni verbali in questi giorni?

Per me la faccenda si è chiusa con quell’episodio, ce ne sono stati altri prima ma adesso non me ne voglio più occupare.  Viene tirata in mezzo una mia vicenda personale (ndr, l’aggressione con l’acido di cui fu vittima nel 2013) e sinceramente non ho voglia di tenerla sempre aperta. Se ci sono gli estremi di reato se ne occuperà la magistratura. Ho letto che hanno aperto un fascicolo di indagine a Roma, vedremo come andrà a finire.

Prima di lei ne sono state vittime Giorgia Meloni, Laura Boldrini, Maria Elena Boschi e tante altre.. qual è secondo lei il motivo di questa deriva sessista in campo politico?

L’odio in rete è molto diffuso ma in particolare colpisce le donne, ancora di più quelle che si impegnano in politica. Una questione legata al maschilismo dominante che evidentemente ancora non accetta che una donna possa svolgere ruoli importanti ed esprimere la propria opinione. Più di discutere sulle idee o sulle posizioni politiche, condivisibili o meno, si finisce sempre su insulti che ricadono sul corpo femminile come nel caso di Maria Elena.

Lei è da sempre impegnata sul campo, quali potrebbero essere eventuali soluzioni legislative?

Si può pensare di intervenire sull’identità di chi utilizza i social network. Chiaramente bisogna vedere se è sostenibile sul piano del diritto perché si innesca il discorso della privacy, ma ecco, non si può pensare che sui social si possa dire qualsiasi cosa. Alcuni si nascondo dietro all’anonimato, altri sono troll, alcune persone reali. La verità è che i social sono diventati uno sfogatoio dell’ignoranza, della meschinità e della frustrazione. E al di là del ruolo istituzionale ricoperto noi siamo delle persone, le offese ci feriscono. Il mondo della politica oggi è fatto di questo ma non dovremmo darla come una cosa acquisita e immutabile, non dovrebbe esserlo.

Anche l’ordine degli avvocati di Urbino ha espresso solidarietà nei suoi confronti, le sono mai capitati casi analoghi di insulti qui in provincia?

In generale si, non solo dopo l’impegno politico ma anche prima. In questi anni ho letto tantissimi commenti inappropriati o offensivi. Dopo l’aggressione sono diventato un personaggio pubblico e ho rivendicato la possibilità di vivere una vita dignitosa ma questo non è stato accettato. Il nostro è un contesto in cui c’è invidia sociale, per cui le vittime devono essere rinunciatarie e stare nell’angolo. Diciamo che gli effetti collaterali di essere una vittima di un processo, in questo paese, sono tanti.

Nel 2014 ha ricevuto un’onorificenza da parte dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Da allora crede che la situazione sia migliorata o peggiorata?

Qualche passo avanti c’è stato ma c’è sempre da fare. È un tema culturale quindi bisogna scardinare questa cultura patriarcale da cui trae origine il sessismo, le offese alle donne che poi sfociano in violenza. Le quote rosa non le ama nessuno ma evidentemente sono un passaggio necessario per arrivare a una piena emancipazione. Sicuramente le donne non devono aver paura di chiedere e di prendere quello che si meritano.

Il Parlamento si è mosso sul tema ma non sono state ancora trovate soluzioni risolutorie, perché?

Credo che non sempre si parli del tema della violenza in modo adeguato: spesso si cade in stereotipi e semplificazioni banali che non sono in grado di dare un reale contributo. Se continuiamo a dire che la violenza sulle donne è un’emergenza sociale allora vuol dire che non abbiamo capito niente: è un problema strutturato. Non bisogna intervenire sull’onda del caso specifico ma essere capaci di sviscerare il tema e affrontarlo in tutta la sua complessità.

Affrontiamo il tema della prescrizione e della riforma del processo penale.

Per noi di Italia Viva è una questione di civiltà giuridica e onestà intellettuale. Facciamo la battaglia da soli nella maggioranza: la nostra posizione può dar fastidio ma è legittima, quindi se gli altri si sentono di poter accettare delle soluzioni da non dormirci la notte, problema loro. La nostra posizione è garantista ma non perché singolarmente siamo garantisti ma perché ce lo dice la nostra Costituzione.

Anche se la battaglia potesse diventare centrale per la sopravvivenza in carica del governo?

Non lo diventerà e poi non è questo il tema.  Il punto è che bisogna affrontare con serietà il tema della giustizia che negli ultimi anni è stato strumentalizzato, diventando populismo giudiziario. Qualcosa di inaccettabile, contro cui bisogna sempre opporsi con forza.

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