Nelle case di riposo di Urbino: “Così ci difendiamo dal Coronavirus: niente visite, solo videochiamate”

di CHIARA UGOLINI

URBINO – Ha l’Alzheimer ma riconosce la figlia anche attraverso lo schermo del telefono. Poi vede se stessa nel riquadro in alto della videochiamata. “Ma quella sono io!”, esclama la signora rivolta all’operatore socio sanitario di turno che le sorride al di sotto della mascherina.

Da due settimane le porte della Residenza per anziani di Solidale cooperativa sociale a Urbino sono chiuse a familiari e amici. Solo oss, infermieri, cuoche e addetti alle pulizie che lavorano nella struttura possono varcarle, muniti di mascherine e guanti per tutte le ore di servizio. L’emergenza Coronavirus ha costretto, infatti, le case di riposo a vietare per il momento le visite esterne; sia per proteggere gli ospiti anziani, alcuni affetti da demenza senile e Alzheimer, altri con difficoltà motorie, sia per salvaguardare tutti gli operatori che continuano a lavorare giorno e notte nelle strutture. Per non far sentire troppo la mancanza degli affetti, però, gli addetti hanno pensato di sfruttare anche in questo caso la tecnologia. Una nuova scoperta per molti. “Mandiamo messaggi o video registrati ai loro parenti per fargli vedere come stanno e viceversa. Con qualcuno facciamo anche le video-chiamate”, racconta al Ducato la coordinatrice Tamara Castellucci.

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Nessun caso di contagio, per ora, riscontrato nella struttura in via De Gasperi. Stessa situazione anche per un’altra residenza sanitaria assistenziale per anziani di Urbino, la “Montefeltro”, conferma il coordinatore Andrea Signoretti. L’attenzione però rimane alta, soprattutto dopo che la casa di riposo, un ex monastero, di Cingoli, Macerata è diventato un focolaio di Covid-19: su 40 ospiti 37 sono risultati positivi insieme a due operatrici e due persone anziane sono morte.

Nella Residenza per anziani di Solidale sono 33 gli ospiti, principalmente di 80 e 90 anni. “Molti di loro guardando la televisione e il telegiornale sono consapevoli di cosa sta accadendo. Magari hanno paura e non ce lo vogliono dire, per questo cerchiamo di essere positivi e di non cambiare troppo le loro abitudini”, sottolinea la coordinatrice. Ma anche chi è meno cosciente vede la differenza. Se prima i pasti venivano consumati tutti insieme, adesso si mangia divisi in tre stanze solo due per tavolo lontani l’uno dal altro più di un metro. “Oppure spesso ci chiedono dov’è la parrucchiera (anche a lei è stato vietato di entrare nella struttura), la cercano. Per loro è fondamentale”, aggiunge Castellucci.

Tutti i cambiamenti però sono stati accolti con serenità, grazie soprattutto all’impegno del personale. “Dopo la prima volta che ci siamo messi le mascherine, i pazienti si sono subito abituati a vederci così – dice la coordinatrice – adesso riescono a riconoscerci anche con il volto coperto”. E il sorriso, sotto la mascherina, non manca mai. “Solo per loro – aggiunge Signoretti- perché il nostro lavoro è diverso, come chi lavora in ospedale. Noi siamo al servizio dell’altro e non possiamo permetterci di sottovalutare la situazione”.

Quattro operatrici

La struttura per anziani “Montefeltro”, che ospita 80 persone da 80 a 101 anni, aveva già adottato alcune misure restrittive dal 24 febbraio: il centro diurno del R.s.a. è stato chiuso in maniera preventiva e le visite sono state prima ridotte poi vietate. “All’inizio qualcuno non era molto d’accordo con questa scelta, ma ora posso dire che abbiamo fatto benissimo”, dice Signoretti.

Anche in questo caso, per distrarre i pazienti dall’assenza di familiari o amici, “sono stati organizzati diversi momenti ricreativi, la cuoca prepara qualche dolce in più, abbiamo aumentato i momenti di cineforum e organizziamo piccole festicciole, sempre tra di noi e con tutte le misure del caso”, aggiunge il coordinatore.

Impegno, attenzione, cura. “Grazie a tutto il personale al momento qui siamo tranquilli. Facciamo di tutto per rassicurarli, soprattutto chi riesce a comprendere la situazione. Spesso ci chiedono come stanno i loro familiari, sono preoccupati per loro che sono all’esterno – conclude – Molti di loro sono mamme e nonni e hanno paura per i loro cari fuori”.

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