di MARIA ELENA MARSICO
URBINO – Il rapporto tra un padre e un figlio, questo si celebra nella mostra “Perugino. Il maestro di Raffaello” a cura di Vittorio Sgarbi. C’è un padre, Giovanni Santi, c’è un maestro, Pietro Vannucci, noto come Perugino. C’è un figlio, Raffaello, che diventa il “divin pittore” proprio grazie agli insegnamenti del suo maestro.
L’esposizione riflette la crescita di uno dei più grandi artisti del Rinascimento attraverso le opere del suo mentore. A 11 anni, Raffaello è accolto come allievo da quello che diventerà a sua volta un padre spirituale: Perugino, che ne capisce il talento. A insistere affinché il ragazzo possa lavorare con il sensibile pittore Pietro Vannucci è proprio Giovanni Santi. Cerca un maestro per il figlio perché si rende conto dei propri limiti, fa in tempo a lasciarlo nelle mani di Perugino e proprio in quell’anno, nel 1494, muore.
Da Piero a Raffaello
La mostra testimonia così il passaggio dal Quattrocento di Piero della Francesca a quello di Giovanni Santi e il Perugino. Sono esposte le opere che si trovano tra l’Umbria, le Marche e la Toscana. Confini che a quei tempi erano labili e perciò rendevano più semplice lo scambio di saperi, conoscenze e tecniche. Continua così, idealmente, il centenario raffaellesco mentre ci si prepara a quello di Perugino, il maestro che sopravvive all’allievo morendo tre anni dopo, nel 1523.
La mostra si è aperta oggi 19 luglio fino al 17 ottobre 2021 nelle Sale del Castellare del Palazzo Ducale di Urbino. Alcune delle opere esposte provengono dalla Galleria Nazionale dell’Umbria che attualmente è chiusa per ristrutturazione.
Quando nasce il maestro
Il percorso tra le opere di Perugino e dei suoi allievi si articola in quattro sezioni. I muri rosa antico incorniciano le venti tavole esposte in un viaggio che si apre con le opere di artisti umbri e marchigiani, come la Crocefissione di Giovanni Boccati e la Madonna con il Bambino e angeli di Bartolomeo Caporali. Qui si apre il contesto del secondo Quattrocento tra bagliori tardogotici e la prima formazione di Perugino con una contaminazione paesaggistica. La sezione iniziale, infatti, evidenzia come l’Appennino non sia tanto una barriera, segno di divisione, quanto un fattore di unità.
La seconda sezione è arricchita dalle opere di artisti come Santi (padre di Raffaello), Bartolomeo della Gatta e gli allievi di Vannucci, Pinturicchio e Signorelli.
Il cuore della mostra pulsa nella terza sezione del percorso narrativo che si snoda tra la metà del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento. Ci sono le opere di Perugino realizzate tra il XV e il XVI secolo, prima del trasferimento del suo allievo a Firenze. Il momento in cui il Sanzio diventa Raffaello. Spicca, al centro della sala, la Madonna con il Bambino tra angeli con i santi Francesco e Bernardino e i membri della confraternita. Ci sono gli angeli che il Perugino replica in altre sue opere, i committenti incappucciati e la città di Perugia. Opera nota anche come Gonfalone della Giustizia, dipinto per la confraternita di San Bernardino.
Nella stessa sala, sulla destra accanto alla predella del Polittico di Sant’Agostino, è esposto l’Arcangelo Gabriele. “L’angelo è di Perugino o di Raffaello?”, chiede il curatore Sgarbi. Perché in quegli anni i due pittori possono scambiarsi i pennelli, non si noterebbe. L’allievo imita il maestro al punto tale che i ritratti quasi non si distinguono, come dice Giorgio Vasari. “In alcune opere di Perugino, come nella pala di Fano, già sentiamo che quell’aura e quella soavità di alcuni volti è di Raffaello. I due sono amalgamati, fino a che Raffaello supera Perugino facendo un passo avanti con lo Sposalizio della Vergine, conservato nella Pinacoteca di Brera, e che rende più leggero e armonioso. In quell’anno, Raffaello diventa pittore assoluto” dice Sgarbi.
L’ultima sezione della mostra è dedicata all’eredità di Perugino e agli artisti che hanno interpretato la sua lezione. Perugino ha, infatti, inventato un nuovo linguaggio che ha determinato la sua fortuna.
Ad arricchire l’esposizione ci sono anche due video. Nel primo c’è il confronto tra lo Sposalizio della Vergine di Perugino e quello di Raffaello. In quella scena c’è il debito e il sorpasso dell’allievo nei confronti del suo insegnante. Nel secondo video è possibile ripercorrere la produzione artistica della maturità di Perugino attraverso una selezione di venti opere.
Raffaello, l’allievo che supera il maestro
“Il Perugino ha fatto nascere il genio Raffaello. La mostra ha un doppio messaggio: quello artistico e quello dell’insegnamento. Vediamo quanto sia importante tramandare la tecnica. In questo caso l’allievo ha superato il maestro”. Ha detto al Ducato l’assessore alla cultura della Regione Marche, Giorgia Latini.
Un allievo diventato così grande al punto che quando invia l’Estasi di Santa Cecilia a Bologna e chiede a Francesco Francia, amico di bottega, di sistemare l’opera in caso di ammaccature, quest’ultimo nel liberarla dall’imballaggio comincia a vedere “La figura di San Paolo, poi la Maddalena, e si rende conto di quanto sia andato avanti Raffaello e di quanto lui invece sia rimasto fermo a Perugino e muore d’infarto. Da qui l’espressione bella da morire”. Ha detto Sgarbi concludendo la presentazione della mostra.