Gelate e siccità, il vino marchigiano soffre. “Nel Montefeltro produzione giù anche del 70%”

Le viti della tenuta 'Ca' Romanino'. Foto di Cecilia Rossi
di SARA SPIMPOLO

URBINO – Un calo che va dal 13 al 70%: è questo il dato che emerge dai produttori vinicoli di Urbino e del Montefeltro per quest’anno. Le gelate a marzo prima, e la siccità estiva poi, hanno danneggiato le uve del territorio, che sono cresciute poco e con difficoltà. In un’analisi, Assoenologi ha stimato un calo del 13% del raccolto nelle Marche (tra i fattori vengono menzionati i cambiamenti climatici). Ma alcuni produttori lamentano una perdita molto più pesante. E i prezzi, sembra inevitabile, sono destinati a salire.

“In media abbiamo avuto un calo del 50% nella produzione. Si va dal 30% nei terreni più bassi, dove arriva più acqua, al 70% nelle parti più alte, dove i terreni sono più drenanti e più asciutti”. È quanto racconta al Ducato Adriano Galli, responsabile della società agricola Valturio, che produce nel Montefeltro. “Noi siamo abbastanza in alto – continua – Nella parte del vitigno sangiovese le gelate di aprile hanno bruciato le gemme appena sbocciate. Poi la siccità. Il risultato sono grappoli piccoli, uve con poco succo e poco peso”.

La tenuta Ca’ Romanino. Foto di Cecilia Rossi

Esperienza analoga ha avuto l’azienda Bruscoli della tenuta Santi Giacomo e Filippo, che ha avuto un calo che parte dal 13-14% in alcune varietà di uva, per arrivare al 18-20% in altre. “Il deficit più forte per noi c’è stato sulle uve a bacca rossa – dice al Ducato Marco Tomassetti dell’azienda – Più che una mancanza di numero di grappoli, la perdita è nel rapporto tra mosto e parte secca della vite. Nelle uve bianche c’è stato un calo minore, dell’8% circa”. Il tutto a causa del clima di quest’anno. “La siccità e il grande caldo di quest’estate – continua Tomassetti – hanno generato acini più piccoli del dovuto. Da maggio poi continua a soffiare vento caldo. È innaturale, perché gli altri anni durava al massimo un paio di giorni”.

Rispetto all’anno scorso hanno dovuto anticipare di una settimana la vendemmia, sempre a causa del caldo. L’anticipo obbligato sarebbe stato anche maggiore, se non ci fosse stato un ritardo dovuto al freddo fine marzo e primi di aprile, che ha pareggiato i tempi. L’azienda Bruscoli ha anche due punti vendita di prodotti agricoli, uno all’interno del resort, dove fanno anche dei ‘wine tour’ alla scoperta delle viti, e uno all’esterno, dove vendono vino sfuso e vino in bottiglia. Anche qui ci sono state perdite, “queste però dovute alla pandemia”.

“Mancano gli aiuti”

Per Remo Mazzoli, della Fondazione ‘Ca’ Romanino’ di Urbino, oltre al caldo c’è il problema degli animali selvatici. “Caprioli e cinghiali sono quelli che ci hanno causato maggiori danni. Noi stiamo vendemmiando in questi giorni, tra l’altro in anticipo rispetto al solito, ma già ora posso dire che abbiamo avuto come minimo un 30% in meno nel Montefeltro, a causa della siccità”. Per Mazzoli le politiche agricole “non sono mai soddisfacenti, non è una novità di quest’anno. Gli aiuti li danno sempre solo ai grossi produttori, i piccoli non hanno mai niente”. È un punto questo, che accumuna tutte e tre le realtà, che non hanno chiesto e non hanno avuto nulla dalle istituzioni. “Quando chiedi aiuti – conclude Galli – ti danno solo calci in faccia”.

È ancora presto per definire se questo calo della produzione determinerà un aumento dei prezzi per i consumatori, cosa che i produttori al momento non sentono di poter confermare. Ma il rapporto Assoenologi conferma: “Dopo una campagna 2020-21 con i prezzi in flessione del 3%, la prospettiva di una minor produzione della vendemmia in corso assieme alla ritrovata dinamicità della domanda genera ottimismo anche sull’andamento futuro dei listini”. Tradotto: è verosimile che le bottiglie diventeranno più care.

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