Dia e Procura generale: Mafie in provincia di Pesaro e Urbino per riciclaggio e spaccio

Durante la cerimonia di consegna del sigillo d'Ateneo a Nicola Gratteri, gli studenti delle medie e dell'università hanno esposto al procuratore di Catanzaro alcune domande (foto di Beatrice Greco)
di MARIA ELENA MARSICO e STEFANO SCIBILIA

URBINO – “Imprenditori marchigiani, fallite piuttosto che accettare soldi sporchi. Qui ci sono mafie che vengono a vendere droga, altre mafie che vengono a comprare tutto ciò che è in vendita, non bisogna abbassare la guardia”. L’appello di Nicola Gratteri, il procuratore di Catanzaro che vive sotto scorta dal 1989 perché minacciato dalla ‘ndrangheta, è arrivato duro e preciso la mattina di martedì 24 maggio nell’aula Magna del Polo Volponi. Gratteri aveva appena ricevuto il sigillo d’Ateneo dalle mani del rettore Giorgio Calcagnini e ha parlato della nostra regione perché, ha detto, è un territorio che frequenta e che conosce bene.

Marche: terreno ideale per il riciclaggio

Le parole preoccupate del procuratore trovano riscontri precisi negli ultimi documenti che analizzano le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle Marche. Innanzitutto, la relazione semestrale del 2021 della Dia, la Direzione investigativa antimafia, è un documento di 357 pagine: a pagina 302 il capitolo dedicato alla nostra regione descritta come un territorio attrattivo “per la criminalità organizzata che sarebbe peraltro invogliata ad infiltrare il tessuto imprenditoriale marchigiano”. La relazione precisa che nella provincia di Ancona sarebbe accertata la presenza di soggetti legati alla ‘ndrina calabrese Grande Aracri specializzata in usura ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso. Perché se nelle Marche le cosiddette mafie tradizionali non hanno trovato un radicamento stabile, le presenze legate in particolare alla ‘ndrangheta non mancano.

LA MAFIA NELLE MARCHE – Gratteri a imprenditori: fallite piuttosto che accettare soldi sporchi

Ancora più preciso è il procuratore generale, Luigi Ortenzi. Nell’inaugurare l’anno giudiziario 2022 ha spiegato che nella provincia di Pesaro e Urbino opererebbero le cosche dell’area reggina; a San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, ci sarebbe la presenza di persone legate alla ‘ndrangheta del catanzerese; in provincia di Macerata e Fermo sarebbero presenti collegamenti con le cosche del crotonese. Le Marche, dunque, sarebbero un terreno ideale per il riciclaggio di denaro sporco ed è su questo che mettono in guardia le relazioni della Dia e il procuratore. E non è un caso che siano proprio le cosche calabresi a essere sotto osservazione: “La ‘ndrangheta, diversamente dalle altre, non fa solo attività economica ma ha la capacità di impiantarsi nel territorio. Poi, dove è possibile si inserisce, non c’è un settore privilegiato che predilige rispetto ad altri. Il traffico di droga è quello da cui guadagna di più ma è presente in tutte le attività”, spiega al Ducato il professore Enzo Ciconte, esperto di ‘ndrangheta.

La mafia vista da vicino

L’ultimo fatto di sangue risale al 2018, quando c’è stato un omicidio per mafia e per vendetta. Il 25 dicembre di quattro anni fa, è stato assassinato a Pesaro con diversi colpi di pistola, davanti al garage di casa sua, il fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese, Marcello, che viveva in una località protetta insieme alla sua famiglia, ma che i killer hanno raggiunto ugualmente.

Sempre dal 2018, inoltre, a Urbino è in corso il processo per estorsione a Francesco Vallefuoco, che era a capo dell’omonimo clan camorrista. L’uomo, originario della Campania, si trova già in carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Operava nelle zone di Rimini e San Marino e attualmente è accusato anche di lesioni, minacce e tentata estorsione.

La consegna del sigillo d’Ateneo a Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro (foto di Beatrice Greco)

I fiori dei beni confiscati

Il primo bene sottratto alla mafia per poi essere riutilizzato per fini sociali viene invece confiscato nel 2004, segno che risale a decenni fa l’interesse della criminalità organizzata per il nostro territorio. Si trova a Isola del Piano, in provincia di Pesaro e Urbino, e oggi è La fattoria della legalità. Si tratta di un casolare in campagna di circa cinque ettari di terreno che apparteneva alla famiglia di Ruggero Cantoni, di origine calabresi, che prima aveva il centro della sua attività criminale in Lombardia. Si è trasferito a Isola del Piano intorno agli anni Ottanta comprando il terreno dove oggi sorge l’associazione. A incastrare Cantoni fu un breve sequestro di un imprenditore lombardo che gli era debitore. Cantoni viene arrestato il 24 marzo 2004 e i suoi beni confiscati.

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“L’associazione che si è costituita per realizzare la Fattoria della legalità gestisce il bene dal 2015. Questo casolare è stato trasformato in un piccolo centro di educazione e di contrasto alla criminalità organizzata. Facciamo molte iniziative con le scuole, ma anche con gruppi scout e associazioni varie, privati cittadini. Spesso facciamo anche visite guidate in cui i volontari parlano della fattoria, della mafia, del rispetto delle regole – dice al Ducato il presidente della Fattoria della legalità, Lorenzo Alessandroni – da più di dieci anni, poi, si svolge anche un campo estivo con ragazzi che vengono da tutta Italia. Partecipano anche magistrati, forze dell’ordine e sindacati. È organizzato da Arci, in collaborazione con Spi, Cgil e Libera”. Anche Alessandroni mette in guardia dal pericolo di infiltrazioni mafiose: “Le attività che aprono o chiudono nel giro di due tre anni sono indice di riciclaggio. Spesso i titolari sono persone che vengono da fuori regione. Bisogna stare attenti e tenere gli occhi aperti”.

La fattoria della legalità

La maggior parte dei beni confiscati alla mafia si trova in provincia di Pesaro e Urbino. In totale, secondo la piattaforma dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, gli immobili sottratti alla mafia nelle Marche sono 114. Tra questi, la maggior parte sono terreni agricoli: 15. Le aziende confiscate, invece, sono 11.

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E sono numerosi i beni sottratti nelle Marche che hanno trovato una nuova vita: dalle ville trasformate in cliniche, ai terreni utilizzati per l’agricoltura biologica. “A Cupramontana, in provincia di Ancona, c’è la villetta mai finita del cassiere della banda della Magliana, Enrico Nicoletti, che oggi è diventata una struttura socio sanitaria per utenti con disagio psichico”, racconta al Ducato Paola Senesi, rappresentante regionale di Libera. Aggiunge, inoltre, che la presenza di Libera nelle scuole e nelle università è molto importante: “Riteniamo che siano il luogo principale per la diffusione dei valori positivi. Per questo cerchiamo di parlare di questi temi e far ragionare le persone, dai più piccoli ai più grandi. Il magistrato Antonino Caponnetto diceva che le mafie temono più un esercito di maestre che un esercito vero e proprio”.

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