Chiusa la caccia, il duello è sui conteggi: scontro tra animalisti e Uniurb sul numero di vittime della stagione

di LUCA GASPERONI

URBINO –  La stagione venatoria italiana 2019/2020 si è da poco conclusa ma a Urbino è iniziato un duello: quello che riguarda il report “giusto” sulle vittime umane. L’università di Urbino e le associazioni animaliste, infatti, hanno opinioni contrastanti sul conteggio di morti e feriti nel periodo di caccia iniziato il 1 settembre 2019 e chiusa il 31 gennaio scorso.

Il report dell’ateneo ducale parla di un fenomeno in calo, secondo il quale la caccia è quindi “meno pericolosa di escursionismo, balneazione e sport invernali”. L’associazione Vittime della caccia (Avc) e la Lega per l’abolizione della caccia (Lac) replicano con un comunicato, bollando i dati come “inattendibili e non rappresentativi” e lo studio come “uno spot propagandistico”.

Nel mezzo non mancano reciproche accuse di parzialità nel condurre la ricerca: le associazioni, infatti, sono vicine alle istanze animaliste mentre il ricercatore Uniurb che l’ha scritta, in passato ha svolto analisi di mercato per almeno un’azienda del settore delle armi.

Conti che non tornano

La diatriba ha avuto inizio il 30 gennaio scorso quando l’Università di Urbino ha pubblicato un’analisi, condotta dal professore di Economia e gestione delle imprese, Marco Cioppi, che evidenziava una diminuzione degli incidenti dell’ultima stagione di caccia rispetto agli anni precedenti. Bilancio totale: 78 vittime, sommando 18 morti e 60 feriti. Dati in contrasto con quanto riportato dall’associazione Vittime della caccia secondo cui il numero delle vittime sarebbe più alto e quindi dentro un trend costante nel decennio: 95 persone coinvolte, 27 morti e 68 feriti.

Il motivo di questa differenza così marcato? La metodologia. Il dossier dell’Università ha conteggiato solo le persone coinvolte durante battute di caccia, l’Avc anche le vittime collaterali al di fuori dell’attività venatoria (cioè in tutti i casi in cui è un’arma da caccia a sparare). In mezzo a tanti casi più chiari da classificare, ad esempio il cercatore di funghi colpito da un proiettile vagante, ci sono anche episodi discutibili per il loro legame con la caccia: come per esempio l’uomo che si spara a un braccio esercitandosi con il fucile nel giardino di casa, la lite tra cacciatore e vicino di casa che finisce in tragedia e così via.

Approcci opposti

“Dipende tutto da come si considera l’attività venatoria, questo è il punto – spiega il delegato della Lega per l’abolizione della caccia per le Marche, Danilo Baldini – per noi la caccia non è un’attività sportiva, è un fenomeno sanguinario che va analizzato nella sua interezza”. Coinvolgendo quindi anche la violenza che nasce dalle armi da caccia, molto diffuse perché “il porto d’armi viene rilasciato in maniera troppo facile”, aggiunge Baldini.

“Non voglio mettere in dubbio l’approccio di un’associazione contro la caccia, rispetto tutte le posizioni, ma noi abbiamo seguito un metodo scientifico”, sottolinea il professor Cioppi. E riconosce che partendo da presupposti diversi è naturale arrivare a risultati divergenti: “Magari scendendo nel particolare di ogni caso è possibile trovare un punto di incontro, anche se mi sembra difficile”.

Cercasi imparzialità

A rendere ancora più marcato lo scontro ci sono le posizioni ‘personali’ sulla caccia tra mondo universitario e associazioni animaliste. La Lac si dice “meravigliata che un docente di economia abbia sentito l’esigenza di fare questa ricerca chiaramente parziale”. Da parte sue, il docente Uniurb porta avanti le sue attività di ricerca nel settore da almeno un decennio. Nel corso degli anni, infatti, ha scritto un libro al riguardo, Il settore armiero per uso sportivo, venatorio e civile in Italia. Imprese produttrici, consumi per caccia e tiro, impatto economico e occupazionale e ha svolto analisi di mercato con dei colleghi sulla società armiera Fiocchi munizioni.

Ruoli che Cioppi conferma, “tutto vero, è un settore di interesse per noi”, ribadendo “la differenza tra ricerche private e pubbliche” e “l’etica personale nel campo di ricerca”.

Non è della stessa opinione il fronte animalista. “Non è una visione imparziale e valida – accusa il delegato Lac, Baldini – se uno ha delle simpatie o dei contatti lavorativi con un certo mondo ovviamente se fa un indagine verrà fuori un’analisi parziale”. Insomma, per la Lega abolizione caccia si tratta di “un lavoro su commissione per dare un’idea della caccia meno brutta di quello che la cronaca racconta”.

Il docente universitario si dice dispiaciuto di questa lettura e dei dubbi sollevati: “Io faccio il mio lavoro e porto rispetto a tutti, vorrei la stessa cosa nei miei confronti”. Anche perché le contestazioni non sono una novità. “Siamo stati molto criticati in passato perché sottostimavamo il fenomeno armiero, ora dicono che sottostimiamo le vittime – dice Cioppi – questo è un settore delicato che lascia molte perplessità ma deve comunque essere indagato”.

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