Costi alle stelle, marinai in sciopero a Fano, manca il pesce anche a Urbino

di Cecilia Rossi e Sara Spimpolo

URBINO – Tutto è fermo al porto di Fano. Le barche sono quasi tutte ormeggiate. L’unico rumore, oltre quello del mare, è quello dei saldatori che lavorano in lontananza. Nelle reti dei pescherecci sono ancora incastrate le telline tirate su durante l’ultima battuta di pesca, ma molte di quelle reti non si aprono da 16 giorni.

La lotta dei pescatori: “Così moriamo”

Da più di due settimane, infatti, i pescatori italiani hanno tirato i remi in barca per scioperare contro il caro gasolio. I rincari stanno colpendo la maggior parte dei servizi produttivi, soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. “Faccio il pescatore da 41 anni, da quando ne avevo 10, e un momento così brutto non l’ho mai visto”, racconta al Ducato Alessandro Ciavaglia, comandante di uno dei pescherecci attraccati nel porto di Fano. È con orgoglio che, mentre dà le spalle alla sua barca, spiega come funziona il suo lavoro: “In condizioni normali siamo in mare dalla domenica al giovedì, tocchiamo porto due giorni alla settimana. È un lavoro duro, ma ci ha permesso di mandare avanti la famiglia, di fare studiare i figli”.

Il tono diventa quasi rassegnato quando parla della situazione attuale. “Le nostre barche consumano dai 1500 ai 1700 litri di gasolio al giorno. L’anno scorso, in questo periodo, lo pagavamo 50 centesimi al litro, adesso un euro e 20. Significa 8 mila euro a settimana. A fine mese, facendo il computo anche delle altre spese, ci ritroviamo a pagare sui 35 mila euro”. Gli fanno eco i suoi colleghi di Coomarpesca, la cooperativa di pescatori locali: “Al momento stiamo lavorando in perdita. Con questi costi non vale nemmeno la pena ‘prendere il mare’, uscire a pescare”. “A Chioggia, a Rimini, già alcune barche si sono fermate definitivamente perché non riescono più a sostenere i costi – continua Ciavaglia – e settimana dopo settimana se ne aggiungeranno altre. Andiamo verso la morte di questo lavoro”.

La barca attraccata al molo di Fano

Ma qualche barca torna in mare

Alcuni giorni dopo l’inizio della protesta, i pescatori in sciopero e le associazioni di categoria sono andate a Roma a chiedere un tavolo con il governo. I comandanti dei pescherecci fanesi denunciano però di non essere stati ricevuti dal ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, che ha poi annunciato un contributo da 20 milioni di euro. Misure che Ciavaglia definisce non risolutive: “Aspettiamo interventi più incisivi, ci è stato dato qualche contentino, ma non basta”.

Dopo l’accordo col governo, alcune marine sono tornate in acqua. “Più per disperazione che per altro – spiega Ciavaglia – ed è difficile dire di stare fermo a chi si trova con l’acqua alla gola. Di certo chi è in mare in questo momento non lo fa per guadagnare”. Lunedì alcune imbarcazioni hanno preso il largo, ma è questione di un paio di giorni a settimana. Il problema rimane, e già si parla di un nuovo blocco totale per i prossimi giorni.

Chiusa l’unica pescheria in città

Il cartello “Chiuso per sciopero marinai” fuori dalla pescheria di Urbino

In un meccanismo a catena, lo sciopero delle marine ha generato carenza di pesce nei mercati e nei ristoranti, anche nell’entroterra. La storica pescheria Dini, unica presente a Urbino, è rimasta chiusa per nove giorni. “Le prospettive sono ancora incerte – ammette il proprietario Gionata Cecconi -. Oggi siamo riusciti a tornare al porto e a procurarci un po’ di pesce, ma sembra che da domani i marinai vogliano rifermarsi per almeno un’altra settimana. Stanno decidendo in queste ore”.

Cambiano anche i menù

Alcuni dei ristoranti che in città propongono pesce non hanno avuto problemi, perché usano pesce abbattuto a bordo come gamberetti o salmone, ma per altri il disagio è stato maggiore. Giuseppe Portanova, proprietario dell’omonimo locale, ha dovuto modificare il menù: “Abbiamo sopperito alla carenza usando pesce come il tonno rosso, prediligendolo rispetto a quello azzurro. Condimenti da primo come cozze e vongole li abbiamo presi da una pescheria di Pesaro rifornita da pescatori che non scioperavano”.

Anche l’osteria Gula ha dovuto rivedere i propri piatti. Il proprietario Giovanni Resta spiega al Ducato che ha preferito “puntare su un menù del territorio con tartufi e carne alla brace, perché di pesce fresco se ne trova poco ed è carissimo”.

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