La recensione? Ha cambiato casa, ma il suo ruolo è immutato: emozionare

di PATRIZIA BALDINO

FANO – La letteratura si è adattata alla comunicazione social, più immediata e frenetica rispetto a quella dalla carta stampata. In questo mondo, c’è ancora spazio per i libri? Su questo argomento hanno dialogato, al Teatro della fortuna di Fano, Giorgio Zanchini – direttore del Festival del Giornalismo culturale –, Marco Vigevani – ex direttore editoriale della casa editrice Mondadori e attualmente responsabile di Italian Literaly Agency – e Fabio Cappelli, che si occupa del settore culturale per Rai News.

“Con internet è cambiato tutto – racconta Vigevani – prima un libro aveva un percorso prestabilito: veniva pubblicato e si aspettava la recensione che, si sperava, incrementava le vendite. Ora la recensione, così come la conoscevamo, non è più possibile. Una causa è il calo delle vendite dei giornali, il ‘luogo’ che la ospitava”. Nei decenni precedenti, come spiega Vigevani, la recensione consisteva in un dialogo fra due diverse élite, quella dei critici culturali e quella dei lettori. Una società letteraria che riusciva a comunicare molto bene, ma che allo stesso tempo non aveva la capacità di allargarsi al di fuori dei due gruppi. Un tentativo in questo senso è stato fatto a partire dagli anni Ottanta, con importanti firme, star della comunicazione, che si prestavano alla critica, come Pietro Citati e Alessandro Baricco. “Basti pensare al film Ogni cosa è illuminata, tratto dall’omonimo libro di Jonathan Safran Foer. Bastò una recensione di Citati per lanciare il film e far riscoprire il libro”.

E adesso, quanto vale una recensione? “Il cosiddetto illustre recensore è ormai tramontato – sottolinea Fabio Cappelli – e il destino di un libro non è più segnato dagli articoli su quotidiani importanti. Questo non provoca, tuttavia, un calo della lettura: c’è tanta gente che frequenta i festival letterari e sceglie romanzi e saggi che preferisce. Quello che manca, quindi, è proprio il mediatore. Come recuperare questo ruolo? Un esempio potrebbe essere interagire con gli scrittori anche in casi non connessi alla letteratura. Penso alla tragedia del ponte Morandi di Genova, sarebbe stato bello e interessante farsi raccontare la città da autori e artisti locali. Avremmo capito meglio l’atmosfera che si respirava”.

Per ridare lustro al giornalismo culturale, i tre concordano: una recensione dovrebbe avere la capacità di emozionare i lettori, di indagare sui sentimenti che un libro riesce a suscitare e di riuscire a trasmetterli. Bisogna dare informazioni sul contenuto e sull’autore, e trovare dei contatti con altri libri e altri scrittori. La vera scommessa del giornalismo culturale è formare famiglie di libri, dove il lettore possa trovare accoglienza, mantenendo la propria professionalità. Il segreto, insomma, è quello di sempre: insegnare la bellezza della lettura, che non fa mai sentire soli, che emoziona, che ti accoglie e ti invita a riflettere. Come conclude Vigevani riprendendo Ennio Flaiano “leggere è un vizio impunito”.

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