Tribunale di Urbino, processo per pedopornografia: la vittima depone

Ingresso del Tribunale di Urbino, in via Raffaello

URBINO, 15 GIU. – È iniziato al Tribunale di Urbino il processo che vede imputato Elfat Memeti per reato continuato di produzione di materiale pedopornografico. In aula, alla presenza del presidente del tribunale Massimo di Patria, sono comparsi i primi tre testimoni, ma per concludere l’escussione dei testi e la discussione c’è bisogno di ascoltare la versione dell’imputato, oggi assente in aula. Nella prossima udienza, rinviata al 7 dicembre 2022, dovrà presentarsi per testimoniare.

I fatti

I fatti risalgono ai mesi tra dicembre 2016 e febbraio 2017 e sono stati denunciati dall’ex fidanzata di Memeti, A. S., il giugno successivo. Proprio l’ex fidanzata è la prima a sedere al banco dei testimoni. Racconta di una relazione difficile, governata dalla gelosia di lui, dove capitava che Memeti tenesse il cellulare di lei con sé per controllarlo, minacciandola di lasciarla e accusandola di averlo tradito.

Il primo episodio risale al 29 dicembre 2019: la giovane racconta come il fidanzato l’abbia costretta ad atteggiamenti intimi in una videochiamata, non dicendole che la stava registrando. Memeti invia poi alla ragazza, allora 17enne, uno screenshot del video, dicendole che lo avrebbe mandato al padre.

Nel febbraio 2017, col telefono di lei, Memeti – racconta sempre la giovane – riprende un rapporto sessuale tra loro due in un bagno del centro commerciale Santa Lucia e lo invia alla ragazza, dicendole di nuovo che lo avrebbe mandato ai genitori.

La ragazza piange in aula mentre conferma che le foto agli atti del processo sono proprio quelle che Memeti aveva scattato a sua insaputa.

Viene poi chiamato a deporre il commissario di polizia Flavio Salvi, che nel giugno 2017 aveva ricevuto la denuncia della giovane e che il 31 dello stesso mese era entrato in casa dell’imputato sequestrando i cellulari in suo possesso e altri apparecchi di supporto informatico. Salvi conferma che le foto sono quelle che si trovavano sui dispositivi di Memeti, analizzati dalla polizia postale nel 2017.

L’udienza si conclude con la testimonianza dell’ufficiale della polizia postale di Pesaro Mirco Bragina, il quale conferma quanto detto da Salvi.

emm

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