Anno accademico: l’insostenibile pesantezza (per i liceali) dell’essere (formali)

di LINDA CAGLIONI

URBINO – “Prof, ma a che ora finisce ‘sta cosa? Io perdo la corriera…”. Uno degli studenti liceali portati all’inaugurazione del nuovo anno accademico non è troppo coinvolto dalla cerimonia. E non è l’unico. Accanto a lui, mentre le voci degli oratori si alternano solenni nell’aula magna, altre decine di adolescenti cercano di far passare il tempo. Qualcuno si mangiucchia le unghie, altre si perdono a contare le doppie punte. Altri ancora cercano di sgusciare nei corridoi, per fare pausa nella toilette. “Beh, sì, diciamo che è una cerimonia…interessante – dice una ragazza rintanata nei bagni a ridacchiare con l’amica – forse stanno facendo discorsi un po’ troppo complicati per noi, non riusciamo a seguirli”. Le fa eco una docente dell’Istituto Donati, esasperata dalla distrazione dei suoi ragazzi. “Questa è la prima cerimonia che la classe segue, erano entusiasti appena arrivati sul posto. Ma la scaletta dei discorsi andrebbe rivista: le cose che fanno più presa andavano dette subito, quando il pubblico più giovane era ancora reattivo”.

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