Via libera dell’Europarlamento alla legge sul diritto d’autore: ecco cosa cambierà

La legge europea sul copyright è stata approvata.
di ELIA FOLCO

URBINO – Il Parlamento Europeo a Strasburgo ha votato a favore della riforma del copyright per aggiornare le regole sul diritto d’autore nell’Unione Europea. Tra i punti approvati anche la link tax, che riguarda la pubblicazione di articoli giornalistici su social e motori di ricerca.

Ora manca solo un passaggio formale al Consiglio dell’UE e poi diventerà legge. Hanno votato a favore 348 europarlamentari, 274 hanno votato contro e 36 si sono astenuti.

Cosa cambia con la nuova legge

L’approvazione della legge comporta che:
– le grandi piattaforme come Facebook, Youtube e altri colossi del web avranno più oneri: dovranno pagare i contenuti prodotti da artisti e giornalisti e rispondere delle violazioni dei diritti d’autore nei contenuti ospitati. Le piattaforme di medio-piccole dimensioni sono escluse dalla riforma.
– la condivisione di articoli tramite collegamento ipertestuale sarà libera ma gli snippet (foto e breve testo di presentazione degli articoli) saranno coperti da copyright e per usarli si dovranno pagare i diritti d’autore agli editori. La condivisione di parti degli articoli di attualità è però concessa, a patto che il testo condiviso sia molto breve;
– ai giornalisti spetterà una parte delle remunerazioni ottenute dagli editori;
– le piattaforme dovranno creare procedure di reclamo per evitare che vengano eliminati ingiustamente contenuti.

Importante notare che dal diritto d’autore sono esclusi i meme e le enciclopedie gratuite come Wikipedia.

Due anni di dibattito

Il voto ha concluso un dibattito che era aperto da più di due anni e ha visto un’accelerazione dallo scorso settembre, quando la direttiva era stata approvata in via preliminare. Dopo che a luglio i deputati avevano rigettato la prima versione del testo si sono formati due schieramenti.

Da un lato un gruppo di eurodeputati (sostanzialmente quelli non iscritti al Ppe o al Pse) ritenevano che con questa legge si sarebbe messa in discussione la libertà di Internet ed erano sostenuti ovviamente da colossi come Facebook e Google; dall’altro i deputati dei due partiti maggiori (che hanno la maggioranza a Strasburgo) secondo cui era in gioco il futuro del giornalismo e degli autori e avevano l’appoggio delle industrie della musica, del cinema e dell’informazione. “Vogliamo evitare che continui lo sfruttamento dei nostri autori europei”, aveva detto il relatore del provvedimento Axel Voss (Ppe).

I punti su cui si è discusso maggiormente sono stati l’articolo 11 e l’articolo 13, diventati nel nuovo testo 15 e 17.

Il primo dei due articoli dà il diritto a editori e giornalisti di permettere o bloccare l’utilizzo digitale delle pubblicazioni prevedendo anche una nuova remunerazione per gli editori. Praticamente una tassa che Facebook e Google dovrebbero pagare agli editori per pubblicare e condividere le notizie. Questo nasce dall’accusa degli editori ai social di mostrare i loro articoli senza permesso e senza pagare. Loro si giustificano dicendo che il traffico verso i siti di notizie deriva proprio dalla pubblicazione di anteprime negli aggregatori.

L’articolo 15 come è stato approvato

1. Gli Stati membri riconoscono agli editori di giornali i diritti di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE per l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico.
2. I diritti di cui al paragrafo 1 non modificano e non pregiudicano in alcun modo quelli previsti dal diritto dell’Unione per gli autori e gli altri titolari di diritti relativamente ad opere e altro materiale inclusi in una pubblicazione di carattere giornalistico. Essi non possono essere invocati contro tali autori e altri titolari di diritti e, in particolare, non possono privarli del diritto di sfruttare le loro opere e altro materiale in modo indipendente dalla pubblicazione di carattere giornalistico in cui sono inclusi.
3. Gli articoli da 5 a 8 della direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2012/28/UE si applicano, mutatis mutandis, ai diritti di cui al paragrafo 1.
4. I diritti di cui al paragrafo 1 scadono 20 anni dopo l’uscita della pubblicazione di carattere giornalistico. Tale termine è calcolato a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione.

L’articolo 13 prevede invece che tutti i contenuti caricati online devono essere controllati prima della pubblicazione per evitare che materiale coperto da diritto d’autore finisca online senza le tutele, sviluppando un sistema, simile al content ID di Youtube, che riconosca in un contenuto la presenza di elementi protetti da copyright.

L’articolo 17 come è stato approvato

1. I prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno pubblico accesso a grandi quantità di opere o altro materiale caricati dagli utenti adottano, in collaborazione con i titolari dei diritti, misure miranti a garantire il funzionamento degli accordi con essi conclusi per l’uso delle loro opere o altro materiale ovvero volte ad impedire che talune opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti mediante la collaborazione con gli stessi prestatori siano messi a disposizione sui loro servizi. Tali misure, quali l’uso di tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti, sono adeguate e proporzionate. I prestatori di servizi  forniscono ai titolari dei diritti informazioni adeguate sul funzionamento e l’attivazione delle misure e, se del caso, riferiscono adeguatamente sul riconoscimento e l’utilizzo delle opere e altro materiale.
2. Gli Stati membri provvedono a che i prestatori di servizi di cui al paragrafo 1 istituiscano meccanismi di reclamo e ricorso da mettere a disposizione degli utenti in caso di controversie in merito all’applicazione delle misure di cui al paragrafo 1.
3. Gli Stati membri facilitano, se del caso, la collaborazione tra i prestatori di servizi della società dell’informazione e i titolari dei diritti tramite dialoghi fra i portatori di interessi, al fine di definire le migliori prassi, ad esempio l’uso di tecnologie adeguate e proporzionate per il riconoscimento dei contenuti, tenendo conto tra l’altro della natura dei servizi, della disponibilità delle tecnologie e della loro efficacia alla luce degli sviluppi tecnologici.

Un decreto approvato tra molte opposizioni

Nel corso degli ultimi sette mesi sono state fatte dai motori di ricerca diverse campagne contro questo decreto, a partire da Youtube che, poco prima dell’inizio dei video, per un periodo ha inserito degli spot contro la nuova legge sul copyright; alla protesta si era unita anche Wikipedia, soprattutto per solidarietà, che ha proposto un messaggio simile a quello di Youtube, culminando con l’oscurazione del portale alla vigilia della votazione.

L’enciclopedia online infatti pur non venendo toccata dalla proposta si è schierata al fianco dei motori di ricerca online e di tutti gli attivisti che invocavano la libertà di Internet.

Tra i politici italiani uno dei più critici è stato il vicepremier Luigi Di Maio, che sul Blog delle Stelle ha postato una lettera dove definisce il decreto una “legge bavaglio”.

Il sottosegretario ai Beni culturali Gianluca Vacca dopo l’uscita dei risultati ha detto che “La riforma del copyright approvata dal Parlamento europeo rappresenta purtroppo la risposta sbagliata a un giusto problema. Si è persa una grande occasione per fare una riforma equilibrata e al passo con i tempi”. A lui si è aggiunto il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, con un post polemico su Facebook.

Tra i soddisfatti il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che parla di “fine del far west di Internet” sottolineando la necessità di un cambiamento che portasse ordine. Dario Franceschini, ex ministro della cultura, si sofferma invece sulla sconfitta di Lega e 5 Stelle. I due partiti hanno infatti votato contro la link tax, a differenza di Pd e Forza Italia.

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