Giornata mondiale delle api. ll clima mette in crisi gli apicoltori: “Mai visto un anno così negativo”

di NICHOLAS MASETTI

URBINO – Maggio sarebbe il mese di raccolta del miele di acacia. L’apicoltore Luca Baldantoni gestisce in famiglia da più di 20 anni l’azienda Miele Betti a Monteciccardo e racconta: “Un anno così negativo non l’ho mai visto”. Anche Fabrizio Pesare dell’azienda apicoltura Gabannini di Urbino, una delle più grosse della provincia, conferma: “L’acacia sta andando male a livello nazionale. Da inizio maggio per nutrire e mantenere vive le api stiamo utilizzando 20 quintali di miele dell’anno scorso”. Il 20 maggio è la giornata mondiale delle api (proclamata dall’Onu su iniziativa della Slovenia nel 2018), nata per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza degli impollinatori sull’ecosistema, sempre più a rischio. “Gli apicoltori hanno poca produzione sopratutto a causa del cambio climatico – spiega al Ducato la Coldiretti di Urbino – e le api non sono riuscite a impollinare l’acacia”.

Quello di acacia, pianta tipica delle colline urbinati, è un miele di nicchia a differenze del millefiori che ha un costo inferiore (in media cinque euro in meno al chilo). “Il raccolto di miele d’acacia è scarsissimo e la maggior parte viene usato dalle api per auto sfamarsi” racconta Baldantoni che spiega anche la fatica nel fare il miele biologico con “tecniche di manodopera per salvare le api”. Serena Alunni, componente del consorzio apistico provinciale e proprietaria dell’azienda Insula Plani che produce miele di coriandolo per la vendita internazionale di Alce Nero spiega l’attuale situazione: “Brutto clima e trattamenti con diserbanti e pesticidi sono un pericolo per la salute delle api”. Negli ultimi quattro anni la produzione di miele nel territorio si è abbassata, “con un 2017 orribile – racconta Alunni – una situazione così drastica in primavera non l’ho mai vista in 20 anni”.

Le api stanno scomparendo e la produzione di miele sta calando. Ci si può immaginare un mondo senza api? La risposta è no. Il 76% del cibo che mangiamo è impollinato dalle api che aiutano anche il 30% della produzione agricola di frutta e verdura come kiwi, mele, pere, ciliegie, pomodori, zucchine e soia. Cambi di clima, inquinamento, uso intensivo di fitofarmaci e acaro varroa stanno minando l’equilibrio dell’ecosistema delle api, fatto di natura, biodiversità e polline.

Le arnie per le api

Il clima non sta aiutando l’azienda Gabbanini di Urbino, presente dal 1913 con 500 famiglie di api e 70-80 mila dentro ogni arnia: “Con questo freddo non volano più” racconta Pesare. Ne raccoglie alcune nelle sue mani, sono rallentate e stordite dal vento e dalla pioggia. Altro problema, comparso in Italia nel 1981 e in aumento negli ultimi anni, è l’acaro varroa. “A livello nazionale ogni anno si perde il 10-15% e questo è sempre messo in preventivo” conclude Pesare. La temperatura giusta per la api è intorno ai 25 gradi e in estate – quando vengono prodotti miele d’arancio, melata e millefiori – vivono in media poco più di un mese “per il tanto lavoro”, mentre in inverno la loro vita arriva fino a sei mesi.

Il comparto apicolo italiano conta 1,2 milioni di alveari, 45 mila apicoltori di cui 20 mila professionisti (suddivisione in base alla legge 313 del 2004). L’Italia conta 50 varietà di miele (fonti unione nazionale associazione apicoltori italiani Una.api) come l’acacia, il millefiori, d’arancia, castagno, tiglio o melata. Ma anche derivati dal lavoro delle api come propoli, pappa reale e sciroppo balsamico. Nelle Marche nel mese di aprile la produzione di miele d’acacia è stata molto disomogenea a causa di forti acquazzoni, scrive il report dell’Osservatorio nazionale miele, con una stima della produzione media regionale in kg/alveare di 9,5. Nel 2017 la banca dati apistica (Bda) indicava la provincia di Pesaro e Urbino (area vasta 1) con 641 attività di apicoltura registrate, 445 di produzione per autoconsumo e 196 apicoltori professionisti.

SITUAZIONE MONDIALE

Nel mondo il maggior produttore di miele è la Cina con quasi 500 mila tonnellate all’anno (l’Italia nel 2018 solo 22 mila sui 250 mila europei) e copre il 30% della produzione mondiale (l’Unione europea il 12%).  Nel 2018 l’Italia ha importato 27,8 mila tonnellate di miele di cui 11,3 dall’Ungheria. L’anno scorso sono state prodotte 22 mila tonnellate di miele in Italia, paese quinto nella produzione europea dietro (in ordine) Romania, Spagna, Ungheria e Germania.

La Commissione europea ha aperto l’iniziativa “Salvate le api! Protezione della biodiversità e miglioramento degli habitat per gli insetti in natura” e dal 27 maggio inizierà la raccolta firme. Se ci saranno 1 milione di sottoscrizioni da almeno sette paesi membri in un anno, la Commissione dovrà valutare se accettare o meno la richiesta: meno pesticidi, più biodiversità di agricoltura e cancellazione di fertilizzanti nelle aree natura 2000. È stato aperto anche un sito web salviamoleapi.org  promosso da Greenpeace. Nel frattempo l’Italia il 30 dicembre 2018 nella legge di bilancio ha riconosciuto due milioni di finanziamenti per il settore apistico nel biennio 2019-2020.

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