Coronavirus, ecco quali sono i nodi dello scontro Conte-Ceriscioli

Il presidente delle Marche Luca Ceriscioli e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
di GIULIA CIANCAGLINI

URBINO – Non c’è tregua tra Governo e regioni sulle misure da prendere per il Coronavirus. Il presidente del Consiglio vuole impugnare l’ordinanza delle Marche perché “non rispetta le linee guida del Governo”. Ma quali sono queste linee? E su che base il Governo vuole impugnare? Una questione politica e di rimandi giuridici, un braccio di ferro tra presidenti.

Il presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli ha firmato un’ordinanza per l’emergenza del Coronavirus che prevede, dalla scorsa notte, la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e delle università e la sospensione di ogni manifestazione pubblica. L’ordinanza sarà in vigore fino a mercoledì prossimo, 4 marzo. Ci aveva già provato, il giorno prima, subito stoppato da una telefonata del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Lo stesso Conte, al termine della riunione operativa alla Protezione civile coi ministri, il commissario per l’emergenza Angelo Borrelli e tutti i governatori collegati in videoconferenza, aveva raccomandato: “Collaborare, collaborare, collaborare: abbiamo concordato di fare un’ordinanza per uniformare i comportamenti in tutte quelle regioni che non fanno parte della zona focolaio”. Come le Marche.

Ma poi è arrivata la firma di Ceriscioli e le scuole del territorio marchigiano questa mattina sono rimaste chiuse. Anche il presidente siciliano Nello Musumeci ha chiuso gli istituti a Palermo e provincia per tutta la settimana. Con una differenza: la Sicilia è una regione autonoma, le Marche no. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha fatto subito sapere che non avrebbe firmato quel provvedimento. Giuseppe Conte è andato oltre e si è detto pronto a impugnare in Consiglio dei ministri questa ordinanza regionale. La conferma arriva dallo stesso Ceriscioli: “L’ultimo contatto con il governo l’ho avuto con il ministro Francesco Boccia che mi ha annunciato che il governo impugnerà l’ordinanza. Io gli ho risposto che non farò un passo indietro. la Liguria e il Friuli Venezia Giulia hanno preso decisioni analoghe alla nostra”.

Anche Angelo Borrelli della Protezione Civile ha criticato Ceriscioli in diretta su SkyTg24: “Non condivido questa scelta, è una scelta della Regione. Si sta operando per emanare questa ordinanza per tutte le regioni in cui non ci sono casi positivi e in cui si adotterà una regola comune anche per garantire ai cittadini un orientamento uniforme ed evitare la confusione”.

Ma quali sono le linee del Governo?

Dall’inizio del emergenza sanitaria per il Coronavirus il Governo ha emanato due decreti legge firmati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Nel primo, di domenica 23 febbraio, si legge all’articolo 1: “Allo scopo di evitare il diffondersi del Covis-19, nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio del menzionato virus, le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”.


Già qui potrebbe trovarsi il primo nodo. Nelle Marche, al momento della firma del presidente della Regione, non risultava nessuna persona contagiata dal Coronavirus, la notizia di un tampone positivo – alle prime analisi – proveniente da un paziente di Vallefoglia è arrivata poche ore dopo. E Ceriscioli ha dichiarato di aver agito così perché già sapeva di quel primo caso. Non è chiaro se ne avesse informato i ministri e il presidente del Consiglio.

Ma nell’articolo 3 dello stesso decreto si legge: “Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale”.

Ed ecco il secondo nodo. I governatori possono firmare le ordinanze regionali ma poi il Governo deve convalidare le misure. Infatti, le ordinanze delle regioni più vicine al focolaio sono state inserite nel secondo decreto legge, quello di martedì 25 febbraio. E le Marche non avevano ancora un’ordinanza, che sarebbe stata firmata poco dopo da Ceriscioli. Potrebbe essere anche una questione di tempi dunque? Difficile dirlo ma se fosse questo il problema basterebbe approvare un nuovo decreto del presidente del Consiglio. Che invece vuole impugnare il provvedimento di fronte a un tribunale.

Nelle disposizioni finali è scritto: “Sono confermate e restano in vigore le disposizioni contenute nelle ordinanze adottate dal Ministro della salute d’intesa con i presidenti delle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto il 23 febbraio 2020 nonché l’ordinanza adottata dal Ministro della salute d’intesa con il presidente della Regione Liguria il 24 febbraio 2020”.

L’impugnazione

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha minacciato di impugnare l’ordinanza di Ceriscioli, ma nel comunicato stampa del Consiglio dei ministri di ieri questa intenzione non è espressa. Lì ci sono quattro leggi che il Governo decide di impugnare, sulla base dell’articolo 59 della Costituzione, l’ordinanza firmata da Ceriscioli per l’emergenza Coronavirus non è in questo elenco.

“Se fosse comparsa nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri tra le leggi da impugnare – commenta Massimo Rubechi, consigliere giuridico alla Presidenza del Consiglio dei ministri – sarebbe stata più chiara l’intenzione di Conte e già nelle prossime ore l’Avvocatura dello Stato si sarebbe mossa. Ma non tutte le impugnative necessitano di una previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Attendiamo le prossime ore per capire qualcosa in più”.

Comunque il ricorso potrebbe essere fatto davanti a una Corte costituzionale, che deciderebbe se l’ordinanza rientra nelle competenze regionali, o davanti a un ente amministrativo, in questo caso il Tar del Lazio oppure quello di Ancona.

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