Fgcult 2021, seconda giornata. Social, architettura, giornalismo: cambiare le nostre narrazioni

Spettatore durante la prima giornata di Fgcult 2021 legge l'edizione speciale de Il Ducato
di REDAZIONE

URBINO – La seconda giornata del Festival del Giornalismo culturale a Palazzo Ducale di Urbino ha preso il via con gli ospiti, giornalisti, accademici e studiosi, per discutere della lingua attraverso le parole dell’architettura, dei social, delle pagine culturali fino all’incontro – possibile – tra linguisti e giornalisti.

Alle dieci il primo incontro: “Le parole dell’architettura. In attesa de Il Danteum”. A inaugurare il panel a Luigi Gallo, il direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Beatrice Fabbretti, responsabile ufficio stampa e comunicazione del MAXXI di Roma, il museo nazionale delle arti del XXI secolo, che media l’incontro. “La prossima mostra che ospiterà Palazzo Ducale è dedicata al Danteum perché l’architettura parla anche fuori dai soliti luoghi – ha detto Gallo – e questo è un museo che raccoglie due anime: la fortissima personalità del Palazzo e la Galleria nata alla fine dell’Ottocento”.

Edificio rimasto solo in potenza e mai realizzato, il Danteum, progettato dagli architetti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri, doveva essere un monumento al poeta fiorentino in cui la Divina commedia si riproponeva sotto forma di giochi architettonici. “Abbiamo pensato fosse il modo migliore per celebrare Dante – ha detto Luca Molinari, architetto e professore ordinario di Teoria e Progettazione Architettonica  all’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” -: è una mostra che mette insieme il contemporaneo e il poeta fiorentino, architetto delle parole”.

Molinari, è anche direttore dell’M9, il museo del Novecento, cuore di un intervento di rigenerazione urbana a Mestre. E di riqualificazione e rinascita di periferie ha parlato anche Francesco Erbani, per molti anni giornalista di Repubblica, si occupa di inchieste sul degrado urbanistico e ambientale del territorio italiano:

È intervenuto anche Fabio Fornasari, architetto e direttore artistico del Museo Tolomeo dell’Istituto dei Ciechi Cavazza. Ha spiegato la geometrizzazione dello spazio: “Attraverso la vista, l’uomo crea l’immagine mentale di quello che lo circonda”. Per spiegarla meglio ha fatto una dimostrazione di fronte al pubblico di come spiega la geografia della città di Bologna ai non vedenti: “Come percepisce lo spazio una persona cieca? Come tutti, costruendo geometrie, costruendo mappe mentali. Attraverso il mio corpo posso memorizzare ogni cosa. Il Museo in questi anni ha lavorato tantissimo con persone con disabilità” ha spiegato Fornasari.

LA PRIMA GIORNATA – Nel segno di Dante, la lingua e la sua evoluzione

“Le parole dei social” al centro del secondo appuntamento della mattinata, alle 11.30. A fare da moderatore, Marco Pratellesi, giornalista e condirettore di Agi, Agenzia Giornalistica Italia:

Ilaria Barbotti è fondatrice di Digital Pr Atelier e consulente aziendale di strategie digitali e social marketing: “I social media hanno permesso ad alcune tematiche di raggiungere moltissime persone. Oggi, però, è diventato un luogo dove andiamo a parlare spesso di politica e tematiche divisorie. Per questo, spesso si trasforma nel contrario: un luogo dove sfogarsi”. Presente al panel anche il giornalista Massimo Birattari che ha parlato di grammatica sui social media:

Qual’è il ruolo degli algoritmi nelle dinamiche dei social media? Ne ha parlato Fabio Giglietto, professore di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi all’Università di Urbino, durante il suo intervento: “Possiamo affermare con certezza che la circolazione delle notizie false influenza l’opinione pubblica ma non ci sono prove scientifiche che lo dimostrano. Queste aziende probabilmente hanno le risposte che noi cerchiamo ma che non vogliono darci perché potrebbero danneggiarli”.

Per Pratellesi, il diffondersi di fake news ha un impatto anche su quello che sarà il ruolo del giornalista in futuro: “Il suo compito sarà quello di individuare il falso laddove potrà manifestarsi. Dobbiamo ricostruire un umanesimo intelligente, non c’è tecnologia buona o cattiva”. D’accordo con Pratellesi, anche Barbotti: “Penso che il giornalismo abbia l’obbligo morale di insegnare agli altri come stare sui social ma anche che tipo di informazioni condividere”.

Secondo Giglietto, tornando alla questione degli algoritmi, il problema risale fino alle aziende: “Dovrebbero ammettere che non sanno gestire il problema dell’impatto sociale degli algoritmi”. Ha una visione positiva per il futuro, a patto che le aziende – secondo Giglietto – forniscano i dati a esperti che possano analizzarli: ” Poi bisogna decidere a quali dati accedere ma, stiamo andando nel verso giusto: ci sono proposte di legge negli Stati Uniti fatte da persone che hanno speso anni a lavorare su questi temi”. Protagonisti della discussione, non solo Facebook e Instagram ma anche Tik Tok: ” L’arrivo del social asiatico per me sarà molto più imponente di quello di Facebook 15 anni fa” ha concluso Barbotti.

Alle 12.30 la premiazione dei concorsi Giornalisti under 40 e quello fotografico #LeMarchecheVedo

A vincere il concorso Giornalisti Under 40 è stata Nicoletta Pettinari, per “essere riuscita a cogliere la sfida e averlo fatto attraverso un uso felice e leggero delle metafore” ha detto Giorgio Zanchini, direttore del festival. A lei va un premio di 1000 euro.

La giornalista premiata, Nicoletta Pettinari, con Piero Dorfles

Il secondo concorso, #LeMarchecheVedo, è stato vinto da Bianca Frasoldati che con il suo scatto ha colto la regione ” a partire da uno dei suoi luoghi più belli: un punto contatto tra il verde dei suoi boschi e l’azzurro del suo mare” ha detto la direttrice del Festival, Lella Mazzoli

Bianca Frasoldati, la vincitrice del concorso #LeMarchecheVedo

Dalle ‘terze pagine’ agli inserti culturali

“Le parole degli inserti e delle pagine culturali”, alle 15.30, apre il pomeriggio del Festival. Ne parlano Silvia Bencivelli – medico, giornalista e divulgatrice scientifica – Stefano Bucci, redattore delle pagine culturali del Corriere della Sera e del supplemento culturale La Lettura, lo scrittore e umorista Beppe Cottafavi e infine l’agente letterario Marco Vigevani. Introduce e modera il dibattito uno dei due direttori del festival, Giorgio Zanchini. “In questi ultimi anni – dice Zanchini – abbiamo assistito a un fiorire di inserti culturali belli, ricchi, particolarmente forti. Non accade in tutti i paesi”.

L’agente letterario Marco Vigevani apre il dibattito. “Una volta – inizia – c’era una società letteraria che collaborava alla scrittura delle ‘terze pagine’. Vi scrivevano i grandi nomi della critica, che facevano la fortuna (o sfortuna) dei libri che commentavano. Oggi sentiamo rimpiangere spesso gli elzeviri, ma prima era tutto molto più parcellizzato”.

“Poi è arrivato Umberto Eco – continua Vigevani – e la distinzione tra cultura alta e bassa è sfumata. Negli inserti culturali oggi abbiamo una visione più ricca, comprensiva e meno giudicante del panorama culturale italiano. Allo stesso tempo però la terza pagina aveva una posizione centrale, e l’inserto ne ha una marginale”.

I social dettano l’agenda

Beppe Cottafavi, scrittore e umorista, racconta attraverso esempi concreti il modo in cui i social cambiano l’agenda della cultura: “I follower dell’instagrammer Camihawke (Camilla Boniardi, ndr) sono più dei lettori dei giornali italiani. Tendiamo a pensare a queste cose con spavento o orrore, ma quello dei social è in realtà un mondo molto più strutturato e adulto di ciò che immaginiamo”.

Cottafavi parla poi della realtà del quotidiano Domani, nato nel 2020, durante la pandemia: “La scelta è stata quella di costruire articoli lunghi. Io ci lavoro come lavoro ai libri. Non facendo cronaca, c’è molta più omogeneità tra le pagine di cultura e quelle di politica del nostro giornale rispetto ad altri quotidiani. Abbiamo poi deciso di proibire le recensioni, perché crediamo in una sorta di disermediazione”.

Scienza e cultura: un incontro proficuo

“I nuovi linguaggi dell’informazione hanno moltissimo a che fare con la scienza – interviene da remoto la dottoressa e divulgatrice scientifica Silvia Bencivelli – Però molto spesso la cultura che racconta la società si ricorda della medicina solo quando arrivano gli schiaffi. Gli inserti culturali possono essere occasione di proficua contaminazione tra cultura, scienza e analisi dei dati”.

“In radio torno ad essere una giornalista – continua Bencivelli –  interpreto gli articoli, intervengo nel testo, li scelgo con cura. Leggendo un articolo di giornale in radio sto consigliando a un ascoltatore di comprarlo”.

Letteratura e giornalismo: less is more

L’osmosi tra letterati e giornalisti è il tema al centro del panel delle 17: “Linguisti e giornalisti. Un incontro possibile”. Apre l’incontro il direttore Zanchini. “Il nostro giornalismo – dice – è stato spesso elitario e di difficile comprensione. Come rimediare?” Gli risponde Filippo Nanni, vice direttore di Rai News 24: “Esistono tanti linguaggi giornalistici, ma la regola è una per tutti: la semplicità. Raggiungerla è la cosa più difficile di tutte. Spesso prede della fretta, rifuggiamo in luoghi comuni: questo non va bene”.

“Semplicità e chiarezza sono due cose diverse: si può essere chiari anche senza semplicità”: è il pensiero del linguista Claudio Marazzini, dell’Accademia della Crusca. “Esistono tanti manuali su come comunicare, ma il vecchio e nuovo nella lingua non si misurano in maniera meccanica. L’italiano è la più conservativa tra tutte le lingue europee, e questo ci mette in contatto diretto con i nostri autori antichi”.

Continua il discorso lo scrittore Paolo di Paolo. “Nella terza pagina di una volta – spiega – l’elzeviro aveva un’impostazione anti-giornalistica, oggi invece l’informazione culturale è piegata alle pratiche giornalistiche. L’ibridazione tra giornalismo e letteratura è pericolosa quando il giornalismo diventa lirismo, cioè una retorica melensa e stucchevole finto-letteraria. Quando il giornalista, forte della consapevolezza della forza del suo racconto, prova a fare la ‘scalata letteraria’, scivola”.

Il racconto mediale dei femminicidi è al centro dell’intervento di Simona Sala, direttrice di Radio 1: “La narrazione è ancora troppo maschile, incentrata sull’uomo che ha ucciso e non sulla donna uccisa. Abbiamo bisogno di cambiare le nostre narrazioni”.

“I neologismi come femminicidio – continua Marazzini – o i plurali femminili per le professioni, hanno spinto la lingua in una certa direzione senza operare grandi cesure. Nel caso di schwa e asterisco l’operazione invece è più violenta, per cui bisogna discuterne”.

Sala torna poi sul concetto dell’essenzialità della narrazione: “Cosa aggiungere all’immagine di un bambino di tre anni morto sulla spiaggia? O al rintocco del campanile di Amatrice dopo il terremoto? Meglio togliere, andare all’essenziale, che essere sovrabbondanti e stucchevoli”.

Appuntamento questa sera alle 21:30 al teatro Sanzio con l’esibizione di Paolo di Paolo con il suo “recital allegro e disperato” sulle parole della politica: “Vocabolario politichese italiano 1946-2021”. Presenti anche Piero Dorfles, presidente del FGCult, gli attori Simone Francia e Diana Manea e i direttori del Festival, Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini.

A chiudere la seconda giornata sarà il saluto del sindaco di Urbino, Maurizio Gambini.

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