Covid e guerra, oro ai massimi. Gli orefici di Urbino: “Una mazzata”

di DAVIDE FANTOZZI

URBINO – Sopra gli oggetti scintillanti nelle teche della Gioielleria Dini scorrono gli occhi del proprietario, Gabriele Dini. Accarezza con lo sguardo l’assortimento di anelli e collane, finché una di queste non cattura la sua attenzione. Allora aggrotta lievemente le sopracciglia e ne sistema la posizione con la punta degli indici. Il tocco delicato tradisce la passione quasi secolare della sua famiglia per la professione: la Gioielleria, in via Vittorio Veneto, è aperta dal 1927. Un lasso di tempo nel quale “le monete si svalutano per l’inflazione, vanno fuori corso. Ma l’oro è inalterabile”, dice Dini in un sospiro.

Il rincaro delle materie prime non ha risparmiato niente e nessuno. Gli aumenti di benzina, elettricità, metano, coinvolgono direttamente anche chi lavora con l’oro e i preziosi. “Ancora non abbiamo ritoccato i prezzi – afferma – ma quando acquisteremo ci troveremo un aumento del costo della merce. E dovremo aumentare per forza”.

Erano bei tempi, i tempi d’oro

Negli ultimi anni, il prezzo dell’oro è salito in maniera costante. Sfiorava i 36 euro al grammo nel 2019, fino ad arrivare a valerne 51,40 a metà del febbraio scorso. Lo scoppio della guerra in Ucraina, il 24 febbraio, ha dato lo strappo: il costo al 22 marzo è pari a 56,30 euro al grammo (ma aveva superato i 60 euro due settimane fa). Una variazione di cinque euro in poco meno di un mese, “una cosa mai vista”. Questo perché, spiega Dini, “le fabbriche seguono le oscillazioni del costo”. Le principali sono nelle città di Arezzo, Valenza e Vicenza.

L’oro è destinato ad aumentare in quanto “bene rifugio”, insieme ad altri materiali come diamanti e platino. “Non tanto per la scarsità di produzione o approvvigionamento, ma per la crisi”, alla quale si aggiungono anche “delle manovre speculative, che portano i prezzi a lievitare”, conclude.

“Ormai siamo più un ferramenta”

Usa le stesse parole Ornella Ferri, proprietaria del negozio Oropiù. Mentre parla lancia occhiate alla porta d’ingresso che si apre sul corso che porta a Palazzo Ducale, e le scappa un sorriso quando pensa al periodo pre-Covid. “C’era la fila per fare i regali di laurea”, ricorda. Non ci sono solo gli aumenti del trasporto su gomma, della corrente o del metano per il laboratorio: la ricercatezza di materiali come il rame o il rodio, necessario per il trattamento di rodiatura di oro bianco e argento, si riflette sul costo dell’oro.

Di conseguenza, si vendono anche oggetti meno pregiati e costosi, anche per dare più opzioni di acquisto alla clientela. “Siamo più un ferramenta che un’oreficeria, ormai”, asserisce Ferri. Questo soprattutto a causa di quella che definisce “la scomparsa del cittadino del centro”, e dell’assenza degli studenti universitari, molti rimasti nelle loro città per seguire i corsi in dad.

“Aumento dei prezzi? Una mazzata”

Gabriele Aguzzi, general manager della gioielleria All Gold, ammette di essere “molto preoccupato”. Di ritorno dalla fiera dell’oro di Vicenza e in partenza per quella Dubai, per lui l’incremento del costo dell’energia è “una mazzata. Per ora non abbiamo ritoccato i prezzi delle riparazioni, ma dopo due anni di difficoltà legati al Covid è dura”. All Gold conta due negozi, a Fossombrone (sede anche del laboratorio) e a Urbino, in via Bramante. Solo la bolletta dell’elettricità di quest’ultimo “è passata da 300 a 1000 euro”.

I prezzi dei prodotti, anche qui, sono rimasti invariati “perché i clienti non sono tantissimi e cerchiamo offrire il miglior servizio, anche per poter lavorare di più”, termina Aguzzi. Quello che prima era lusso accessibile ha visto alzare l’asticella ulteriormente, date le cause che insieme stanno concorrendo alle difficoltà nel settore. Si aspetta che i prezzi calino per ricominciare a tirare un po’ il fiato, esercenti e acquirenti.

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