Sciami di api anche a Urbino, l’apicoltore: “Sono tranquille, non uccidetele”

di DAVIDE FANTOZZI

URBINO – “Le api sono tranquille e non bisogna dar loro fastidio, se ne fregano altamente dell’uomo”. Sono queste le parole di Fabrizio Pesare, quarta generazione di apicoltori di famiglia, che si occupa, assieme allo zio Giorgio Gabannini, della rimozione degli sciami a Urbino. Con la primavera aumentano le segnalazioni, anche nella città ducale, di ‘famiglie’ di questi insetti che si spostano e talvolta si fermano creando disagi: “Solo stamattina ho fatto quattro interventi, mio zio altri tre e sono appena le 12”, dice al telefono al Ducato. Con il caldo primaverile e la fioritura, gli sciami gialloneri possono decidere di sistemarsi negli alberi e tra gli infissi delle finestre. In quel caso, le richieste di intervento ai Vigili del fuoco del distaccamento di Urbino vengono inoltrate all’Apicoltura Gabannini.

GIORNATA MONDIALE DELLE API – Il clima è un problema

Casa è dove c’è la regina

Quest’anno la fioritura dell’acacia è stata tardiva, motivo per cui la sciamatura è iniziata in ritardo rispetto al periodo solito, tra fine aprile e prima metà di maggio. “Ma gli spostamenti possono dipendere da diversi fattori”, prosegue Pesare. “L’istinto delle api le spinge a moltiplicarsi in condizioni favorevoli”: la primavera, il caldo e la fioritura portano a un aumento del loro numero e alla creazione di altre regine. Queste sono la colonna portante di ogni famiglia, prendono il volo e portano con sé parti di quella originaria per cercare nuovi posti in cui insediarsi. Capita però che durante il ‘trasloco’ si fermino per una ‘sosta’.

Pesare e Gabannini, per rimuovere gli sciami, devono quindi cercare la regina, che però “è protetta da tutte le altre api”. Trovarla equivale a cercare un ago in un pagliaio. Gli apicoltori possono soltanto “prendere più api possibile per aumentare le probabilità di riuscita”. La regina viene poi messa nell’arnia (un ricovero artificiale per la colonia), dove operaie e fuchi la seguiranno. L’operazione va ripetuta una volta fatto buio, perché molte api di giorno sono alla ricerca di polline. Una volta raccolto completamente lo sciame, si chiude l’arnia e si porta in azienda.

L’attività mette Pesare a contatto con diversi tipi di persone. “Sabato sera uno studente mi ha chiesto di intervenire con urgenza – ride l’apicoltore all’altro capo del telefono – Poi mi ha detto che potevo tenermi le api, ma che il miele lo voleva lui”. Succede anche che le persone vogliano sdebitarsi a prescindere, come successo pochi minuti prima della nostra chiamata. “Un signore anziano, quando gli ho detto che non prendevo nulla, è andato nel suo orto e mi ha portato una borsa di fave come ringraziamento”.

Le arnie per le api

I consigli dell’esperto

L’apicoltore sfata un falso mito, quello di lasciare alle api un piattino con acqua e zucchero per rifocillarsi. “È una cosa molto bucolica, ma lo sciame non è casuale: si prepara prima”. Ciò prevede che questi insetti “si riempiano lo stomaco prima di partire verso l’ignoto”. In sostanza, “non servono miele, acqua e zucchero. Hanno già mangiato e sono tranquille, per questo non pungono quasi mai”. Lo sciame manda avanti “tra le 10 e le 20” api scout, o esploratrici, per saggiare la qualità del posto. Può essere una pausa di passaggio o un indizio di permanenza, se il luogo è buono e riparato dalle intemperie, come gli infissi delle finestre, i sottotetti o le case sfitte. “Non è detto che perché si vedono tante api, queste rimangano per tutta la vita. Spesso restano solo per mezza giornata e poi ripartono”, afferma Pesare.

Si può provare a scoraggiare lo sciame, “rendendo il luogo inospitale”: mettere della varechina sul posto, o strofinarci sopra acqua e amuchina o aceto, “ma non è detto che funzioni”. Se le api dovessero comunque arrivare, non bisogna farsi prendere dal panico. Raramente pungono, “bisogna chiamare un esperto che possa aiutare”. Non vanno avvelenate per due motivi: “Perché è penale, sono una specie protetta” e perché in questo caso lo sciame si arrabbia, diventa aggressivo e punge. “Le api sono tranquille e non bisogna dar loro fastidio”, chiosa Pesare, che svela come prenda “più punture al lavoro che negli interventi”. “Le api sono molto veloci – continua – se vogliono pungerti, ti pungono. Se ti girano intorno evita di sbattere le mani o dar loro fastidio”.

PROGETTO BIOMONITORAGGIO – Le idee dell’Università

Mutuo aiuto

Gli interventi svolti da Pesare e lo zio sono a titolo gratuito, “per servizio civico”. Il ritorno della Gabannini, che comunque è un privato, sta nel poter tenere le api. Nel migliore dei casi, queste “diventano produttive dopo un anno. Ma ora non è più così lineare – avverte Pesare – Vent’anni fa il rapporto era paritario: il cittadino si liberava di un problema e noi avevamo la possibilità di avere altre api, ma ora queste hanno sempre più problemi sanitari”. Alcune malattie altamente contagiose per questi insetti possono dover portare, per legge, alla distruzione dell’intero sciame.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra e di terze parti maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi