I carri del Carnevale colorano Fano. Beatrice Venezi ospite d’onore

Il carro de "Il Mangiasogni", al Carnevale di Fano 2024 - Credits: Wilson Santinelli per Comunica Media agency
di ANNALISA GODI

FANO – Viene spontaneo ballare al ritmo della musica che accompagna i carri, sorridere davanti ai bambini vestiti da Super Mario o da cagnolino della carica dei 101 e cedere alla tentazione di un dolcetto fritto, venduto dagli ambulanti. Il Carnevale di Fano è nato nel 1347 ed è uno dei più antichi e amati d’Italia.

“Ci aspettiamo tante partecipazioni”, afferma la presidente dell’Ente carnevalesca Maria Flora Giammarioli. Il tema di quest’anno è “Fuori dalle righe e dagli schemi”. “Noi vogliamo provocare, infatti abbiamo scelto come sindaco del Carnevale la maschera di Rabachèn, che rappresenta Pesaro. È controcorrente (e divisiva ndr) anche l’ospite d’onore, il direttore d’orchestra Beatrice Venezi, a cui abbiamo dedicato un carro”, spiega Giammarioli.

La parata, che conta tredici carri allegorici divisi in prima (i più grandi) e seconda categoria (i più piccoli), sfilerà per le tre domeniche di festeggiamenti lungo viale Gramsci. Partono in fila, preceduti dalle mascherate che hanno il loro stesso tema e ballano a ritmo della musica del carro. Quando passano, li guardi dal basso verso l’alto per cogliere tutti i particolari. “Ho visto l’AI che bacia lui” (realizzato da Fantagruel) mette allegria con il suo riferimento alla celebre canzone di Annalisa, invece “Come sarebbe stato il passato se il futuro fosse arrivato prima” (Gomma piuma per caso) restituisce una vibe da “Pianeta del tesoro”, con il suo cantante vestito da pirata. Per i nostalgici c’è “The Dark Side 50th” (Carnival factory), che l’anno scorso celebrava i 50 anni di uno dell’omonimo album dei Pink Floyd e si è meritato di tornare sulla scena anche in questa edizione del carnevale. Con i suoi occhi rossi, “il Mangiasogni” (Carnival Factory) è inquietante e spettrale.

Al secondo “giro”, dai carri inizia il tradizionale “getto” di cioccolatini e caramelle, è il momento in cui tutti lungo la strada si affollano per catturarne qualcuno al volo grazie ai “prendi getto”, i caratteristici coni in cartone, portati in alto da una marea di braccia. Chi invece non ce l’ha, cerca di raccogliere i dolciumi finiti a terra in mezzo a centinaia di piedi, altri si allungano fin sotto le tribune recintate per prendere a caccia dell’agognato cioccolatino.

“Quest’anno lanceremo 200 quintali di dolciumi durante le sfilate, e vi posso assicurare che vederli tutti stipati nel famoso caveau del getto è impressionante!”, commenta Giammarioli.

La Musica arabita, dalla pagina Facebook del Carnevale di Fano – Credits: Wilson Santinelli per Comunica Media Agency

Lo stesso carro chiude la sfilata ogni anno. È quello a cui i fanesi sono più affezionati e che rappresenta l’essenza della città. Si tratta della Musica arabita, ovvero arrabbiata. I componenti di questa banda alquanto sui generis suonano tanti strumenti, ma alcuni più di altri attirano l’attenzione: grosse forbici piene di campanelli, pinze enormi e altri strumenti chiamati “batanaij” nel dialetto locale. “Ognuno costruiva gli strumenti in base al proprio mestiere: si va dai forbicioni alle pinze, ai pentoloni”, spiega il direttore della banda folkloristica, Daniele Gaudenzi.

La Musica arabita festeggia quest’anno il suo 101esimo anniversario. “È nata per il desiderio del popolo, fatto di artigiani, contadini e commercianti, che volevano suonare fuori dai salotti della borghesia, dove invece si suonava il clavicembalo. Secondo la “leggenda”, questi musicisti si erano trovati sotto le finestre dei “borghesotti” e avevano iniziato a suonare, una signora si affacciò esclamando: “Cu sit, arabiti?!” (Cosa siete, arrabbiati?! ndr)”, racconta Gaudenzi.

La banda porta la sua “musica arrabbiata” in tante manifestazioni, sia in Italia, sia all’estero: nel febbraio 2023 erano al carnevale di Évian-les-Bains, in Francia, un evento di ritrovo e festeggiamenti per le allegorie europee.

Passeggiando per il centro della città, in un momento in cui si cerca tranquillità dai festeggiamenti, ci si imbatte nel Vulòn, la maschera tradizionale del Carnevale fanese. “Il Vulòn rappresenta Fano, è vestito un po’ da romano e un po’ come nel medioevo, perché Fano ha le mura sia romane che medievali, poi ha delle piume di pavone perché il Vulòn si pavoneggia. È un po’ il capitano della commedia dell’arte, ad esempio, se venisse a Urbino direbbe che Raffaello l’ha inventato lui”, spiega Giammarioli. Dal 2019 è entrato nel centro coordinamento maschere italiane e sta così viaggiando in tutta Italia per farsi conoscere. “Visto che è “vulone” (termine intraducibile in italiano, ma che definisce un personaggio un po’ sbruffone e arrogante ndr), vuole diventare famoso come Arlecchino”, conclude la presidente dell’Ente carnevalesca.

Mentre la folla festante si acquieta e defluisce dal viale dei festeggiamenti, la musica dei carri scompare e in fila indiana vanno verso i loro ricoveri, dove resteranno fino alla prossima domenica. La città di Fano continuerà a respirare l’aria (fritta, come i castagnoli, dolce tipico di questo periodo) del Carnevale fino al pomeriggio di martedì 13 febbraio, quando Piazza XX settembre sarà illuminata dal rogo del Pupo.

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