di MARIA SELENE CLEMENTE e RAFFAELE DI GAETANI
URBINO – Si allungano i tempi per la discussione in aula della proposta di legge sul fine vita nelle Marche, presentata al Consiglio regionale dal capogruppo consiliare del Pd Maurizio Mangialardi nel luglio 2022, 20 mesi fa. “Non c’è ancora una data per la discussione in aula della legge sul suicidio assistito. Bisognerà aspettare marzo” dice al Ducato Nicola Baiocchi, presidente della commissione Sanità.
Rischia quindi di sfumare la possibilità che le Marche diventino la prima Regione italiana a dotarsi di una legge che applichi la sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019. Nel frattempo, infatti, in Emilia-Romagna, con una delibera, la giunta regionale Bonaccini ha definito i tempi del suicidio assistito.
Chi avanza la richiesta dovrà ricevere una risposta entro 42 giorni, evitando il ripetersi di casi in cui i pazienti – già in uno stato di grave sofferenza fisica e psicologica – hanno dovuto aspettare persino due anni per avere un riscontro. Questo è quanto accaduto nelle Marche a Federico Carboni, deceduto a 44 anni. Nella stessa regione, Fabio Ridolfi, dopo 18 anni di malattia irreversibile, a 46 anni ha scelto di ricorrere alla sedazione profonda piuttosto che continuare ad aspettare una risposta dalle istituzioni.
I limiti della delibera
La scelta dell’Emilia-Romagna di colmare il vuoto legislativo con un atto amministrativo, e non una legge nazionale o regionale, ha sollevato pareri differenti.
Al Ducato, Mangialardi dice di essere d’accordo con il provvedimento Bonaccini, “perché la sentenza della Corte Costituzionale è chiara. È un’assunzione di responsabilità importante da parte della Regione Emilia-Romagna, ma la delibera ha bisogno di essere tutelata nel tempo, serve qualcosa che la protegga”.
Per Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, la delibera “è un bene, se fatta in attesa di una legge”. Solo quest’ultima eviterebbe il rischio che le attuali procedure vengano “cancellate in futuro con un tratto di penna di un assessore”.
Turismo sanitario
L’adozione della delibera della giunta Bonaccini ha aperto due questioni. La prima è relativa alla disparità regionale in materia di sanità; la seconda riguarda il “turismo” sanitario che potrebbe svilupparsi verso l’Emilia-Romagna per accedere al suicidio assistito. Contattato dal Ducato, l’Urp dell’Emilia Romagna non ha saputo ancora dare una risposta all’interrogativo.
Quest’ultimo problema tocca da vicino le Marche, considerata la vicinanza territoriale. Secondo Mangialardi, non sarebbe un’eventualità concreta visto il basso numero delle richieste. L’Associazione Coscioni spiega che resta valido, come per qualsiasi altra prestazione sanitaria, il requisito della residenza che, tuttavia, può essere facilmente aggirabile con un trasferimento.