Papilloma Virus: pochi vaccinati (e in calo) nella provincia di Pesaro e Urbino

di LAURA NASALI e ANNALISA GODI

URBINO – Tutti gli anni ogni adolescente, compiuti i 12 anni, riceve un invito dalla Sanità alla campagna vaccinale contro il papilloma virus. I dati però parlano chiaro. Nonostante sia del tutto gratuito, sempre meno adolescenti nella provincia di Pesaro e Urbino concludono il ciclo completo di vaccinazione contro l’Hpv, sono meno di una su tre.

I dati

Di 1807 ragazze nate nel 2011, solo 772 si sono presentate per la prima dose e soltanto 525 si sono presentate alla seconda. Per quanto riguarda invece i ragazzi, di 1889, solo 431 hanno terminato la vaccinazione. Il dottor Augusto Liverani, direttore dell’Unità operativa complessa di Igiene e Sanità pubblica e prevenzione malattie infettive spiega: “Si tratta di un vaccino molto importante, che è fatto per proteggere da uno dei cancri più comuni nel sesso femminile e la cui efficacia arriva quasi al cento per cento. Vedere un’adesione così scarsa è paradossale. Il problema, molto probabilmente è che, essendo un’infezione correlata all’inizio dell’attività sessuale, si lega a una reazione emotiva da parte dei genitori che comprendono l’importanza di questo tipo di vaccinazione più tardi”.

Nell’arco di quattordici anni i partecipanti attivi alla vaccinazioni sono diminuiti drasticamente. Durante la prima campagna vaccinale, le ragazze nate nel 1997 che hanno completato tutti i cicli sono state 1158 su 1929, il 60 per cento. Le adolescenti nate nel 2011 appena il 29 per cento.

Ma cos’è il Papilloma virus? Come si previene?

Si tratta di un’infezione sessualmente trasmissibile, anche oralmente. Ad oggi il vaccino copre nove ceppi, di cui sette ad alto rischio di possibili lesioni precancerose (che possono portare a un tumore). Quelli più pericolosi sono i ceppi 16 e 18. Se la campagna vaccinale gratuita per le donne è partita con le ragazze nate nel 1997, quella per gli uomini è iniziata invece con i nati nel 2005. Liverani chiarisce: “La vaccinazione viene offerta a una categoria di ragazzi di undici anni, quindi è chiaro che il ruolo del genitore è fondamentale. Essendo agli inizi dell’adolescenza i ragazzi non hanno piena consapevolezza del rischio derivante l’attività sessuale che ancora magari non hanno intrapreso. È molto importante però perché l’efficacia del vaccino aumenta se viene effettuato prima dell’inizio dei rapporti”.

Se il vaccino viene fatto dopo i 12 anni, invece di due dosi, la Sanità ne prevede tre. Dal momento che però molti non si presentano ai richiami, l’efficacia protettiva è molto più bassa, “difficile anche da documentare” sottolinea Liverani.

Il Pap test e il test Hpv

Le ricerche hanno dimostrato che tutte le persone almeno una volta nella vita contraggono l’infezione. Nella maggior parte dei casi però questa si risolve da sola nel giro di uno o due anni. Nei casi invece in cui persiste, può dare luogo a delle modificazioni cellulari che nell’arco di un decennio possono portare a delle lesioni precancerose. Ad oggi le modalità per scoprire se una donna ha contratto l’infezione sono due: il Pap test e il test Hpv. Per quanto riguarda gli uomini invece l’infezione non viene ricercata, anche perché i possibili danni che andrebbe ad arrecare sono nettamente inferiori rispetto al sesso femminile.

Per le donne vaccinate la convocazione per il test Hpv arriva ai 30 anni, mentre le ragazze non vaccinate vengono chiamate a fare il Pap test a 25 anni. La differenza fra i due è che quello Hpv ricerca il virus, l’altro cerca delle possibili modificazioni nelle cellule.

“L’uso del profilattico non è sufficiente a proteggersi. Ci vuole sensibilizzazione sull’argomento e partecipazione da parte dei genitori. Il vaccino, se completato, può davvero salvare la vita” conclude Augusto Liverani.

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