I problemi dell’alternanza scuola-lavoro raccontati dagli studenti di Urbino

Una vetrata nel liceo Laurana Baldi di Urbino
di SARA SPIMPOLO

URBINO – Raggiunti dal Ducato, cinque ragazzi e ragazze che frequentano le scuole superiori di Urbino, hanno raccontato – con nomi di fantasia – le loro esperienze in alternanza scuola-lavoro.

“Cercatevi un’azienda”

Mattia, al quarto anno dell’Itis Mattei, indirizzo chimico, ha passato 160 ore in una farmacia. “Il mio compito era stare in magazzino – dice – dove registravo i pacchi che arrivavano o li mettevo a posto negli scaffali. Non ho fatto niente che fosse attinente alla chimica. A lavoro non venivo molto seguito, l’impressione è che non avessero voglia di spendere soldi e tempo per istruirmi. Il farmacista era talmente svogliato che la valutazione finale sul mio lavoro, quella che finirà nel mio fascicolo scolastico, l’ha fatta compilare a me”. Spiega di aver scelto questa alternanza per ragioni di comodità: “I professori sono venuti da noi e ci hanno detto: ‘Cercatevi un’azienda vicino casa o dove possiate lavorare, se non riuscite vi aiutiamo’. Ma se l’alternanza fosse strutturata bene, non avrebbero dovuto permettermi di andare lì. Alla fine non ho avuto la possibilità di raccontare tutto questo in una relazione finale sulla mia esperienza, visto che non ne ho compilata una”.

IN PROVINCIA – Alternanza scuola-lavoro, niente monitoraggio e istituti lasciati soli

Edoardo, all’ultimo anno di cinema e fotografia dell’artistico, è andato a Cagli a fare un video per una compagnia teatrale. “Per cinque giorni dovevamo documentare il backstage e riprendere lo spettacolo finale. Ma ci è stato presentato il progetto il venerdì per il lunedì successivo, e siamo andati allo sbaraglio: non avevamo un calendario e non sapevano come spostarci. Non potevamo andare con mezzi nostri perché l’assicurazione della scuola non ci avrebbe coperto, ma gli orari degli autobus erano assurdi: dovevamo partire da Urbino alle 12, arrivare a Cagli alle 13; prendere l’autobus di ritorno alle 14 per essere a scuola alle 16, entro la fine dell’orario scolastico. Ci siamo lamentati, e l’alternanza è stata sospesa temporaneamente. Dopo cinque giorni di chiamate, i rappresentanti degli studenti e dei genitori hanno scritto una lettera alla preside, chiedendo di poter avere un incontro con lei. Una volta nel suo ufficio, si sono però sentiti dire che la competenza non era sua, che stavano sbagliando a lamentarsi con lei. Sua però era la firma sul progetto di alternanza. Alla fine la situazione è stata risolta, grazie all’intervento di una consigliera locale, sono stati cambiati gli orari del progetto e siamo riusciti a organizzarci con gli autobus per andare a Cagli”.

L’impresa tra i banchi

Per fare alternanza, la quinta B del liceo scientifico Laurana Baldi non si è mossa dai banchi. “Per circa 90 ore – raccontano Gaia, Giulia e Federico, compagni di classe – abbiamo simulato la creazione di un’impresa di collari per cani. Due tutor esterni dell’organizzazione Junior Achievement sono arrivati in classe per spiegarci come funziona il lavoro all’interno di un’azienda, e poi ci si siamo divisi i compiti: chi si occupava del marketing, chi teneva il bilancio, chi era a capo del personale. Abbiamo venduto azioni a cinque euro ai nostri parenti, e con quelle abbiamo aperto un conto in banca per ordinare i materiali e pagare la sarta che ha cucito i collari. Alla fine abbiamo venduto i collari e abbiamo diviso i soldi tra noi. Nella relazione finale siamo stati molti critici con l’organizzazione dell’alternanza, e i professori hanno recepito. L’esperienza è sembrata fine a se stessa, lontana da quello che studiamo e poco istruttiva. A mala pena ci siamo accorti di essere in alternanza, visto che siamo sempre rimasti tra i nostri banchi. Non abbiamo avuto idea di come funziona il mondo fuori dalla scuola”.

La fermata in via Pacioli

I ritardi e le mancanze

Elisa studia incisione al quinto anno del liceo artistico Scuola del libro, e ha creato delle illustrazioni sul libro Maledetti cantautori di Nicholas Ciuferri. “Abbiamo collaborato con la casa editrice Becco Giallo, che pubblica fumetti. Basandoci sul libro, nella mia classe dovevamo creare 20 illustrazioni, una per ciascun cantautore descritto nel testo. A me è toccato Jeff Buckley. Ho realizzato in digitale il mio lavoro, e tra pochi giorni lo consegnerò assieme ai miei compagni. Sono rimasta molto contenta di questa esperienza. I professori ci hanno dato libertà di esprimerci ed è un lavoro coerente con ciò che studiamo, soprattutto rispetto a ciò che ci avevano proposto di fare al terzo anno: andare a fare le guide di una mostra di ceramica a Palazzo Ducale. Poi di quel progetto non si è fatto niente, perché a causa del Covid ho saltato i primi due anni di alternanza. Questo in realtà mi preoccupa, perché potrebbe essere un problema per quanto riguarda il numero di crediti con cui arriviamo all’esame di maturità”.

Marco, studente del quarto anno al liceo artistico, non ha ancora fatto alternanza. “Le cose vengono organizzate sbrigativamente, e gli studenti non vengono coinvolti. Noi dovevamo iniziare quest’anno, ma poi i tempi si sono allungati. Capita spesso che all’artistico non si inizi il Pcto in tempo, ma cominciarlo al quinto anno è una cosa mai vista. Non so ancora cosa dovrò fare e per quante ore, ma probabilmente resteremo a scuola a collaborare con lo studio di un incisore. Sarebbe utile avere un maggior preavviso per quanto riguarda i progetti, perché noi facciamo lavori pratici, abbiamo bisogno di tempo per organizzare le idee e i materiali. Alle riunioni per il Pcto noi studenti non venivamo mai lasciati partecipare, tranne una volta. Anche il corso sulla sicurezza è stato un problema: l’abbiamo fatto solo un mese fa, mentre altre scuole lo fanno al secondo o terzo anno. La mia classe ha dovuto rincorrere la persona che se occupa all’interno della scuola a partire dal secondo anno di liceo, per chiedere quando iniziasse il corso. A un certo punto mi sono sentito rispondere da uno dei professori che c’era ancora tempo, e ‘finché non iniziate alternanza non siamo obbligati a farlo'”.

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