Tutti contro la diocesi unica Pesaro-Urbino. Consiglio comunale approva documento ufficiale

adi BEATRICE GRECO

URBINO – Un voto unanime e “una comunità stretta per difendere le sorti dell’arcidiocesi di Urbino Urbania e Sant’Angelo in Vado”, che rischia l’accorpamento con Pesaro. Quello che si è approvato ieri al Consiglio comunale di Urbino è una vera e propria protesta contro il Vaticano e la sua decisione. Un ordine del giorno per dire che non ci stanno alla fusione e che, per farlo, hanno intenzione di coinvolgere non solo i Consigli di Urbania e Sant’Angelo in Vado, ma anche tutti quelli dei comuni che fanno parte dell’arcidiocesi. “Trasversalità e condivisione” queste le parole chiave usate dal sindaco della città ducale Maurizio Gambini per “una delibera che spero possa essere portata avanti anche dai singoli comuni della diocesi”.

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Tra le armi messe in campo per combattere la fusione rivivono i papi urbinati e Federico da Montefeltro con i suoi soldati, che per anni hanno combattuto per la Chiesa e che tanto le hanno dato. C’è la biblioteca del Duca, che ha contribuito ai fasti del Vaticano. Antichi strumenti che risorgono ora e così viene proposto un pellegrinaggio dei fedeli a Roma per dire no all’accorpamento. Ma c’è anche chi è ancora più agguerrito: stop all’8×1000 e missive al papa emerito, Benedetto XVI. “Bisogna puntare sulla posizione di Urbino come capoluogo” è l’urlo di battaglia di Giorgio Londei, capogruppo di Urbino e il Montefeltro, condiviso sia dal sindaco che molti altri consiglieri.

L’ordine del giorno di protesta

L’invito di condividere l’ordine del giorno urbinate è accolto da tutti i sindaci presenti alla seduta di ieri. Tra loro Stefano Parri, di Sant’Angelo in Vado e Annalisa Tannino, vice-sindaca di Urbania. Ma anche i primi cittadini Emanuele Feduzi per Fermignano, Davide Fabbrizioli per Petriano, Romina Pierantoni per Borgo Pace e molti altri. Nelle prime file anche il sindaco di Isola del Piano, nonché presidente della Provincia, Giuseppe Paolini.

Tutti d’accordo nell’approvare un documento per esprimere “preoccupazione e contrarietà” e per impegnarsi a “mantenere alta l’attenzione sulla questione del futuro della nostra arcidiocesi”, si legge sull’ordine del giorno discusso, in cui il Comune di Urbino richiede anche il mantenimento della diocesi e dell’arcivescovo. L’ultima voce della delibera svela il punto focale della protesta: “Coinvolgere tutto il territorio invitando i Consigli comunali a condividere a approvare il presente ordine del giorno”.

Territorio ampio, storia e Urbino capoluogo: le motivazioni contro la fusione

“L’accorpamento penalizzerebbe le attività legate non solo alla chiesa, ma proprio di tutta la comunità” è l’allarme lanciato da Gambini, che a gennaio ha inviato una lettera di appello al Papa. Tra le motivazioni in difesa dell’arcidiocesi di Urbino Urbania Sant’Angelo in Vado c’è la vastità del territorio, con zone molto lontane da Pesaro e distanze che potrebbero comportare la disaffezione da parte dei cittadini. E poi, sottolinea il sindaco, “se siamo capoluogo di provincia, non è accettabile che ci venga tolta la diocesi”.

Una linea condivisa da Giorgio Londei. “Abbiamo solo due carte da giocare. Una è la carta della storia e l’altra è quella dell’attualità di questi giorni” ha detto, citando i due papi del territorio, Clemente XI di Urbino e Clemente XIV di Sant’Angelo in Vado, e la biblioteca dei Duchi presa dal Vaticano. La carta dell’attualità si gioca sulla condizione di Urbino come capoluogo: “Il ministro degli Interni Luciana Lamorgese e il ministro dell’Economia e delle finanze Daniele Franco hanno firmato pochi giorni fa un decreto nel quale si afferma che la città di Urbino deve essere considerata capoluogo di provincia” ha affermato Londei. “È tempo di agire, perché non esiste un capoluogo che non abbia un arcivescovo” è la sua conclusione. Un discorso appoggiato anche dalla portavoce della Lega di Urbino Francesca Fedeli, che non avendo scranni in Consiglio interviene dal pubblico: “Non bisogna mollare il colpo. La linea da seguire è quella spiegata da Londei”.

Un momento del Consiglio comunale di Urbino sull’arcidiocesi

“Non è un peccato, è un sacrilegio”. È netto il capogruppo di Urbino città ideale Lino Mechelli, che per difendere la grandezza dell’arcidiocesi parla dell’importanza della città ducale, patrimonio dell’umanità e sede dell’Università degli studi Carlo Bo, esistente dal 1506. “I cittadini si sentono abbandonati e umiliati. La difesa è difficile, ma non impossibile” dice augurandosi che il monsignor Giovanni Tani continui a guidare l’arcidiocesi nonostante i limiti d’età. “È importante che anche il nostro arcivescovo prenda posizione” osserva Luca Londei del gruppo Misto.

“Il nostro territorio ha già dato un contributo con l’accorpamento di Urbania-Sant’Angelo in Vado a Urbino nel 1986” rimarca il vice sindaco Massimo Guidi, ripercorrendo la storia delle diocesi e delle fusioni a partire dalla revisione dei patti lateranensi del 1984. “Non si capisce perché dobbiamo essere nuovamente penalizzati con l’accostamento a Pesaro” afferma mentre si dice infastidito da una scelta che è stata presa in sordina.

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La lotta alla fusione con l’arcidiocesi di Pesaro trova tutti d’accordo. La capogruppo di Forza Italia Laura Scalbi si dice pronta a sostenere l’ordine del giorno e anche Mario Rosati, a capo di Viva Urbino, esprime l’appoggio del suo gruppo e del Partito Democratico, pur sottolineando che questa decisione del Vaticano si somma agli altri problemi di Urbino, tra i quali lo spopolamento. Ma sottolinea: “La città e il territorio si sono impoveriti come non mai in questo periodo e non si possono accusare solo agenti esterni: la causa principale è interna e sta nell’incapacità di pensare una città volta al futuro”.

Le proposte per dire no: dal pellegrinaggio a Roma alla raccolta firme

Durante il Consiglio gli animi si scaldano sempre più e nella fase di dibattito intervengono anche alcuni dei sindaci presenti. Il primo a prendere la parola è Giuseppe Paolini: “Sono qui come sindaco di Isola del Piano, perché questa decisione mi fa arrabbiare. Non credevo che la Chiesa potesse usare lo stesso metodo utilizzato per impoverire i piccoli comuni” attacca. Nel suo discorso cita il duca Federico di Montefeltro, colui che ha sempre combattuto per il Vaticano, e ritorna il tema della libreria “rubata”. Non ha dubbi Paolini, condividerà l’ordine del giorno del Consiglio urbinate anche nel suo Comune, perché “questo documento non ha una appartenenza politica”. Poi alza la posta. “Perché non facciamo un pellegrinaggio su Roma? Avrebbe un effetto forte e sono sicuro che tanti fedeli si seguirebbero – afferma – perché la lotta è anche cammino”.

Da sinistra i sindaci Stefano Parri, di Sant’Angelo in Vado, Emanuele Feduzi, di Fermignano, Alessandro Urbini, di Piobbico, Giuseppe Paolini, di Isola del Piano e presidente della Provincia

Pronto ad unirsi, ma in bicicletta, anche il sindaco di Fermignano Emanuele Feduzi. “Ho parlato personalmente con il cardinale Augusto Paolo Lojudice, fermignanese di adozione – spiega – e propongo di incontrarlo tutti insieme, in modo che lui possa farci da messaggero”. Il primo cittadino assicura che porterà quanto prima nel Consiglio comunale di Fermignano l’ordine del giorno urbinate e intanto pensa di coinvolgere, non solo il territorio dell’arcidiocesi, ma anche quelli limitrofi: “Dobbiamo iniziare a far conoscere il tema” dice.

Un’idea condivisa anche dal consigliere di Liberi per cambiare Nicola Rossi e dallo stesso Londei. “Bisogna capire cosa ne pensano i cittadini” dice il primo, “facciamo una raccolta firme davanti alle chiese” è la proposta del secondo. Chiede il coinvolgimento anche dei parroci e l’incontro con il vescovo la sindaca di Borgo Pace Romina Pierantoni, visibilmente dispiaciuta e arrabbiata per l’accorpamento.

“Potremmo non versare più il nostro 8×1000 alla chiesa cattolica” è il moto di protesta di Giacomo Rossi, consigliere regionale per Civici Marche presente al Consiglio. “Invierò una lettera a Benedetto XVI (ndr. il papa emerito Joseph Ratzinger), con la quale ho la fortuna di avere uno scambio epistolare, per parlare di questa situazione” conclude.

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