Una casa tra i fiori, un paese turbato e il sindaco che ammette: “Luciana? Quanta indifferenza”

di CHIARA UGOLINI

APECCHIO – Due bar delimitano il paese di Serravalle di Carda, piccola frazione di Apecchio, nella provincia di Pesaro e Urbino. Su uno dei tavolini, sotto il tendone blu, la copia del Resto del Carlino di giornata. Il titolo in prima pagina nella sezione locale, ovviamente, richiama alla “donna fantasma” morta in una delle case del paese sabato notte, Luciana Simoncelli, di 59 anni, ma dentro al giornale degli articoli scritti sulla vicenda rimane solo il segno delle pagine strappate.

Il piccolo paese è un’unica discesa incastrata tra le abitazioni. Vicino alla piazza, la casa della famiglia Simoncelli si distingue dalle altre per l’alto cespuglio di fiori rossi e rosa che copre la facciata. Nascosto tra i colori sgargianti c’è pure un piccolo orto. Le tapparelle sono abbassate, ancora, ma da quanto tempo nessuno sa dirlo per certo. La porta di ingresso invece è aperta, come tante altre – deve essere difficile vedere qualcuno di diverso dai 300 abitanti del posto – ma rimane aperta finché non si bussa, a quel punto una mano la sbatte. “Non abbiamo voglia di parlare con nessuno”, dice la sorella di Luciana, Valentina, mentre la madre, un’anziana signora, rimane in fondo al corridoio in silenzio.

Altri invece hanno qualcosa da dire. Il sentimento comune di chi prende il caffè o compra un pezzo di pizza al forno è che “la storia è stata ingigantita”. “Sembra che questa ragazza la tenessero chiusa dentro casa e non le dessero da mangiare – dice Davide a braccia conserte da dietro il bancone del bar – invece lei fino ai 25 anni usciva. Ogni tanto qualcuno la vedeva di sfuggita fuori. E dagli amici della famiglia, quando le facevano visita si faceva vedere, ci parlava. Solo nell’ultimo anno non voleva più incontrare nessuno”.

Quello che ha suscitato più impressione dei racconti dei giornali è forse lo stato di salute precario di Luciana. E la sorpresa dei medici chiamati (con grande ritardo) dalla famiglia di fronte ai suoi soli 30 chili di peso e alle spiegazioni ricevute.

“Ma non le hanno mai fatto mancare nulla la madre e la sorella – dice una signora mentre compra un gelato, ma rifiuta di dire il suo nome – non la tenevano segregata in casa. Lei voleva fare così e la famiglia non poteva fare altro che assecondarla”.

“Quello che hanno scritto non è vero, non è vero che non usciva di casa da quando aveva 13 anni – concorda una commessa mentre sistema il pane in esposizione. Il forno Narcisus si affaccia proprio davanti al tappeto di fiori dell’abitazione dei Simoncelli – la scelta di non uscire era sua, ma era attiva in casa. Cucinava, lavorava all’uncinetto, accudiva anche la zia muta nella casa accanto. Non è vero che era segregata in casa”.

“Vogliono fare lo scoop, ma quello che hanno scritto è tutto falso – dice alterata la proprietaria del forno, Cinzia, amica stretta della famiglia Simoncelli – a 23 anni Luciana era al matrimonio del fratello, quando ne aveva 34 sono andata con lei a Pesaro. È pesante quello che hanno detto”.

Nessuno però sa spiegare o vuole dire il perché Luciana, più di 30 anni fa, abbia deciso di vivere principalmente tra le quattro mura di casa. “Non è mai stata una ragazza socievole, anche prima – dice la signora col gelato – siamo un piccolo paese, ma ognuno fa la sua vita. Quello che succede in casa non si sa”.

Il parroco, dalla finestra, respinge ogni tentativo di domanda, dice di non voler rilasciare dichiarazioni e chiude i vetri. Una signora dal grembiule blu con i fiori bianchi e dal forte accento dice: “Non sono una famiglia come le altre, sono un po’ così. Preferiscono stare sulle loro”.

Il giorno dopo Apecchio è comunque un paese che si interroga. Ombre a cui dà voce il sindaco Vittorio Alberto Nicolucci mentre fa sapere di voler visitare i Simoncelli, nonostante non li conoscesse in modo diretto: “Sapevo di una situazione difficile, le condizioni della famiglia sono note da tempo – commenta al Ducato – ma lascia tanta amarezza il fatto che non si è riusciti a intervenire o per inadeguatezza, indifferenza o difficoltà. In passato i servizi sociali avevano tentato di occuparsi del caso, ma si era rivelato molto difficile il rapporto con i familiari.  Anche di recente c’erano stati dei contatti”.

“Ci sono tante situazioni in comunità piccole come le nostre che ci lasciano indifferenti e ce ne stupiamo solo quando succede qualcosa di eclatante”, conclude Nicolucci.

Alle due di pomeriggio di un giugno afoso, sulla via attorno a cui si raccoglie il borgo di Serravalle di Carda non passa nemmeno un’auto, solo due bambini in bici sfidano il sole. Nei due bar non si trova nemmeno più una bottiglietta d’acqua naturale. Le finestre delle case sono aperte per far entrare un po’ di brezza. Ma le imposte di casa Simoncelli restano ancora chiuse. E adesso anche la porta.

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