Tiziana Alla, voce dei Mondiali femminili: “Nel giornalismo sportivo ancora pregiudizi verso le donne”

di FRANCESCO COFANO

URBINO –  Alla vigilia degli ottavi di finale di Coppa del mondo femminile tra Italia e Cina Tiziana Alla, voce della Rai per la competizione in corso in Francia, risponde con garbo alle domande nonostante si divida tra studio della squadra cinese, conferenza stampa e un servizio televisivo da preparare. Da più di 13 anni ha coronato il suo sogno diventando giornalista sportiva ma l’emozione e l’entusiasmo che traspare dalla sua voce sembrano quelli di quando raccontava le partite dei campi di provincia.

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Romana, laureata in Scienze Politiche, dopo l’esperienza nella Scuola di giornalismo di Urbino ha lavorato per dieci anni nella carta stampata, tra la redazione cronaca de Il Messaggero, il mensile Bici sport e il Corriere dello sport. Proprio quel Corriere a cui da ragazzina inviava gli articoli dopo aver visto le partite, sperando che venissero pubblicati. Nel 2000 il passaggio alla Rai, dove arriva infine nella redazione sportiva di Rai International, che trasmette programmi per gli italiani sparsi per il mondo al di fuori dell’Europa.

Qual è stata la sua prima telecronaca? Ha qualche aneddoto che ricorda  in maniera particolare?

Onestamente non la ricordo. Ho cominciato nella stagione 2006/07, quella della Juventus in serie B. Seguii molte partite dei bianconeri perché nel programma di Rai International “La giostra dei gol” veniva trasmessa la partita più importante, con collegamenti dagli altri campi in caso di gol, e naturalmente il match della giornata era quasi sempre quello della Juventus. In una delle prime partite la voce tecnica era quella di Beppe Furino. Ricordo l’emozione fortissima di averlo a fianco e di poter parlare con lui da pari a pari, naturalmente a livello di ruolo. Prima di allora lo avevo visto solo dagli spalti.

Lo sport è stato sempre la sua passione o è qualcosa che ha scoperto per caso?

Sono sempre stata appassionata di sport e di calcio in particolare. Da piccola andavo spesso allo stadio e una volta tornata a casa scrivevo articoli che inviavo al Corriere dello sport. Naturalmente in questo mestiere devi fare tutto ciò  che ti affidano e per lavorare con quello che ti piace ci vogliono circostanze favorevoli e degli incastri particolari. Io per fortuna ci sono riuscita. L’esperienza del telecronismo è stata una scoperta casuale: il responsabile della redazione sportiva di Rai International aveva deciso di mettere alla prova alcune di noi e ci ho provato. All’inizio naturalmente bisogna imparare anche perché è un lavoro complesso, che richiede parecchio studio.

Come si prepara prima di una telecronaca?

Cerco informazioni sia sulla squadra in generale che sui singoli calciatori, dal punto di vista tecnico e da quello delle curiosità. Nel caso del Mondiale femminile bisogna studiare l’avversario di turno dell’Italia, di cui quasi sempre non sai nulla. Io non mi sono mai interessata di calcio femminile per cui per me è tutto nuovo: cerco di capire l’evoluzione del movimento nel Paese in questione e di concentrarmi sulle calciatrici più famose.

Nel mondo del giornalismo sportivo c’è ancora un pregiudizio nei confronti delle donne? Si è mai sentita un “corpo estraneo”?

Sì, occupandomi di sport e di calcio mi è capitato. Nel giornalismo sportivo è un pregiudizio ancora parecchio radicato. Sono sempre cose che ti vengono dette alle spalle, anche perché dicendole apertamente si verrebbe puniti. Ma è un pregiudizio diffuso anche nel pubblico: a Rai International avevamo la possibilità di avere un contatto diretto con gli spettatori via mail e ricordo che molta gente si lamentava della voce femminile. La cosa che mi infastidisce è che non erano critiche di merito, dovute al fatto che avessi sbagliato qualcosa, ma solo basate su un preconcetto. Ancora adesso trovo critiche del genere sui social, sia riferite a me che in generale.

Le voci di telecronisti storici come Carosio, Pizzul o Martellini hanno accompagnato più generazioni. Pensa che questo sia frutto solo della loro bravura o che nel giornalismo ci sia un approccio conservatore, per cui arrivati a un certo livello difficilmente si viene rimossi?

No, loro erano senza dubbio i più bravi e sono stati in grado di sviluppare uno stile che li ha resi unici. Non hanno campato di rendita. Altri giornalisti meno capaci, invece, sono arrivati alla ribalta per un periodo ma poi sono spariti. Questo dimostra che è tutta una questione di bravura.

Ha dei modelli a cui si ispira nel fare telecronaca?

No, non ho nessun modello perché credo che averlo significhi cercare di essere un’altra persona e non ne sarei capace. A livello di gusti, però, apprezzo quei telecronisti che raccontano le partite senza enfasi e non in maniera strillata, che lasciano spazio ai veri protagonisti, quelli sul campo, senza sovrastarli.

Pensa sia giusto che voci femminili commentino partite di calcio maschile e viceversa?

Si, penso che sarebbe giusto mischiare. L’importante è che chi commenta sappia fare il proprio mestiere, non conta il genere. Di sicuro però le telecroniste femminili sono di meno perché hanno meno possibilità di mettersi alla prova.

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