“La guerra raddoppia i prezzi di mais e gasolio”. A Urbino agricoltori in affanno

L'imprenditore agricolo Filippo Foglietta
di ROSSELLA RAPPOCCIOLO, SARA SPIMPOLO e DAVIDE FANTOZZI

URBINO – Prima i cambiamenti climatici. Poi la pandemia. E ora la guerra in Ucraina ha dato il colpo di grazia al comparto dell’agricoltura. A incidere non è solo l’aumento dei prezzi di gas, benzina ed elettricità, ma anche e soprattutto quello delle materie prime come grano e mais, fondamentali per il sostentamento del bestiame negli allevamenti. Di questo si lamentano gli agricoltori della provincia di Pesaro e Urbino, che ora si trovano ad affrontare una crisi senza precedenti.

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“Già prima della guerra in Ucraina, un uovo lo vendevo a ben 70 centesimi, ora, tra spese per mangimi e benzina, l’avrei dovuto vendere a 2 euro per rientrarci”, dice un agricoltore dell’urbinate. Impossibile così reggere il confronto con la grande distribuzione. Il conflitto è stato l’ultimo colpo di vento che l’ha fatto cadere. È stato costretto a chiudere la sua attività, si trova ora in una situazione delicata, e preferisce quindi rimanere anonimo.

Gas e materie prime a prezzi proibitivi

L’imprenditore agricolo Maurizio Pagnanelli

Sono tanti i disagi che gli agricoltori si trovano ad affrontare in questo periodo di crisi. “Il prezzo del gasolio agricolo è raddoppiato rispetto allo scorso anno: adesso costa 1,50 euro al litro” dice Gianfranco Cancellieri, titolare di un’azienda agricola a Fermignano che produce cereali. “Sappiamo quanto spendiamo – aggiunge preoccupato – ma non sappiamo quanto riusciremo a guadagnare”. Un’incertezza che dipende anche dall’aumento dei prezzi di grano e mais, come conferma Filippo Foglietta dell’omonima società agricola con allevamento nell’urbinate: “L’orzo e la farina biologici costano il doppio rispetto a prima, mentre il prezzo del latte che noi produciamo è rimasto invariato. In poche parole lavoriamo in perdita”. Una situazione difficilmente sostenibile: “Abbiamo già limitato la produzione di latte in modo da poter diminuire le razioni di mangime per le mucche e quindi comprare meno sfarinati – dice – ma potremmo anche essere costretti a chiudere l’allevamento”.

I RISTORATORI – “Non sappiamo quanto ancora rimarremo aperti”

“Anche il costo dei fertilizzanti è salito alle stelle” afferma Lorenzo Ercolani agricoltore di Urbino, a cui fa eco Cancellieri: “Il concime è arrivato a 100 euro al quintale, prima invece ne costava 40”. Un aumento, quello dei fertilizzanti, destinato ad avere pesanti ripercussioni sulla coltivazione dei terreni agricoli. La causa è sempre la stessa: la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia che hanno comportato lo stop all’import. La Russia è infatti il primo esportatore al mondo, con 50 milioni di tonnellate prodotte ogni anno.

“Politiche sbagliate non ci permettono di essere autosufficienti”

A soffrire a causa delle conseguenze della crisi ucraina sono soprattutto le piccole aziende, almeno secondo quanto sostiene Francesco Ferone, titolare dell’azienda agrituristica Eden e istruttore di equitazione nel maneggio annesso. “Lo Stato sfavorisce la produzione di grano nelle piccole realtà – dice – e senza autonomia siamo costretti a importare”. Rincara la dose anche Maurizio Pagnanelli, agricoltore di Fermignano e agente del Consorzio agrario adriatico. Il suo tono è alterato quando spiega che “dipendiamo dalle multinazionali a causa delle politiche sbagliate, poi scoppia una guerra e finisce così”. Dall’Ucraina i produttori locali importano il girasole per fare l’olio, che ora scarseggia, quindi è carissimo. “Quindici anni fa producevamo dai 15 ai 20 mila quintali di girasole – spiega – oggi arriviamo massimo a 2000, perché ci sono i cinghiali, e quindi siamo costretti a importarlo”. Un fattore che si aggiunge ad altre dinamiche preesistenti che già creavano grande difficoltà agli agricoltori prima della guerra: l’aumento dei prezzi di sementi e fertilizzanti, e soprattutto la siccità. “Se nel giro di 15 giorni non arriva la pioggia, il raccolto è compromesso”, conclude.

Francesco Ferone, titolare dell’azienda agrituristica Eden e istruttore di equitazione

Mancano manodopera e materiali

Anche la manodopera scarseggia. “Siamo in sofferenza, non si fa reddito. I giovani non ci sono perché non si guadagna in questo settore”, afferma Alceo Vedovi, titolare di un’allevamento nell’urbinate. Anche Ercolani lamenta una carenza di lavoratori che peggiora l’attuale crisi del comparto agricolo. Rincari, scarsità di materie prime e materiali non fanno ben sperare. “La gente ha seminato, ma non ha più risorse per portare avanti il raccolto e molla” dice Pagnanelli. E c’è chi è preoccupato per il futuro della sua attività. È il caso dell’imprenditore agricolo Alessandro Valentini: “I costi non si sostengono più, non lo so quanto dureremo ancora”.

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Altre difficoltà sono legate al reperimento di alcuni materiali indispensabili per la produzione e l’imballaggio dei prodotti. In primis i pezzi di ricambio dei macchinari agricoli: “Non solo si fa fatica a trovarli – dice Ercolani – ma anche i tempi di consegna sono molto lunghi”. Questo perché mancano “ferro e acciaio”. Come non si trovano più nemmeno cartone e vetro, necessari alle attività di confezionamento delle aziende vitivinicole come la Bruscoli della Tenuta Giacomo e Filippo. “Il cartone è aumentato del 30% e il vetro del 20%, ma proprio ieri i fornitori ci hanno informato via mail di un ulteriore incremento del 15%”, afferma il responsabile Marco Tomassetti.

La cantina dell’azienda Bruscoli della tenuta Santi Giacomo e Filippo. Foto di Sara Spimpolo

Mentre ci accoglie davanti alla cantina della tenuta parla al telefono con la proprietaria dell’azienda, e si scusa per il ritardo. “Anche il nostro tempo oggi costa di più – spiega – siamo costretti a ottimizzare i secondi”. Parlando degli effetti della guerra, spiega che si stanno sommando a quelli del Covid, “che ci aveva già distrutto”. “L’impatto ora colpisce l’agricoltura come altre cose – dice – ma la differenza è che l’agricoltura non si può spegnere come si spegne una fabbrica: la natura ha il suo corso, e va avanti comunque”. Sorride, quando pensa ai ritmi di ciò a cui ha dedicato la vita, quando può parlare delle botti di terracotta di ispirazione romana in cui raccoglie il suo vino. Ma poi torna serio. “Parlare di queste cose toglie serenità al lavoro tuo e degli altri – confessa – ma è necessario parlarne comunque”.

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